In Francia ancora proteste, e violenze di polizia, dopo lo stupro di Théo. I manifestanti chiedono giustizia. Polizia sotto accusa dopo una serie infinita di abusi
di Giampaolo Martinotti, fotogallery da Parigi di Lily Manapany
Gli agenti della Compagnies Républicaines de Sécurité (CRS) non hanno risparmiato manganellate, gas lacrimogeni e bombe assordanti recapitate all’indirizzo dei manifestanti che da più di due settimane chiedono giustizia. Partite da Aulnay-sous-Bois, periferia nord-est di Parigi, continuano infatti le proteste e le manifestazioni di solidarietà dopo lo stupro di Théo, il ventiduenne brutalizzato da quattro poliziotti giovedì 2 febbraio. Tutto ha avuto inizio con un “banale” controllo di polizia durante il quale – secondo la polizia stessa – un manganello è stato fatto penetrare “accidentalmente” nell’ano del ragazzo procurandogli una lesione di circa dieci centimetri e la susseguente emorragia.
Nei giorni scorsi il pubblico ministero e l’Ispettorato della polizia (IGPN) hanno cercato di sminuire “l’incidente”, ma in realtà il popolo francese si trova davanti agli occhi l’ennesimo disgustoso episodio di inaudita violenza che rappresenta solo l’ultimo di una serie infinita di abusi polizieschi ben documentati e troppo spesso impuniti. Legittimati dall’état d’urgence permanent, lo stato di emergenza permanente, e dal rafforzamento delle leggi sulla sicurezza imposte dal premier Manuel Valls – e salutate con entusiasmo dai fascisti del Front National di Marine Le Pen – questi comportamenti criminali e illeciti alimentano una pratica di discriminazione quotidiana fatta di molestie, insulti, abusi e violenze.
Da sempre le banlieues francesi sono teatro di quella brutalità statale indiscriminata che colpisce in particolare neri, arabi, minoranze, migranti e persone senza fissa dimora. Un vero e proprio accanimento contro le fasce più deboli e povere della società, abitualmente marginalizzate e confinate in quartieri popolari fatiscenti e volutamente disagiati, luoghi sempre più flagellati dall’aumento delle disuguaglianze e da un profondo abbandono da parte dello stato.
Su tutto il territorio nazionale i controlli d’identità sono ufficialmente venti volte più numerosi per i giovani francesi d’origine africana o araba. E se per questo genere di discriminazioni la Francia è già stata condannata a più riprese, il fattore più preoccupante sembra essere rappresentato dal razzismo intrinseco a quel retaggio culturale coloniale e repressivo mantenuto in vita e tramandato tanto nelle fila della polizia – e della gendarmeria – quanto all’interno dell’apparato statale.
Il disastroso annullamento dei diritti civili voluto dal presidente François Hollande ha evidentemente rafforzato una macchina repressiva violenta e brutale. In questa dinamica essenzialmente strumentalizzata per implementare le fallimentari politiche d’austerità, il senso di impunità e onnipotenza che pervade la mentalità della polizia francese ha portato a un vero e proprio salto di qualità nelle pratiche violente da sempre strutturali a quel comparto di uomini armati che difende un sistema economico e sociale ingiusto e disgraziato.
In questo momento mentre un “sospetto” stupratore e i suoi tre complici in divisa sono in libertà, diversi giovani manifestanti sono detenuti grazie a una delle ultime leggi in materia di sicurezza pubblica, una legge che prevede il “reato di agguato in assenza di violenze commesse”. In questo contesto difficile, i familiari delle vittime della violenza poliziesca, le associazioni per i diritti umani, i sindacati e la sinistra radicale e anticapitalista sostengono con vigore la marcia nazionale per la giustizia e la dignità in programma per domenica 19 marzo. La speranza è che quel giorno migliaia e migliaia di persone trovino ancora una volta il coraggio di scendere in piazza per gridare con forza “non c’è pace senza giustizia”.
Lily Manapany è una giovane fotografa francese indipendente. Le sue fotografie possono essere visualizzate liberamente sul suo blog personale