Il Partito Socialista dell’Uruguay abbandona l’Internazionale socialista: chi la guida non è all’altezza della sua storia
di Francesco Ruggeri
Alla vigilia del XXV Congresso dell’Internazionale socialista, appena chiuso a Cartagena de Indias, il Partito Socialista dell’Uruguay ha annunciato la propria fuoriuscita dall’organizzazione mondiale dei partiti socialdemocratici. «Porque no nos representa, porque ya no es global, ni relevante, ni democrática, ni solidaria, ni socialista». Un’occhiata alla mappa qui sotto, in rosso i paesi dove i “socialisti” governano da soli e in arancio quelli in cui sono parte della coalizione, rivela con un colpo d’occhio la natura reale di quella che fu la seconda internazionale.
La decisione separa due partner del Frente Amplio, coalizione di 19 partiti in cui i socialisti sono la seconda forza (17%), la prima è l’Mpp di Mujica (33%). Se il Ps lascia l’Is, restano i socialdemocratici di Nuevo Espacio (7% del frente amplio) che portano a casa il vicepresidente dell’Internazionale. Una decisione, la fuoriuscita, che vuole riaffermare l’identità indipendente e anti-imperialista e una vocazione “latinoamericanista” (l’Is aveva preso posizione più volte contro Maduro e il Venezuela chavista e i socialisti non l’hanno mai ingoiata); la solidarietà e la fraternità di tutti i partiti e movimenti democratici e progressisti socialisti in tutto il mondo, la lotta per la liberazione degli esseri umani da tutti i tipi di sfruttamento. Ora la priorità va ai collegamenti con le forze gemelle nel Cono Sur, e alla pratica socialista. I socialisti uruguaiani sono convinti della necessità di una piattaforma che consenta alle organizzazioni socialiste e progressiste del mondo di prendere risposte collettive e coordinate alle sfide attuali, che costituisca uno spazio politico per contribuire a livello globale a realizzare un’azione internazionalista progressista. Proprio quello che l’Internazionale socialista, da decenni, non riesce a fare vista la torsione liberista di quasi tutte le proprie sezioni nazionali.
Dal 2008 gli uruguaiani erano tra coloro che denunciavano la necessità di una riforma dell’Internazionale socialista a partire da una maggior trasparenza, l’equilibrio regionale, la parità di genere negli organismi di guida, una migliore comunicazione interna ed esterna. Nove anni dopo nulla è cambiato anzi, l’ingresso nuove organizzazioni ha diluito la già tenue identità socialista e di sinistra. L’Internazionale Socialista è l’unione mondiale dei partiti d’ispirazione socialdemocratica e laburista, costituita nella presente forma nel 1951 a Francoforte. Viene considerata l’erede della Seconda Internazionale formata nel 1889 a Parigi, e sciolta all’inizio della prima guerra mondiale dopo che alcune delle sue sezioni votarono per i crediti di guerra per mandare al macello i lavoratori dei rispettivi paesi in solidarietà con le proprie borghesie. Unico membro italiano è quel Psi erede di Craxi e sostenitore del governo Renzi, anche nella sua versione fotocopia. Dopo la batosta al referendum, quel che resta del partito terrà il suo congresso straordinario fra dieci giorni.
Chi sta guidando l’Internazionale Socialista, per gli uruguaiani, non è all’altezza della sua storia. L’attuale presidente è quel Papandreu che, da premier greco, riuscì a far crollare il partito di famiglia, il Pasok, dal 30 al 5 per cento promuovendo le politiche di austerità della Troika, senza farsi mancare né episodi di corruzione, né la vergogna della grande coalizione assieme a Nuova democrazia, sulla pelle della popolazione greca. Una delle vicepresidenti è l’italiana Pia Locatelli, un altro è il venezuelano Henry Ramos Allup, all’opposizione di Maduro nel suo paese.