Le donne, i bolscevichi e la rivoluzione. Intervista alla storica Wendy Z. Goldman
di Celeste Murillo, Ideas de Izquierda
Vi proponiamo la traduzione di un’intervista alla storica americana Wendy Z. Goldman, docente di storia contemporanea all’università di Pittsburgh, specializzata in storia dell’Unione Sovietica. La Goldman è autrice di due importanti libri sulle donne durante l’esperienza sovietica Women, the State and Revolution: Soviet Family Policy and Social Life, 1917-1936 (Cambridge University Press, 1993) e di Women at the Gates: Gender and Industry in Stalin’s Russia Women (Cambridge University Press, 2002).L’unico libro della Goldman pubblicato in Italia è Democrazia e terrore. Le dinamiche della repressione nell’era di Stalin (Donzelli, 2008). Negli ultimi anni il lavoro della Goldman sulle donne nella Russia rivoluzionaria è stato tradotto in Brasile eArgentina dove la storica è stata accolta assai calorosamente da un folto pubblico di lavoratrici e militanti. (Maurizio Acerbo)
Nei primi capitoli di Women, State and Revolution, uno degli argomenti principali è l’innovazione derivante dalla rivoluzione russa in materia di diritti civili, in particolare per le donne. Quali sono i più importanti per te?
A quel tempo, nel 1918, i diritti più importanti per le donne comprendevano l’uguaglianza davanti alla legge, il diritto al divorzio e il diritto di aborto libero e legale. Questi diritti erano essenziali per dare la possibilità alle donne di diventare indipendenti da istituzioni patriarcali come la Chiesa ortodossa e le altre autorità religiose, e dal controllo dei loro padri e mariti. L’uguaglianza davanti alla legge diede alle donne il diritto di controllare i loro salari e beni, mantenere un diritto sui loro figli in caso di divorzio, e per decidere dove volevano vivere, andare a scuola e lavorare. Questi diritti non esistevano prima della rivoluzione. Oggi, in molte parti del mondo, molte donne ancora non hanno diritti civili di base o la parità con gli uomini. Penso che i diritti civili fondamentali – il diritto di essere trattate allo stesso modo degli uomini in termini di occupazione, partecipazione politica, istruzione, ruoli sociali e opportunità – sono ancora un problema pressante. Sotto il capitalismo, il diritto a un salario di sussistenza è un diritto fondamentale per entrambi i sessi. Se gli uomini e le donne di tutto il mondo avessero avuto il diritto fondamentale al lavoro e ad un salario che poteva sostenere una famiglia, molti attuali problemi sociali sarebbero scomparsi.
Oltre ai diritti formali di base, i bolscevichi credevano che la liberazione delle donne sarebbe stata impossibile se non erano in grado di socializzare i lavori domestici. Questo è un approccio molto interessante; ancora oggi rimane oggetto di dibattito all’interno del femminismo (marxista e non marxista). Perché ritieni che si siano concentrati su questo problema?
I bolscevichi si concentrarono sulla socializzazione del lavoro domestico perché credevano che la liberazione delle donne dipendeva dalla loro autonomia economica e finanziaria dagli uomini. Se una donna doveva dipendere da un uomo per il suo sostentamento, la sua capacità di fare le proprie scelte e prendere decisioni nella vita sarebbe stata limitata dal suo controllo finanziario. Inoltre i bolscevichi credevano che se le donne erano azzoppate dalla responsabilità per i lavori domestici, non sarebbero state in grado di entrare nel mondo del lavoro salariato in condizioni di parità con gli uomini, o di raggiungere la parità di istruzione e di opportunità. Per essere eguali agli uomini nella sfera pubblica, le donne dovevano essere liberate del loro carico diseguale nel lavoro domestico. Pulire, fare la spesa, cucinare, lavare, e prendersi cura dei bambini piccoli, insomma, tutto il lavoro non pagato che rientra in quella che Marx definiva “la riproduzione del lavoro” su una base quotidiana, richiede una grande quantità di tempo. I bolscevichi speravano di liberare le donne dagli aspetti più noiosi e gravosi di questo lavoro, per consentire loro di partecipare pienamente e attivamente alla società.
I bolscevichi fecero molti studi sul tempo di lavoro, sul numero di ore che ogni giorno gli uomini e le donne della classe operaia dedicavano al lavoro domestico. Quello che scoprirono era che dopo il lavoro, gli uomini leggevano il giornale mentre le donne lavavano i panni. Gli uomini socializzavano con gli amici mentre le donne si prendevano cura dei bambini. Gli uomini giocavano a scacchi, si riunivano nei club, parlavano di politica, suonavano musica, leggevano libri, e facevano passeggiate, mentre le donne cucinavano, pulivano e facevano la spesa. In breve, gli uomini erano in grado di sviluppare se stessi come esseri umani, mentre le donne servivano la famiglia (e gli uomini). La soluzione bolscevica era socializzare il lavoro domestico il più possibile: creare sale da pranzo pubbliche dove la gente poteva prendere i propri pasti, costruire lavanderie per lavare lenzuola e vestiti, creare asili nido o scuole materne per i bambini e ridurre il lavoro domestico al minimo. Le persone che lavoravano in queste imprese, sia uomini che donne, sarebbero state ben pagate e rispettate come lavoratori. Il lavoro domestico, o una buona parte di esso, sarebbero stati socializzati e pagati. Le donne sarebbero state libere di continuare il lavoro salariato, di andare a scuola e di godere del tempo libero su una base di parità con gli uomini. I bolscevichi avevano un’idea eccellente, anche se lo stato era troppo povero per renderla una realtà.
È interessante notare che i bolscevichi hanno avuto una politica molto aperta in materia di rapporti personali, soprattutto se si considera il contesto sociale e culturale arretrato. Perché credi che loro decisero di includere l’amore libero o di mettere in discussione i rapporti gerarchici genitori-figli?
L’idea dell’“amore libero” risale a molti centinaia di anni. Ha una lunga storia! Molti movimenti per la giustizia sociale, tra cui le prime sette cristiane, sognarono l’idea dell’amore libero da considerazioni economiche. I bolscevichi venivano da una lunga linea di pensatori e attivisti socialisti, sia utopisti che marxisti, che avevano cercato di creare una vita migliore e più libera per le donne. Loro erano anche consapevoli, con notevole anticipo, della necessità dei “diritti dei bambini”, o del diritto dei giovani ad essere liberi del potere tirannico o abusivo dei genitori, e dei padri, in particolare. In una cultura patriarcale, i padri esercitano un controllo tremendo su madri e bambini. Prendono decisioni sul matrimonio, l’educazione e il lavoro. I bolscevichi volevano abolire questo controllo a favore dei singoli, dei diritti umani. Arrivando al potere come risultato della rivoluzione, e pieni di speranza circa la possibilità di costruire un nuovo mondo, molti giuristi, educatori e altri sognavano di nuove possibilità. Misero in discussione le gerarchie di vario tipo, non soltanto quelle all’interno della famiglia. L’Armata Rossa fu ricostruita in base alle nuove regole più democratiche in termini di rapporti tra ufficiali e soldati. Le scuole divennero miste, e insegnanti, studenti, bidelli e lavoratori crearono soviet per gestirle. I giuristi discutevano dell’“estinzione” del diritto e dello Stato e facevano leggi che miravano a incoraggiare questo obiettivo. Anche le gerarchie di arte e musica vennero contestate. Nel 1920, i musicisti sovietici sperimentarono l’“orchestra-senza direttore”! Fu un momento di grande livellamento e sperimentazione appassionante in ogni ambito della vita.
Una delle conclusioni del tuo libro, è che l’inversione determinata dalla burocrazia stalinista non fu solo materiale (considerando la situazione economica difficile), ma ideologica. Quali sono le principali basi per questa conclusione?
Molti dei tentativi bolscevichi di creare una maggiore libertà per le donne vennero messi in discussione dalla povertà e dalla rovina creata da anni di guerra e guerra civile. Gli anni ’20 furono un periodo di elevata disoccupazione, soprattutto per le donne. L’idea di indipendenza delle donne dagli uomini non poteva essere realizzata semplicemente rendendo il divorzio più facile perché le donne non avevano modo di sostenere se stesse e i loro figli. Molte donne dovettero anche sostenere i genitori anziani e i familiari disabili. Inoltre l’atteggiamento dello Stato verso la liberazione delle donne cambiò precisamente nel momento in cui l’industrializzazione cominciava e l’Unione Sovietica diventava una società di piena occupazione. Un enorme numero di donne entrarono nel mercato del lavoro negli anni ’30, molte in ben retribuiti posti di lavoro industriali. Ed è proprio a questo punto che la visione della liberazione della donna avrebbe potuto essere realizzata. Anche se lo Stato sovietico ha fortemente incoraggiato l’educazione, la qualificazione e l’occupazione femminile, e ha creato un enorme sistema di istituzioni di assistenza diurna e di sale da pranzo dei lavoratori, esso al tempo stesso ideologicamente regredì ai ruoli di genere tradizionali in casa. Le donne, oltre a lavorare, ora venivano anche fortemente incoraggiate ad assumersi la responsabilità completa per la creazione di uno spazio domestico accogliente. Lo stato criminalizzò l’aborto nel 1936 e rese il divorzio molto più difficile da ottenere. In questo senso, lo Stato stalinista adottò un ibrido di partecipazione alla forza lavoro delle donne accoppiata con ruoli di genere tradizionali in famiglia. La criminalizzazione dell’aborto pose un fardello terribile e pericoloso sulle donne, che continuavano ad abortire ma facendolo illegalmente. Gli ospedali erano pieni di donne con emorragie e infezioni orribili. Il tasso di aborto scese in breve tempo nel 1937, ma poi rapidamente cominciò a salire di nuovo. Le donne hanno sempre cercato di controllare la loro fertilità (questo è essenziale per la loro capacità di vivere liberamente e fare scelte sulla propria vita.) La lezione era che le donne, private del diritto all’aborto legale e sicuro, continuarono a abortire, ma ricorrevano a metodi pericolosi.
Per finire, ci piacerebbe conoscere i tuoi pensieri sulla partecipazione delle donne in recenti manifestazioni in tutto il mondo.
Marx, Engels, August Bebel, Clara Zetkin, Lenin, Aleksandra Kollontai, e molti altri pensatori socialisti credevano che il lavoro salariato creava i presupposti per l’emancipazione femminile. Un salario indipendente avrebbe liberato le donne dalla famiglia come unità economica e fornito le basi per la loro indipendenza economica, che a sua volta, avrebbe permesso loro di scegliere liberamente. Credo che questi pensatori avevano sostanzialmente ragione. Oggi, molte battaglie devono ancora essere combattute anche nei paesi in via di industrializzazione e post-industriali. In molti paesi, le donne lavorano ma non hanno accesso a un salario di sussistenza. Le idee sul ruolo delle donne nella famiglia, le donne come oggetti sessuali, e la mancanza di rispetto per le donne come persone sono tutte cose che hanno ancora bisogno di essere cambiate. Tuttavia, le donne sono attive in tutto il mondo in modi nuovi ed entusiasmanti. Loro chiedono una punizione per gli stupratori in India e l’istruzione per le ragazze in Afghanistan. In Arabia Saudita, chiedono il diritto di guidare sulle strade. Anche in America Latina ci sono nuove lotte e nuove rivendicazioni. Mia figlia e mio figlio sono diventati maggiorenni in una nuova era. Loro credono che i giovani, indipendentemente dal sesso, hanno pari diritti e opportunità. Loro sostengono il diritto delle persone di scegliere il proprio orientamento sessuale e di sposare chi vogliono. Naturalmente affronteranno molti degli stessi problemi affrontati dalle loro madri: come conciliare lavoro e famiglia, come creare una casa amorevole per i bambini, in cui gli uomini partecipano in modo ugualitario alle faccende domestiche e si prendono cura dei figli. Abbiamo combattuto queste battaglie, ma penso che la generazione più giovane lo farà meglio di noi. Le nostre ragazze in tutto il mondo chiederanno di più. E così devono fare se le cose devono cambiere.
da rifondazione.it intervista in spagnolo Mujer y revolución traduzione Maurizio Acerbo