Un assaggio del nuovo disco di Alessio Lega, una lucida denuncia del colonialismo italiano travestita con un ritmo latino. Il video e il testo
di Checchino Antonini
Sembra un tormentone estivo e invece è la denuncia del colonialismo italiano, la smentita di uno dei più fasulli luoghi comuni: italiani brava gente. Ladies and gentleman, si usa dire, ecco a voi Ambaradan, la prima traccia svelata di Mare nero, il disco di Alessio Lega in uscita il 6 giugno.
Ultima nata fra le canzoni di questo disco (novembre 2014) è una canzone sul colonialismo italiano ispirata ai «meravigliosi» (così lo stesso Lega) libri di Angelo Del Boca) che prova a smontare il mito del “bravo italiano”, colonialista dal volto umano. «Le cose non andarono affatto così – dice Alessio Lega – e i nostri nonni si macchiarono di crimini orrendi. Uno dei crimini meno conosciuti è proprio il massacro di centinaia di vecchi donne e bambini in una grotta del massiccio dell’Amba Aradam col terribile gas all’iprite (che ci costò fra l’altro le sanzioni della Società delle Nazioni). La canzone si basa proprio sulla rimozione di quest’oscura pagina della nostra storia coloniale dall’inconscio collettivo. Oggi quando diciamo la parola “Ambaradan” diciamo una parola divertente, intendiamo un “allegro casino”… proprio per questo ho costruito una canzone con un ritmo latino da canzone per l’estate e che trasforma questa parola in una sorta di scioglilingua velenoso. La chiusura con l’allusione a vicende recenti (Nassirya e i due Marò) sono un’accusa a quanto della mentalità coloniale e razzista ci è rimasto attaccato. Un brano che secondo me dovrebbe assecondare l’intenzione mimetica del pezzo, fingere di essere un Hit radiofonico con un testo “impossibile”».
Alessio ha messo in scena centinaia di spettacoli, performance, conferenze e concerti sulla canzone d’autore mondiale e sulla musica popolare e d’impegno. Dopo un’assidua frequentazione col Nuovo Canzoniere Italiano, è considerato oggi il rappresentante più coerente del canto sociale, in bilico fra canzone d’autore e riproposizione dei repertori storici, tanto da essere uno dei protagonisti del Nuovo Bella Ciao riallestito da Riccardo Tesi, spettacolo che, a due anni dal debutto, continua a girare il mondo.
Ambaradan (ad Angelo del Boca)
Ambaradun ambaradiro ambaradan
ambaradun ambaradin banbero
Che cosa mai vorrà dire Ambaradan:
una parola così sbarazzina
“ma che casino, cos’è ‘sto Ambaradan?”
una reminiscenza abissina
sull’altopiano dell’Ambaradan
ci siamo appena sporcati le mani
abbiamo fatto solo un po’ di Ambaradan
noi brava gente, noi tanto italiani
Ambaradun ambaradiro ambaradan
Sotto le grotte dell’Ambaradan
c’erano donne, coi vecchi e i bambini
sopra le grotte dell’Ambaradan
arrivano i nostri soldatini
col gas d’arsina e le bombe all’iprite
fanno saltare con i lanciafiamme
bravi cristiani che fanno le ferite
nel sacro cuore di tutte le mamme
di mezzo migliaio di monaci copti
di mezzo milione di negri ammazzati
butta la pasta che sono tutti morti
faccetta nera ora è cotta e mangiata
abbiamo fatto solo un po’ di Ambaradan
poi siamo tornati immemori e vivi
a scrivere il mito dei bravi italiani
che sono più inetti non meno cattivi
Ambaradira ambaradura ambaradira ambaradura
Ambaradun ambaradiro ambaradan
ambaradun ambaradin banbero
Che cosa mai vorrà dire Ambaradan
colonialisti più buoni e più forti
abbiamo portato le strade nel deserto
per il grande viaggio di tutti quei morti
l’Ambaradan è la macchia dell’oblio
sul monumento a Rodolfo Graziani
sui gagliardetti di Nassirya
sono i due marò che fucilano gli indiani…
(novembre 2014)