Parma, i cittadini smontano il trionfalismo di Pizzarotti: il debito c’è ancora ma è stato nascosto. Intanto le tasse sono cresciute del 100%
di Giulio AF Buratti
Dov’è andato a finire il debito pubblico della città di Parma, quella montagna di “buffi” che aveva fatto franare l’amministrazione del Pd? Ha senso il trionfalismo sui “conti in ordine” da parte del sindaco Pizzarotti, eletto coi 5stelle (e poi espulso) sull’onda dello sdegno per la bancarotta? In vista delle elezioni amministrative, la Commissione di Audit sul debito pubblico di Parma denuncia le menzogne sul debito del Gruppo Comune di Parma-Società Partecipate con una lettera aperta alla città. La verità è che: il grosso del debito si annida nelle Società Partecipate; la quota più ingente e rischiosa di tale debito è quella bancaria; è stata insabbiata l’inchiesta sul debito odioso, su chi si è arricchito e sulla responsabilità di amministratori, imprenditori e banche. Il trionfalismo del sindaco, probabilmente sulla via di un secondo mandato, non trova smentite ufficiali: «la maggior parte delle forze politiche d’opposizione in Consiglio comunale tace accuratamente il cuore del problema, cioè non si dice dove oggi si annidi questo debito, chi ne siano i responsabili, quanta parte di esso sia stato acceso per arricchire privati speculatori a danno pubblico (categoria giuridica del «debito odioso o illegittimo»), quale sia stato il ruolo delle banche nella sua creazione, perché mai i cittadini rapinati debbano pagarlo con tasse e tariffe comunali a livelli insopportabili, privatizzazioni e tagli di servizi», si spiega nella lettera.
Il debito bancario delle Partecipate è diminuito?
No. Se lo esaminiamo partendo dalla relazione del commissario Ciclosi (31.12.2011) e lo depuriamo del debito delle società SPIP Srl (fallita, contro il volere della Giunta) e STU Pasubio SpA (svenduta), notiamo che alla data del 31.12.2015 (ultimi bilanci on-line), il debito bancario delle maggiori Partecipate non è diminuito, bensì aumentato di € 12.751.957, come qui in tabella:
Le Partecipate sono società sane, in attivo, virtuose?
No, il contrario. A fronte dell’aumento dei loro debiti con le banche, nel quadriennio 2011-2015 il Patrimonio Netto delle maggiori Partecipate è passato da un totale di € 179.271.186 nel 2011 a un totale di € 164.385.586 nel 2015, come evidenziato nella precedente tabella: dunque v’è stata una perdita patrimoniale di € 14.885.600. Il collegio dei Revisori dei conti del Comune ha segnalato in questi anni (pareri del 15.01.2013 e 08.07.2014) la troppo elevata esposizione bancaria delle Partecipate, la loro «totale assenza di ricavi operativi ricorrenti», la continua necessità di supporto finanziario da parte del Comune. È quindi evidente che le Partecipate, create quasi tutte dalle giunte di centro-destra per realizzare operazioni speculative o grandi opere inutili (il Ponte Nord, il comparto Pasubio, il comparto della Nuova Stazione, la metropolitana, etc.), ed eludere ogni forma di controllo siano ancora oggi i veri serbatoi del debito parmense, compreso quello illegittimo.
Il caso delle speculazioni della partecipata SPIP è limpido: fra il 2006 e il 2008 la SPIP acquistò terreni privati agricoli da convertire a uso industriale, ma, invece di comprarli direttamente dai proprietari a prezzo corrente di mercato, si servì d’intermediari, cioè lasciò che i proprietari vendessero i terreni a immobiliaristi privati a prezzi 5-6 volte superiori a quelli di mercato e immediatamente dopo, in alcuni casi nella stessa giornata, li comprò a sua volta da tali immobiliaristi a un prezzo anche 10-12 volte più alto di quello di mercato. Alla fine la SPIP arrivò a pagare con denaro pubblico i terreni a una media di € 98 a metro quadro invece del prezzo corrente di € 36 a metro quadro, ma non avendo il denaro per acquistare a prezzi tanto assurdi, se li fece prestare da due pool di banche, le quali accordarono mutui ipotecari con garanzia sui terreni stessi (quale accertamento del valore reale dei terreni è stato fatto da parte delle banche?). Nel 2011 la SPIP aveva accumulato un debito complessivo di 109 milioni di euro, dei quali 92,5 milioni verso le banche. Il 5 aprile 2013 il Tribunale di Parma ha decretato il fallimento della società e l’apertura di un’inchiesta per bancarotta fraudolenta.
Oggi, a seguito del fallimento della SPIP, il valore dei terreni su cui le banche hanno iscritto l’ipoteca è dimezzato rispetto a quello attribuito in sede di erogazione dei mutui stessi. Ciclosi e l’attuale giunta hanno detto che era necessario trovare il modo di soddisfare il “ceto bancario”, fortemente penalizzato dall’insolvenza della SPIP e dalla svalorizzazione dei terreni. Quale? Pagando il debito con le banche – tutto – sino all’ultimo centesimo.
I soldi dei cittadini sono risucchiati nella voragine delle Partecipate?
Sì. Come denunciato dai Revisori dei conti del Comune, sono stati continui e cospicui i trasferimenti di denaro fatti dal Comune alle Società Partecipate: nel quadriennio 2012-2015 tali trasferimenti hanno raggiunto l’ammontare di 162 milioni di euro, cioè il 27,12% di quanto il Comune ha incassato dalle tasse imposte ai cittadini. La cifra dei trasferimenti del Comune di Parma alle sue Partecipate è stata di gran lunga superiore alla media nazionale degli altri Comuni d’uguale dimensione demografica (fra i 50.000 e i 200.000 abitanti): nel 2012 i 190.522 cittadini di Parma hanno pagato alle Società Partecipate € 183 a testa contro la media nazionale di € 70, nel 2013 € 219 contro la media di € 84, nel 2014 € 227 a fronte di una media di € 82, come evidenzia il grafico seguente:
I cittadini hanno davvero pagato tasse comunali salatissime?
Sì. In quattro anni, dal 2012 al 2015, il Comune di Parma ha incassato dai cittadini con tasse e imposte a vario titolo la somma di € 597.591.550.
Se prendiamo in esame i bilanci dei dodici Comuni dell’Emilia-Romagna fra i 50.000 e i 200.000 abitanti e facciamo la classifica dei cittadini più tassati dal proprio municipio, scopriamo che nel 2011 eravamo i meno tassati con € 474,32 pro capite, mentre nel 2012 siamo passati di colpo in prima posizione con € 709,34 a testa e abbiamo poi mantenuto saldamente la pole position nel 2013 con € 705,17 nel 2014 con la bellezza di € 940,68 a cranio:
In tre anni le tasse comunali a Parma sono aumentate del 100%, niente meno.
Questa spietata leva fiscale ci ha proiettati pure al vertice della classifica delle città d’uguali dimensioni dell’intera Italia settentrionale e ben al di sopra della media dell’intera nazione, che nel 2014 era di € 650 pro capite, com’è evidenziato nel grafico qui sotto:
È tutto ciò che i cittadini di Parma hanno pagato per le Partecipate?
No. L’amministrazione comunale ha continuato a vendere il patrimonio mobiliare e immobiliare pubblico. Il peggio? Il Comune possedeva nel 2011 più del 6% delle azioni di IREN SpA, mentre oggi ne detiene solo il 2% che – tradotto in moneta secondo le quotazioni attuali (c’entrano qualcosa l’accensione dell’inceneritore e il funzionamento al massimo della sua potenza termica?) – equivale a una perdita di 100 milioni circa. Questo 4% di azioni IREN è stato ceduto in garanzia alle banche in riduzione del debito delle maggiori Partecipate (STT e Parma Infrastrutture).
I conti del Comune sono “in ordine”? Il debito è quello dichiarato?
No. Innanzitutto sono stati numerosi in questi cinque anni gli episodi di emersione di «debiti fuori bilancio», ossia non contemplati nei bilanci approntati dalla Giunta.
Secondariamente, il Comune di Parma ha iscritto nelle voci attive del suo bilancio ben 104 milioni di «residui attivi», ossia di crediti da riscuotere, che tuttavia si trascinano di anno in anno da 15 anni e che in buona sostanza sono ormai crediti inesigibili. Dopo 5 anni un «residuo attivo» perde credibilità: il basso livello di sicurezza dei «residui attivi» del nostro Comune è certificato da Open Bilanci, che assegna loro una percentuale di affidabilità del 39%, collocandoci al penultimo posto della classifica regionale:
Una giunta in linea con le politiche fiscali e sociali nazionali?
Sì, sostanzialmente sì.
1) Il debito pubblico non è una calamità soprannaturale, insondabile, bensì deriva in larga parte da malaffare, corruzione, sprechi, propiziati dalla poca trasparenza che alberga nel sistema delle Società Partecipate. A Parma è fenomeno recente: non esisteva prima del sindaco Ubaldi. Perché dunque non promuovere un’inchiesta sui responsabili, che porrebbe le basi giuridiche per respingere il pagamento del debito «odioso» o «illegittimo», così com’è avvenuto in altri Paesi?
2) Nei casi delle «grandi opere» inutili e delle grandi speculazioni immobiliari, realizzate accendendo debiti cospicui a nome dei cittadini per arricchire alcuni privati, l’indagine sui responsabili deve verificare il ruolo di pubblici amministratori, imprenditori, intermediari e delle banche che, finanziando tali operazioni inique e società in grave passivo, hanno di fatto prefigurato l’incatenamento della città a un debito crescente di anno in anno per effetto degli interessi bancari.
3) Nel 2011, crollata la giunta Vignali, il commissario prefettizio Ciclosi denunciò il sistema di corruzione a Parma e il debito pubblico che ne era derivato, ma preparò un programma di risanamento completamente a carico delle tasche dei cittadini senza contemplare un’inchiesta e un’azione contro i veri responsabili, preoccupandosi innanzitutto di non aumentare la «sofferenza del ceto bancario», un programma in perfetta linea con le politiche dei governi nazionali di centro-destra e centro-sinistra degli ultimi vent’anni, che l’attuale giunta dal 2012 a oggi ha scrupolosamente applicato, con il consenso sostanziale di gran parte dell’opposizione consigliare.
4) Una lampante conferma di ciò è il piano di ristrutturazione del debito, firmato nel marzo 2015 dal Comune con le banche creditrici per risanare entro il 2018 l’enorme debito della società partecipata STT-Holding SpA (di cui faceva parte la SPIP) secondo le procedure previste dall’articolo 182 bis della legge fallimentare: per ammissione pubblica dello stesso amministratore delegato di STT, dott. Bussolati, con la ristrutturazione concordata le banche non ci «hanno rimesso quasi nulla» (Relazione Bussolati alle Commissioni IV e V, 20 luglio 2016), cioè non hanno perduto un solo euro, ricevendo invece un patrimonio immobiliare pubblico e circa il 40% delle azioni IREN del Comune.
5) L’indagine promessa solennemente dall’attuale Sindaco nella campagna elettorale del 2012 per accertare la parte illegittima del debito e i suoi responsabili non si è avuta; il PD e gran parte delle forze politiche d’opposizione, si sono ben guardate dal reclamarla. Il silenzio sul debito illegittimo nella campagna elettorale in corso è assordante, condiviso in sintonia dai principali candidati.
6) È una politica indecente quella che tace passiva su queste rapine, lascia indenni i responsabili e al contempo, con l’alibi del debito pubblico provocato da speculazioni e truffe, raddoppia le tasse a tutti i cittadini, privatizza i beni e i servizi comuni, proietta le tariffe di asili nido, scuole materne e mense scolastiche alle stelle.
Alla futura giunta e al nuovo consiglio comunale si chiede la costituzione di una commissione di inchiesta pubblica e popolare che indaghi sulla parte illegittima del debito e su tutti i suoi responsabili; l’impegno ad assumere i risultati dell’inchiesta e quindi a non pagare l’eventuale quota di debito illegittimo; l’impegno a non utilizzare le entrate fiscali per ripagare il debito illegittimo con le banche; la riduzione delle tasse (IRPEF, TASI, TARI) e delle tariffe sui servizi fondamentali (rette asili e scuole per l’infanzia; mense scuole obbligo, servizi alla persona, etc.); scelte di destinazione del gettito fiscale secondo criteri di equità sociale e attraverso il bilancio partecipativo; lo stop alla privatizzazione del patrimonio pubblico immobiliare e mobiliare, a partire dalle azioni IREN, da Fiere di Parma, etc.; un concreto programma per chiudere le partecipate e reinternalizzare i servizi.
La lettera chiude con un appello alla trasparenza e partecipazione civile attiva: «sono l’unico antidoto al dilagare della corruzione e dell’espropriazione dei nostri diritti di cittadinanza».