Un fiume di gente ha attraversato Bilbao per denunciare le condizioni di detenzione dei detenuti baschi, torturati e dispersi nelle prigioni dello stato spagnolo. La ferocia di Rajoy, la timidezza di Podemos
di Enrico Baldin
“Diritti umani, soluzione, pace. I prigionieri baschi nei paesi Baschi”: questo lo striscione che apriva il corteo di Bilbao. Come da alcuni anni a questa parte, ogni gennaio si tiene la consueta grande manifestazione carica di significato politico, sociale e anche emotivo.
Le emozioni in effetti non possono mancare, per un fenomeno che – a ragion veduta e numeri alla mano – non si potrebbe di certo definire irrilevante. In genere si è abituati a pensare ai detenuti come una parte marginale della società, anche per rilevanza numerica. Nei Paesi Baschi invece è difficile trovare qualcuno che non conosca almeno una persona, un familiare o un conoscente, che non sia stato detenuto. La manifestazione convocata anche quest’anno dalla piattaforma Sare punta specialmente su una questione sentita e condivisa da larghissima parte della società basca.
Il problema infatti non è soltanto quello delle misure repressive applicate dallo Stato spagnolo. E’ anche lo status dei detenuti. Una storia che si protrae da decenni, dal regime franchista a quello post franchista. Euskal Herria è una terra in cui associazionismo e impegno civile sono una continua primavera: un pezzo importante dell’associazionismo basco si pone il problema dei detenuti. Ci sono organizzazioni che riuniscono i familiari dei detenuti, altre che studiano il fenomeno carcerario. Euskal Memoria per esempio è una sorta di centro studi che alcuni mesi fa ha pubblicato una dettagliata ricerca sul fenomeno della tortura dal 1947 in poi, certificando oltre cinquemila casi di tortura e solo 62 torturatori condannati, a testimonianza della sostanziale impunità di cui godono. Etxerat invece raggruppa i familiari dei prigionieri baschi. Ieri i membri di Etxerat dicevano che questo è l’unico fine settimana dell’anno in cui i loro congiunti non riceveranno la loro visita in carcere.
Oltre che sulla tortura si punta il dito in particolar modo sulla dispersione dei prigionieri politici, incarcerati a centinaia e centinaia di km da casa, fuori Euskal Herria, dall’altra parte della Spagna e a volte pure all’estero, in Francia. La politica della dispersione pare voler portare allo sfinimento non solo i carcerati ma anche i loro familiari costretti mediamente, per un’ora di colloquio a settimana, a oltre 500 km all’andata e altrettanti al ritorno. Etxerat ha denunciato anche in passato che la tanta strada ha portato anche ad alcuni incidenti mortali nel tragitto.
Il PP di Rajoy però anche a queste richieste ha sempre fatto spallucce. Non si tratta solo dell’avversione politica di Madrid alle rivendicazioni basche. E’ anche la scelta del PP di continuare a cercare nel resto del territorio spagnolo, una rendita di posizione dalla manifesta avversione a qualsiasi richiesta proveniente da settori sociali che possano avere un qualche collegamento con ETA. Il PP che in Spagna governa grazie anche ai voti di un PSOE sempre più in crisi di identità, in questi anni ha sempre affossato il tentativo di soluzione di quel conflitto che si è lasciato alle spalle una lunghissima scia di sangue e sofferenze.
Il PP infatti era il principale bersaglio della manifestazione di ieri a cui hanno partecipato 80mila persone. Nelle vie principale di Bilbao, col sole che tramontava lasciando spazio alla suggestione di luci della città, il passo era pacifico e silenzioso. La televisione basca EITB dava conto dello svolgimento del corteo intervistando i portavoce organizzativi e raccogliendo testimonianze di partecipanti.
Ma a farsi notare, oltre alle tante presenze, erano anche le assenze. Il leader di Sortu Arnaldo Otegi si trovava a Berlino alla “Conferenza Rosa Luxemburg”: di fronte ad ospiti internazionali relazionava sullo stato dei detenuti baschi, ricordando di aver passato otto degli ultimi dieci anni in carcere. In questo tempo, racconta Otegi, non aveva potuto stare vicino a sua madre durante i suoi ultimi mesi di vita. Il partito di Otegi, come tutta la sinistra basca che costituisce il cartello EH Bildu, hanno aderito alla manifestazione, non mancando di polemizzare con Podemos e il Partito Nazionalista Basco (PNV) che invece avevano deciso di non aderire. «Così danno una mano al Partito Popolare» aveva detto Otegi negli scorsi giorni. In realtà a tempo quasi scaduto era arrivato un tweet del segretario politico di Podemos, Inigo Errejon, che a poche ore dalla partenza del corteo dichiarava il suo sostegno alla causa.
Il corteo terminava nella piazza davanti al municipio di Bilbao. «Che questa sia l’ultima volta che manifestiamo per i diritti umani di chi sta in carcere» hanno detto gli organizzatori al microfono dal palco. In un paese democratico i diritti civili non dovrebbero essere oggetto di discussione.