Danza, il Budapest Dance Theatre incanta in un teatro genovese di periferia. Bolzaneto può essere altro da quella caserma delle torture di sedici anni fa
da Genova, Claudio Marradi
Budapest chiama Genova. Anzi, Bolzaneto per la precisione, dove al teatro Rina & Gilberto Govi è approdato, direttamente dalla capitale magiara, il Budapest Dance Theatre.
Che poi dici Bolzaneto e la mente si affolla di brutti ricordi. Perché è nella caserma di polizia che vi si trova che fu allestito il centro di detenzione temporanea per i fermati in occasione del G8 del 2001. Una palazzina che, per tre interminabili giornate e nottate, divenne una piccola Guantanamo. Ante-litteram e tutta italiana: il buco nero che risucchiò democrazia, diritti civili e persone in carne ossa, che in quella carne furono offese e brutalizzate. Torturate, come dissero subito in molti, anche se quel reato paradossalmente non esisteva – e continua a non esistere – nell’ordinamento italiano. E poi tutto quello che magari la carne non la tocca neanche con un dito, ma che fa altrettanto male: minacce di stupro, umiliazioni, coretti inneggianti a Hitler, Mussolini e Pinochet… repertorio di ordinario fascismo da parte di servitori dello Stato e di una Repubblica che dall’antifascismo si vorrebbe essere nata.
Eppure Bolzaneto in questi lunghi 17 anni che separano ciò che è accaduto da una verità e una giustizia ancora tutte da compiere, è stato sempre, naturalmente, anche altro. Quartiere (ormai ex) operaio del ponente genovese dove ipermercati, centri commerciali e multisale cineplex hanno spodestato, come in tutto l’occidente, acciaierie e impianti metalmeccanici. Ma anche una specie di piccola città nella città, già Comune orgogliosamente indipendente per molti anni, prima di essere inglobata nella cosiddetta Grande Genova i cui abitanti, da queste parti, sono sempre stati considerati un po’ “foresti”.
Una delegazione con una sua identità precisa, fatta anche di specifiche realtà culturali, come il teatro Rina & Gilberto Govi, punto di riferimento per tutta la Valpolcevera, che persegue ostinatamente una sua eclettica programmazione che riesce a tenere insieme la commedia dialettale genovese di Gilberto Govi e i suoi “Manezzi pe majâ na figgia”, alla danza contemporanea europea. Proprio come il Budapest Dance Theatre, arrivato a Bolzaneto nell’ambito di un rapporto di collaborazione con la Kseij Dance Company di Genova, che restituirà la visita esibendosi in Ungheria il prossimo 27 maggio. Jennifer Vattai, Alekseij Canepa (genovese verace residente a Budapest), Tamás Kiss, Mary Katakura, Zita Macskin, Krisztina Baumgartner e Alexandra Sághy sono le cinque donne e i due uomini della compagnia che hanno portato sul palco del Govi i pezzi “Balance” e “Doze”, firmati rispettivamente dai coreografi Alexandra Sághy e Jiri Pokorny. Una ricerca che indaga il precario equilibrio che connota l’eterna attrazione/antagonismo tra i sessi. E che in “Balance” riflette sullo stato di squilibrio e la sua condizione ambiguamente necessaria alla creazione della bellezza e alla dinamica dell’eros, come nella scena in cui due donne sembrano contendersi il possesso di un unico uomo che sospingono, di soffio in soffio, da un capo all’altro del palcoscenico. Mentre il secondo pezzo si apre con la suggestione di una foto di famiglia di quelle tradizionali – i capifamiglia seduti davanti e gli altri dietro in piedi a fare da cornice – per chiudersi con una partitura per uomo e donna soli, su colonna sonora di Yukari Sawaki, di struggente bellezza.
In una sera di maggio a Bolzaneto, Italia, Europa. E tu continua a chiamarle, se vuoi, periferie.