Cavalcavia, in mostra le tavole originali di Gek Tessaro alla Biblioteca nazionale di Roma. Per cavalcare via da ogni guerra
di Maurizio Zuccari
È un’elegia dello scampo niente affatto solo per bambini Cavalcavia, l’esposizione della trentina di tavole originali di Gek Tessaro nel nuovo spazio mostre della Biblioteca nazionale di Roma, organizzata da Coop culture a cura di Luca Arnaudo. Il tema, sempre attuale, è quello della guerra, o meglio del rifiuto della guerra. Nel gioco di parole cavalcano via torme di cavalieri d’ogni epoca e tipo, accompagnati da strofe che mettono a nudo la propensione alla follia guerresca, sotto elmi e corazze diversi. Brevi frasi che fanno da chiusa e fondale alle immagini dei cavalieri alla pugna che si volta in fuga, assemblate con la tecnica del collage e la mescola di perizia e freddure che fanno la cifra dell’illustratore. E se il segno e i colori affabulano le giovani menti, le parole fanno riflettere anche chi ha superato i cinque anni e pure i cinquanta. Metti il commento alla carica del catafratto che “corre a tutta birra verso il birrone”. O l’altro al guerriero che snuda il suo spadone: “Dall’altra parte di quel baratro spaventoso di differenze che ci separa riconosco la medesima determinazione, l’identica indispensabile assenza di pensiero”.
Cavalcavia è questo, nonsense e calembour pregni di doppisensi e altre letture, oltre che magia del taglia & incolla. E riaffermazione di quanto sia vitale l’arte della fuga, del cavalcare via, appunto, piuttosto che soccombere all’idiozia in armi dell’oggi. Un’elegia della diserzione, quella messa su carta da Tessaro, che si rifà a precedenti illustri fin nel sottotitolo della mostra: che m’importa dello scudo. Dove riecheggiano i versi di Archiloco, dai frammenti dello Scudo perduto: “Lo scudo vicino a un cespuglio lasciai, controvoglia, però mi son salvato. Chi se n’importa di quello scudo? Al diavolo! Presto ne comprerò uno non peggiore”. Accanto al soldato-poeta di Paro, quasi coèvo di Omero, icastico e crapulone e perciò considerato dai coevi un poco di buono, benché vada annoverato tra i primi e più brillanti lirici greci, c’è tutta una genìa di detrattori della bellezza della guerra. Dal cantore e scrittore francese Boris Vian all’anarchico calabrese Bruno Misèfari, vari testi d’autore seguono la cavalcata su tavole dell’artista che al disegno accompagna il teatro, parlato e disegnato, per bambini e non più tali.
«Racconto storie con il disegno, è un privilegio», dice di sé il “maestro d’arte” che ha iniziato a disegnare per legittima difesa dal mondo dei grandi. «Non sapevo stare a tavola, lavarmi, leggere, non sapevo pettinarmi e nemmeno allacciarmi le scarpe ed ero, in sovrappiù, ignorantissimo». Così un disegno qui, uno lì, Tessaro conquista il mondo dei grandi e il proprio mondo. E anche adesso che bambino non è più da un pezzo (è nato a Verona nel ’57) e non disegna più per difendersi, gli piace piegare i ginocchi davanti ai più piccoli per stare alla pari con loro, ricordarsi il disagio che si può provare a quell’età, come pure l’incanto per la bellezza del mondo: «A 60 centimetri da terra si muovono pianeti sconosciuti e inimmaginabili», assicura. A patto di saper cavalcare via dagli orrori, eterni, d’una guerra infinita. Oltre che una mostra – il termine sarebbe scaduto ma resta lì, nell’estate che avanza, approfittatene – Cavalcavia è un libro (edizioni Carthusia) e una lettura di Marco Dallari. Qui il video: www.youtube.com/watch?v=mZYh-y-j9cY.