Parma, meno di un quarto degli elettori eleggono il sindaco della città con tasse tra le più alte d’Italia. L’ambiguità di Pizzarotti e la trappola del debito
da Parma, Cristina Quintavalla
L’astensione è il primo partito a Parma e nelle altre città che sono andate al ballottaggio. E’ ormai un dato che non può essere ignorato.
Esso dice che la fiducia della gente nei confronti della politica istituzionale è crollata, che il cosiddetto patto di rappresentanza tra eletti ed elettori è stato smascherato, travolto dalla ridda di menzogne, false rappresentazioni, costruite da agenzie pubblicitarie, per raccogliere consenso sull’immagine costruita.
Dice che la gente non vede più rappresentati i bisogni fondamentali da cui è afflitta: lavoro, casa, sanità, pensione, istruzione, servizi sociali. Ha ormai chiaro quanto è stata aggirata, ingannata, ed espropriata dei suoi diritti, così come ha chiaro che è stata spremuta all’inverosimile da tasse e tagli alla spesa sociale, senza contropartita alcuna, ma che le risorse ci sono-eccome-per le banche, per detassare le imprese, per costruire opere inutili e dannose.
A Parma, una campagna elettorale sciatta, ma abilmente costruita, non ha pagato. Le liste elettorali delle maggiori forze politiche hanno giocato strumentalmente sull’annacquamento delle posizioni: in una stessa lista era candidato chi difendeva la “buona scuola” e chi la criticava, chi era per le privatizzazioni e chi era contro. Tutti insieme “amorosamente”, confondendo l’elettore che non aveva più parametri di riferimento in base ai quali scegliere. E’ stata consumata una rappresentazione mediatica secondo la quale nessuno era individuato come responsabile delle ingiustizie subite da tanta parte della popolazione. Nessun candidato a sindaco ha mosso una sola critica ai poteri forti, nè indicato una sola proposta volta a favorire la redistribuzione delle ricchezze e garantire maggiore equità sociale.
Siamo arrivati al paradosso che un candidato a sindaco autorappresentasse se stesso come indipendente dal PD, pur essendo l’unico candidato ufficiale di tutto il PD. Ha pagato il prezzo dell’ ambiguità: tanta parte della sinistra di questa città si sarebbe mozzata la mano piuttosto che votare questo PD, che è ormai un “re nudo”. Le sue gravissime responsabilità – l’aver cancellato lo Statuto dei lavoratori, l’art. 18, l’ aver voluto il Jobs-act, la precarizzazione e la ricattabilità dei lavoratori, lo Sblocca Italia, la “pessima scuola” della L.107, il definanziamento e depotenziamento della sanità pubblica, le privatizzazioni, il ripristino dei voucher, l’attentato gravissimo alla Costituzione italiana – hanno fatto cadere l’ultima foglia di fico.
Ma anche Pizzarotti non ha di che gloriarsi: è il sindaco voluto da 37.154 elettori su 145.288, pari a meno di un quarto dell’elettorato, tra il quale peraltro tanti voti di una destra razzista e xenofoba, che peseranno come un macigno.
D’altro canto il suo guaio è proprio questo: non ha una linea politica identificabile, ma posizioni ondivaghe, oscillanti, contraddittorie: Inceneritore no, inceneritore sì; Tibre autostradale no, Tibre autostradale sì; commissione d’inchiesta sui responsabili del debito pubblico sì, scaricamento del debito non sui responsabili di esso, ma sui cittadini, con tasse tra le più alte d’Italia, sì. La verità sul debito è che a dispetto delle sette inchieste giudiziarie aperte dalla Magistrtura per le cause speculative e corruttive del debito pubblico, la giunta Pizzarotti lo vuole pagare tutto, anzi lo fa pagare tutto ai cittadini.
Entrambi poi – Scarpa e Pizzarotti – hanno incentrato la campagna per il ballottaggio sul problema della sicurezza, identificata soprattutto come prodotto dei fenomeni migratori.
Ossequienti, conformati alle logiche dominanti, proni all’ordine di chi controlla le leve del potere:
Contro questo spettacolo della politica, la sinistra di alternativa di questa città continuerà a costruire una opposizione vera, forte, ormai ineludibile.
Cristina Quintavalla/Altra Emilia-Romagna