Sulla presa del potere da parte del popolo: dieci proposte per non ripetere la capitolazione che abbiamo conosciuto in Grecia
Per non ripetere la capitolazione che abbiamo conosciuto in Grecia nel 2015, ecco dieci proposte per la presa del potere da parte del popolo.[1]
La prima proposta è la necessità per un Governo di sinistra di disobbedire, in modo molto chiaro e annunciato, alla Commissione Europea. Rifiutandosi da subito di obbedire alle richieste austeritarie – il partito, o la coalizione di partiti che vuole essere governo, e ovviamente sto pensando ad esempio allo Stato spagnolo – e impegnandosi a rifiutarel’equilibrio fiscale. Dire: «non rispetteremo gli obblighi decretati dai trattati europei per garantire l’equilibrio fiscale» perché vogliamo aumentare la spesa pubblica per lottare contro le misure austeritarie antisociali e per avviare la transizione ecologica. Quindi, il primo punto è dichiarare in modo chiaro e determinato l’impegno a disobbedire. Per me è fondamentale l’idea che dopo la capitolazione greca NON si può continuare con la falsa illusione di ottenere dalla Commissione Europea e dagli altri governi europei il rispetto della volontà popolare. Mantenere questa falsa illusione sarebbe un disastro. Bisogna disobbedire.
Secondo punto. Impegnarsi a fare appello alla mobilitazione popolare. Tanto su scala del paese quanto su scala europea. Anche questo è mancato l’anno scorso in Grecia. Certamente, i movimenti sociali europei non sono stati all’altezza nelle mobilitazioni in solidarietà con il popolo greco che ci sono state, che hanno avuto luogo, ma sono state insufficienti. Ma è anche certo che nel quadro dell’orientamento strategico di Syriza, non era previsto di fare appello alla mobilitazione popolare su scala europea, e neppure di fare appello alla mobilitazione popolare in Grecia. E quando ha fatto appello alla mobilitazione tramite il Referendum del 5 luglio, è stato per DOPO non rispettare la volontà popolare del 61,5% dei greci, che si erano rifiutati di obbedire alle richieste dei creditori.
Terzo punto. Impegnarsi a organizzare un audit del debito con partecipazione cittadina. Io direi un audit che deve essere simultaneo alla sospensione del pagamento del debito. Nei 28 paesi che costituiscono l’Unione Europea ci sono situazioni diverse. Ci sono paesi europei nei quali la sospensione del pagamento è una misura di assoluta necessità prioritaria, com’è il caso della Grecia, come sarebbe il caso del Portogallo e di Cipro. Nello Stato spagnolo bisognerebbe vedere. In altri paesi si può cominciare con il solo audit, e arrivare in seguito alla sospensione del pagamento. Queste misure sono da attuare tenendo conto della situazione di ciascun paese.
Quarta misura. Imporre il controllo dei movimenti dei capitali. E tenendo conto di che cosa significa dire questo. Vale a dire, opporsi all’idea che si impedirà ai cittadini di trasferire qualche centinaia di euro ai propri amici fuori del paese. Ovviamente, transazioni internazionali fino a un certo livello sarebbero permesse. Però sarebbe realizzato un controllo sui movimenti di capitale al di sopra di un certo ammontare di trasferimenti.
Quinta misura. Socializzare il settore finanziario e il settore energetico. Per me, socializzare il settore finanziario non è solo sviluppare un polo bancario pubblico. È decretare il monopolio pubblico sul settore finanziario, incluse banche e assicurazioni. Una socializzazione del settore finanziario sotto il controllo dei cittadini. Vale a dire, trasformare il settore finanziario in servizio pubblico. Nel quadro della transizione ecologica, anche la socializzazione del settore energetico è ovviamente una misura di prima priorità. Non ci può essere una transizione ecologica senza monopolio pubblico del settore energetico, tanto al livello della produzione quanto della distribuzione.
Proposta numero sei. Creazione di una moneta complementare, non convertibile. Sia nel caso di uscita dall’euro, o di rimanere nella zona euro, ad ogni modo è necessaria la creazione di una moneta complementare non convertibile. Vale a dire una moneta che serva in circuito corto agli scambi all’interno del paese. Ad esempio, per pagare aumenti di pensioni, aumenti di salari ai dipendenti pubblici, per pagamento delle imposte, per pagamenti di servizi pubblici … Si può usare una moneta complementare che permetta una via di fuga, sebbene parziale, dalla dittatura dell’euro e della Banca Centrale europea. Chiaro che non si può evitare il dibattito sull’uscita dalla zona euro. Credo che in vari paesi, anche l’uscita dalla zona euro sia una opzione che si deve difendere come partiti e sindacati di classe. Vari paesi della zona euro non possono intraprendere realmente una rottura con l’austerità e avviare una transizione ecosocialista senza uscire dalla zona euro. Nel caso di uscita dalla zona euro, secondo me bisogna avviare una riforma monetaria ridistributiva. Che significa questo? Significa, ad esempio, decretare che fino a 200.000 euro in contanti, il cambio in caso di ritorno alla peseta sarebbe di un euro per 100 pesetas. Al di sopra di 200.000 euro (può essere sopra 100.000), il cambio per avere 100 pesetas sarebbe di 1,5 euro. Ad un altro livello superiore bisognerebbe dare 2 euro. Arrivando ai livelli più alti di 500.000, dare 10 euro per avere 100 pesetas. Questa si chiama riforma monetaria ridistributiva. Che diminuisce il circolante e ridistribuisce il patrimonio liquido delle famiglie. Evidentemente, eliminando una parte del patrimonio liquido dell’1% più ricco. Sapendo che, non conosco esattamente i dati del Paese Basco o dello Stato Spagnolo, ma quasi il 50% della popolazione non ha nessun risparmio. Un 30% della popolazione, quelli in basso, ha debiti e non ha un patrimonio liquido. Questa grande parte della popolazione può avere un patrimonio in termini di casa (ipotecata o no), ma non ha un patrimonio positivo.
La misura sette. Ovviamente, riformare radicalmente la fiscalità. Eliminare l’IVA sui prodotti di consumo di base, ad esempio i prodotti alimentari, acqua e luce, altri servizi di prima necessità. Invece, un aumento dell’IVA sui prodotti di lusso e prodotti inquinanti, ecc. Ma, al di fuori dei prodotti e servizi di base, è necessario un aumento della fiscalità sui profitti delle imprese private e sopra profitti e redditi al di sopra di un certo livello. Vale a dire, una fiscalità progressiva sui redditi e sul patrimonio.
Ottava misura. Sprivatizzazioni. Ricomprare imprese private con l’euro simbolico. Così, a questo livello, l’uso dell’euro potrebbe essere molto simpatico, pagare un euro simbolico a quelli che hanno approfittato delle privatizzazioni. E rafforzare ed estendere i servizi pubblici sotto controllo cittadino.
Misura nove. Ridurre il tempo di lavoro mantenendo, proteggendo il salario. Abrogare le leggi antisociali e adottare leggi per risolvere la situazione del debito ipotecario. Si potrebbe realizzare perfettamente tramite leggi, evitando cause legali (poiché ci sono molte cause sul debito ipotecario nelle quali le famiglie si scontrano con le banche). Un Parlamento può decretare per legge, ad esempio, l’annullamento per legge dei debiti ipotecari sotto i 150.000 euro, ad esempio. Questo permetterebbe di non andare in giudizio.
Misura dieci. Aprire un vero processo costituente. Non si tratta di cambiamenti costituzionali nel quadro del Congresso o delle Cortes attuali. Si tratterebbe di sciogliere il Parlamento e indire l’elezione diretta di un’Assemblea Costituente. Certo, indirla tenendo conto della questione delle nazionalità, ecc., però aprire un vero processo costituente, sia nelle nazionalità o su scala dello Stato come tale. E cercare come inserire questo in altri processi costituenti su scala europea.
Queste sono per me dieci misure basilari da sottoporre a dibattito. Però pongo queste misure a un livello alto. Perché credo che senza misure radicali annunciate all’inizio, non ci sarà neanche rottura con le politiche di austerità. Non c’è margine di manovra per rompere con le politiche di austerità senza prendere misure radicali contro il grande capitale. Quanti pensano che si può evitare questo sono «venditori di fumo», di formule che non possono realmente trovare una forma concreta di realizzazione. La scala europea, l’architettura europea, è tale, e il livello di crisi del capitalismo è di tale dimensione, che non c’è più spazio reale per politiche neokeynesiane produttiviste. Per me, l’ecosocialismo non è il discorso della domenica. È il discorso quotidiano dal quale devono discendere le proposte immediate che si devono concretizzare. E integrare la lotta contro l’austerità con l’avviare il percorso e la transizione ecosocialista è una necessità assoluta e immediata..
Note
[1] Questo testo riproduce l’intervento di Éric Toussaint a Bilbao il 25 settembre 2016, durante il terzo incontro ecosocialista internazionale http://alterecosoc.org/
Undicesimo punto: internazionalismo proletario…ovvero saper riconoscere le rivoluzioni!! Appoggiare per esempio il Rojava e il suo confederalismo democratico