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194. Presidio al San Camillo di Roma contro nomina primario obiettore

Di nuovo una protesta di Non Una di Meno, per scongiurare la nomina di un primario confessionale al San Camillo-Forlanini e in difesa della 194

manifestazione Non Una di Meno

di Marina Zenobio

Ancora una volta le attiviste della rete romana Non Una di meno, già IoDecido, si ritroveranno all’interno della struttura ospedaliera San Camillo-Forlanini per scongiurare la nomina di un primario obiettore a capo del reparto di ostetricia e ginecologia del grande ospedale romano. Nella precedente edizione del concorso, poi invalidata per un ricorso e a cui la Rete era presenta, fu nominata una dottoressa proveniente dal Policlinico Gemelli, nonostante siano chiare ed evidenti le ostilità dei ginecologi confessionali all’applicazione della Legge e quindi all’autodeterminazione e alla libertà di scelta delle donne. Per questo è stato necessario convocare una nuova azione per venerdì 23 giugno alle 10, davanti la Direzione del San Camillo-Forlanini, mentre al secondo piano del padiglione Piastra, UOSD Igiene, si terranno i colloqui relativi all’avviso pubblico per “il conferimento di un incarico di direttore di struttura complessa della Unità Operativa Complessa (U.O.C.) di Ostetrica e Ginecologia” del nosocomio romano.

Ma perché è importante che un dirigente medico di un reparto di ginecologia e ostetrica di un presidio sanitario pubblico non sia obiettore? Perché se in quel presidio sanitario pubblico, com’è il San Camillo-Forlanini, si praticano anche le Interruzioni Volontarie di Gravidanza, l’obiezione di un dirigente medico andrebbe inevitabilmente a configgere con il diritto della donna ad abortire, diritto sancito dalla Legge 194 del 1978. Qualcuno obietterà anche il medico, secondo l’art. 9 della stessa legge, ha il diritto di obiettare. La risposta non è complessa, semplicemente o non fa il ginecologo o non deve essergli permesso di partecipare a bandi per occupare un posto in un reparto dove si deve applicare la 194.

Inoltre il San Camillo è un punto di riferimento per l’intera regione Lazio dove praticamente vengono attese tutte le richieste di quelle donne che non hanno trovato attenzione in altri ospedali pubblici della regione.
“Il San Camillo – ricorda Non Una di Meno – è sempre stato un luogo storico sia per gli aborti del primo che per quelli del secondo trimestre. Fino dall’approvazione della Legge, nei suoi primi passi, questo presidio sanitario è stato un importante e qualificato luogo di accoglienza per le donne e per i Consultori di tutta la Regione”. Secondo la dottoressa Elisabetta Canitano, ginecologa e presidente

di Vita di Donna, “Nel Lazio abbiamo primari confessionali provenienti dal policlinico Gemelli, occupati nei reparti di ginecologia di Frosinone, (dove la Legge 194/78 non si applica affatto), e di Viterbo A Roma li troviamo al San Giovanni, al Policlinico Universitario della Sapienza (con ovvie ricadute sulla didattica), al Policlinico Casilino, senza ovviamente citare i reparti di maternità degli Ospedali cattolici (Policlinico Gemelli, Villa San Pietro, Fatebenefratelli) e di quelli convenzionati (Santa Famiglia, Città di Roma, Villa Pia) in cui non si applica la Legge 194/78”.

L’inclusione di un dirigente confessione alla guida dello staff di ginecologia e ostetricia del San Camillo, quindi del polo regionale per le ivg, sarebbe uno sfregio”.
In base a questi dati rilevati anche LAIGA, è più semplice capire perché nel Lazio la percentuale di medici obiettori di coscienza che si rifiutano di praticare ivg, anche in presidi sanitari pubblici dove il rispetto della legge 194 dovrebbe essere inalienabile, supera l’80 per cento. Una situazione che rende difficilissimo se non a volte impossibile accedere al servizio richiesto. A questo proposito nel 2013 il Consiglio d’Europa ha fatto un richiamo ufficiale in quanto l’obiezione di coscienza, in Italia, impedisce la corretta applicazione della Legge 193/78

“Non lasceremo – scrive la Rete – che gli spazi per la cura e il benessere delle donne siano colonizzati dall’obiezione di coscienza e dai movimento pro-life. Vogliamo gridare ancora una volta che sui nostri corpi e sulle nostre vite decidiamo noi, perché l’obiezione di coscienza negli ospedali è violenza sui corpi delle donne e segno inequivocabile di illegalità della struttura. Pretendiamo che la direzione di ginecologia del San Camillo rimanga laica”,

evento Fb: Presidio al San Camillo

LAIGA: esito del monitoraggio su applicazione della Legge 194/78 nel Lazio
1. Nel Lazio in 10 strutture pubbliche su 31 (esclusi gli ospedali religiosi e le cliniche accreditate) non si eseguono interruzioni di gravidanza. Tra queste, 2 sono strutture universitarie (il Policlinico di Tor Vergata e l’Azienda Ospedaliera S. Andrea), che dunque disattendono anche il compito della formazione dei nuovi ginecologi, sancito dall’art.15 della legge 194.
2. Nel Lazio ha posto obiezione di coscienza il 91,3% dei ginecologi ospedalieri. Se per gli aborti del I trimestre si può fare in parte fronte alla situazione ricorrendo a medici convenzionati esterni o a medici gettonati, così non è per gli aborti terapeutici, sui quali quel 91,3% pesa come piombo. Con il ricorso a medici convenzionati esterni e medici “a gettone” l’obiezione scende all’84%, dato comunque più grave dell’80,2% riferito dal ministro, che non considera nella sua relazione il fatto che una parte dei non obiettori in realtà non esegue IVG.
3. In 3 Province su 5 (Frosinone, Rieti, Viterbo) non è possibile eseguire aborti terapeutici, che costringe le donne alla triste migrazione verso i pochi centri della capitale, sempre più congestionati, o all’estero. Gli stessi centri romani che assorbono anche la gran parte delle IVG entro il 90° giorno provenienti dal resto della Regione.
4. La drammaticità della situazione va considerata anche in rapporto al dato dell’età media dei medici non obiettori, molti dei quali sono alla soglia della pensione e non verranno rimpiazzati da nuovi ginecologi, per la totale assenza di formazione professionale, sia sul piano pratico che scientifico.

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