Rapporto Oxfam, otto super miliardari detengono la stessa ricchezza di metà della popolazione più povera del mondo, vale a dire 3,6 miliardi di persone. E in Italia nasce il Movimento Numero Pari
di Francesco Ruggeri
Otto super miliardari detengono la stessa ricchezza netta (426 miliardi di dollari) di metà della popolazione più povera del mondo, vale a dire 3,6 miliardi di persone. È quanto emerge da «Un’economia per il 99%», il rapporto di Oxfam diffuso alla vigilia del Forum economico mondiale di Davos. La ong analizza quanto la forbice tra ricchi e poveri si stia estremizzando oltre ogni ragionevole giustificazione. I dati dicono che multinazionali e super ricchi continuano ad alimentare la disuguaglianza, facendo ricorso a pratiche di elusione fiscale, massimizzando i profitti anche a costo di comprimere verso il basso i salari e usando il loro potere per influenzare la politica. È necessario un profondo ripensamento, secondo Oxfam, dell’attuale sistema economico che fin qui ha funzionato a beneficio di pochi fortunati e non della stragrande maggioranza della popolazione mondiale. Secondo le nuove stime sulla distribuzione della ricchezza globale, basate su dati migliorati rispetto alla condizione delle fasce di popolazione meno abbienti in Cina e India, la metà più povera del pianeta è ancora più povera di quanto calcolato in passato. Se questi dati fossero stati disponibili già lo scorso anno, avremmo avuto 9 miliardari in possesso della ricchezza della metà più povera del mondo e non 62. «È osceno che così tanta ricchezza sia nelle mani di una manciata di uomini, che gli squilibri nella distribuzione dei redditi siano tanto pronunciati in un mondo in cui 1 persona su 10 sopravvive con meno di 2 dollari al giorno – ha detto Roberto Barbieri, direttore generale di Oxfam Italia – la disuguaglianza stritola centinaia di milioni di persone, condannandole alla povertà; rende le nostre società insicure e instabili, compromette la democrazia. In tutto il mondo le persone vengono lasciate indietro. Alla logica della massimizzazione dei profitti, si contrappone una realtà di salari stagnanti e inadeguati, mentre chi è al vertice viene gratificato con bonus miliardari. I servizi pubblici essenziali come sanità e istruzione subiscono tagli, ma a multinazionali e super ricchi è permesso di eludere impunemente il fisco. La voce del 99% rimane inascoltata perché i governi mostrano di non essere in grado di combattere l’estrema disuguaglianza, continuando a fare gli interessi dell’1% più ricco: le grandi corporation e le élites più prospere».
I mega paperoni dei nostri giorni si arricchiscono a un ritmo così spaventosamente veloce che potremmo veder nascere il primo trillionaire (ovvero un individuo che possiederà più di 1.000 miliardi di dollari) nei prossimi 25 anni. Per avere un’idea del significato (la parola non è ancora nei vocabolari) bisogna pensare che per consumare un trilione di dollari è necessario spendere 1 milione di dollari al giorno per 2.738 anni.
Rabbia e scontento per una così grande disuguaglianza fanno già registrare contraccolpi: da più parti analisti e commentatori, sottolinea il rapporto, hanno rilevato che una delle cause della vittoria di Donald Trump in Usa, o della Brexit, sia proprio il crescente divario tra ricchi e poveri. Sette persone su dieci vivono in paesi dove la disuguaglianza è cresciuta negli ultimi 30 anni: tra il 1988 e il 2011 il reddito medio del 10% più povero è aumentato di 65 dollari, meno di 3 dollari l’anno, mentre quello dell’1% più ricco di 11.800 dollari, vale a dire 182 volte tanto. Donne e disuguaglianza In questo quadro, le donne sono particolarmente svantaggiate perché trovano prevalentemente lavoro in settori con salari più bassi e hanno sulle spalle la gran parte del lavoro domestico e di cura non retribuito. Di questo passo ci vorranno 170 anni perché una donna raggiunga gli stessi livelli retributivi di un uomo.
Il rapporto «Un’economia per il 99%» rivela anche come le grandi corporation e i super-ricchi alimentino la crisi attraverso l’elusione fiscale, la riduzione dei salari e dei prezzi pagati ai produttori, i mancati investimenti industriali, onde massimizzare i profitti degli azionisti. In Vietnam, ad esempio, Oxfam ha raccolto testimonianze di donne impiegate in fabbriche di abbigliamento che lavorano 12 ore al giorno per 6 giorni a settimana e lottano per vivere con una paga di 1 dollaro l’ora. In questi luoghi si producono abiti per alcune delle più grandi marche della moda, i cui ad sono tra i più pagati al mondo. È chiaro dal rapporto che, al contrario di un normale risparmiatore, i super ricchi facciano ricorso a una fitta rete di paradisi fiscali per evitare di pagare la loro giusta quota di tasse, oltre che a un esercito ben pagato di società di gestione del patrimonio per trarre il massimo profitto dagli investimenti fatti. Inoltre, è leggenda metropolitana che i miliardari si siano fatti tutti da sé: Oxfam ha calcolato che 1/3 della ricchezza dei miliardari è dovuta ad eredità, mentre il 43% è dovuta a relazioni clientelari. A chiudere il cerchio c’è l’uso di denaro e relazioni da parte dei ricchissimi per influenzare le decisioni politiche a loro favore. Ovunque nel mondo i governi continuano a tagliare le tasse su corporation e individui abbienti. Un esempio eclatante viene dal Brasile dove i cittadini più facoltosi sono riusciti a ottenere dal governo cospicui tagli fiscali in una fase in cui il governo inaugurava un piano ventennale di congelamento della spesa pubblica in sanità e istruzione.
Per Oxfam, «agire contro la disuguaglianza è possibile» attraverso «una visione economica alternativa fondata su principi e su politiche possibili che salvaguardano il bene comune dell’intera società», partendo da una serie di misure. Servono «un sistema di tassazione più progressivo, che porti gli individui più ricchi e le grandi società a pagare la giusta quota di tasse su redditi e ricchezza»; «politiche occupazionali che garantiscano ai lavoratori un salario dignitoso e incoraggino le aziende a porre un limite massimo al divario retributivo tra i top manager e i loro dipendenti»; «servizi pubblici di qualità in ambito educativo e sanitario, adeguatamente sostenuti dal bilancio pubblico, a cui tutti possano avere accesso senza discriminazioni di alcun tipo e senza disparità dovute al contesto territoriale in cui vivono». Oxfam sostiene «uno sviluppo economico che rispetti i limiti naturali del nostro pianeta, favorendo investimenti in attività e tecnologie a basso impatto ambientale» e chiede «un reale ascolto dei bisogni dei cittadini e non degli interessi di alcune élites privilegiate, rafforzando gli spazi di dialogo con la società civile». «I governi hanno tutti i mezzi per far fronte ai cambiamenti tecnologici e alle forze di mercato. Se i politici smettessero di considerare il PIL come unico indicatore di benessere e si impegnassero a migliorare le condizioni di vita di tutti i cittadini, contrastando l’estrema disuguaglianza, avremmo un futuro degno di questo nome», aggiunge Barbieri. «Non si può più tollerare che milioni di persone siano lasciate indietro da questo sistema economico iniquo. – ha concluso Barbieri – È per questo che Oxfam propone un nuovo approccio, capace di generare benefici per tutti e non solo per pochissimi fortunati. A livello globale, e anche nel nostro paese».
In Italia si muove da tempo una molteplicità di soggetti che combatte la povertà e oggi prova a fare rete compitamente. All’indomani dal rapproto Oxfam viene presentato il Movimento Numero Pari, una rete contro le disuguaglianze, per la giustizia sociale e la dignità, con una conferenza stampa alle 11.30 al Cesv di via Liberiana 17, Roma. L’aggregazione – in via di espansione – si propone di organizzare un vasto fronte di organizzazioni sociali, a livello nazionale e locale, per contrastare la disuguaglianza e la povertà sempre più diffuse nel nostro paese. L’iniziativa prende idealmente il testimone dalla campagna Miseria Ladra, promossa negli anni scorsi da Gruppo Abele e Libera con le stesse finalità, e dall’incontro mondiale del 5 novembre scorso dei movimenti popolari con papa Francesco. Verrà presentato, tra l’altro, il documento base del movimento e i diversi strumenti di comunicazione che verranno utilizzati per informare e mobilitare organizzazioni e cittadini. Parteciperanno all’evento rappresentanti delle reti del movimento già attive sul territorio nazionale.
Prima delle conclusioni di don Luigi Ciotti, prenderanno parola Leopoldo Grosso, presidente onorario Gruppo Abele, don Armando Zappolini, presidente CNCA, Martina Carpani, coordinatrice Rete della Conoscenza, don Virginio Colmegna, presidente Casa della Carità, don Angelo Cassano, parrocchia San Sabino di Bari, Viola De Andrade Piroli, Baobab experience e Giuseppe De Marzo di Libera.