Sinistra, dentro e fuori Rifondazione si prova a far uscire il dibattito sulle elezioni dai riti del teatrino della politica e dalle ambiguità degli ex Pd
di Checchino Antonini
Si incontreranno mai Pisapia e Speranza? Davvero vi interessa? E cosa mai avranno da litigare due forze che hanno il medesimo obiettivo, quello di resuscitare il centrosinistra, di “condizionare” il Pd magari coalizzandosi alle prossime politiche? Una diatriba che non appassiona nessuno, né nelle spiagge, tanto meno sui posti di lavoro. E’ teatrino, in parte, e in parte lotta senza esclusione di colpi per il riposizionamento personale e/o per l’egemonia in quel settore di sinistra moderata che ha gestito ogni passaggio delle politiche d’austerità nelle forme prodiane, montiane, renziane, e che ora vorrebbe ergersi a baluardo dei valori del socialismo europeo, continuando ad appoggiare le scelte del governo Gentiloni, per riprodurre un ceto politico che Renzi aveva puntato a estinguere.
Di tutt’altro tono la lettera che la minoranza di Rifondazione ha scritto al resto del partito chiedendo di smetterla di «aspettare Gotor», ossia di attendere che altri abbiano sciolto i propri dubbi. Tanto il “listone” – che piace a Montanari e Fratoianni, e per il quale pare optare Cofferati – tantomeno il centrosinistra vagheggiato da Pisapia e Bersani, non sono soluzioni praticabili per la sinistra del Prc (in calce alla lettera ci sono le firme di di Imma Barbarossa, Claudia Candeloro, Eleonora Forenza, Gabriele Gesso, Daniele Maffione, Massimiliano Murgo, Antonio Perillo, Sara Visintin) che chiede un salto di qualità teorico e politico nella lettera anticipata da Popoff e che, mentre scriviamo, dovrebbe essere oggetto di discussione nella segreteria di quel partito.
Una mossa che prova a disarticolare quello che, in un editoriale sulla questione elettorale, Franco Turigliatto, aveva definito «una specie di gioco del domino in cui la forza più moderata condiziona e tira a destra, quella che lo è un po’ meno, che a sua volta esercita una pressione/attrazione su quella un po’ più a sinistra, che a sua volta accetta e subisce passivamente un quadro di dibattito del tutto perdente, favorendo il disorientamento di altri settori sociali che vorrebbero costruire un’alternativa politica. Chi sta dettando i tempi e dando le carte del cosiddetto “processo dell’unità della sinistra” sono proprio le forze più moderate, responsabili quando erano al governo della catastrofe sociale accaduta al paese. Per essere più chiari: Mdp e Pisapia condizionano SI, che a sua volta condiziona il PRC; ad essi si aggiunge Possibile. Tutti insieme condizionano aree civiche di movimenti democratici e sociali; tra i diversi soggetti è in corso un duro scontro per assumere la direzione e il controllo del listone elettorale da costruire».
Tornando alla lettera interna a Rifondazione, leggiamo che «Non si tratta solo di non aver dubbi sul da che parte stare tra Gotor e i trotskisti dell’Illinois, tra chi rivendica in televisione di aver cacciato via chi fischiava ed i centri sociali. Ecco, diciamola così: parafrasando D’Alema, non vogliamo una sinistra normale, o normalizzata, preoccupata di ritornare in Parlamento e che subordina il progetto politico alla legge elettorale». Ancora: «Non possiamo ancora aspettare che altri sciolgano le loro ambiguità, dobbiamo praticare la radicalità che enunciamo sui palchi perché fra sei mesi non sarà più praticabile in maniera credibile una diversa opzione politica ed elettorale (…) Per noi quello elettorale è passaggio tattico che deve essere funzionale e coerente con l’obiettivo strategico: ricostruire il blocco sociale disgregato dalla passivizzazione e della competizione neoliberista. Dobbiamo aprire subito altre interlocuzioni con i soggetti sociali e politici che come noi intendono le elezioni come uno dei terreni di lotta da mantenere strettamente coerente con l’obiettivo strategico della ricostruzione di un blocco storico alternativo alle politiche seguite fino ad oggi dalle classi dominanti. Deve essere chiaro che noi lavoriamo in primo luogo per questa ricomposizione di classe, non per una lista unitaria in quanto tale e per la logica di sintesi a priori che essa comporta».
Anche altri soggetti politici dell’estrema sinistra, tra cui Sinistra Anticapitalista, non sottovalutano la scadenza elettorale perché sarà uno snodo politico cruciale nella vita del paese, segnerà le condizioni entro cui la classe lavoratrice potrà e dovrà continuare le sue battaglie. Larghi settori della popolazione saranno interessati allo scontro elettorale, sia quelli che andranno a votare sia quelli che alla fine decidano di restare a casa. E che la questione centrale, il punto di partenza per organizzazioni autenticamente di sinistra avrebbe già dovuto essere l’unità delle loro forze militanti e degli strumenti politici organizzativi che hanno a disposizione per costruire una vasta campagna sui temi sociali, sull’occupazione, sulla riduzione dell’orario di lavoro da costruire subito, sull’unità dei lavoratori, sull’unità con i migranti. E’ solo in questo modo che si possono fermare le derive reazionarie nel paese e il disorientamento di vasti settori di lavoratori.
Rilanciamo, dunque, anche alla luce del dialettica in Rifondazione, la proposta che già discutiamo nell’interlocuzione con altri soggetti per uno schieramento più largo possibile che coinvolga forze politiche, soggetti ed esperienze sociali reali di movimenti. Per esistere, la coalizione deve avere una partecipazione democratica dal basso e la convergenza indispensabile delle forze politiche che vogliono impegnarsi. Per essere realmente alternativa deve avere una composizione politica coerente senza partiti o soggetti che hanno gestito l’austerità e un programma che esprima obiettivi radicali corrispondenti alla gravità della situazione esistente.
Più che mai è tempo che tutti coloro che condividono le medesime preoccupazioni, sul piano sociale e su quello politico, trovino le modalità per agire in sintonia.
Una versione di questo editoriale è stata pubblicata su anticapitalista.org