Clima, previsioni del tempo e conseguenze delle ondate di calore. Dossier dei Verdi, agenzie scientifiche Usa contro Trump
di Francesco Ruggeri
Il caldo estremo di Lucifero, l’anticiclone africano, pare concedere un break tra domani e venerdì, quando una veloce bassa pressione atlantica raggiungerà il nord Italia, portando piogge e temporali che potrebbero estendersi fino alla regioni del centro. Domani il caldo torrido persisterà soprattutto al centro-sud (16 le città con ‘bollino rosso’), mentre venerdì la situazione migliorerà in tutta la penisola, con temperature in calo e ‘bollino verde’ per 11 località. E’ il Bollettino delle ondate di calore del ministero della Salute. Le città con ‘bollino rosso’ domani saranno: Ancona, Bari, Cagliari, Campobasso, Catania, Frosinone, Latina, Messina, Napoli, Palermo, Perugia, Pescara, Reggio Calabria, Rieti, Roma, Viterbo. Si torna a respirare invece a Bolzano, Brescia, Genova, Milano, Torino, Venezia e Verona. Per la giornata di venerdì, le città con ‘bollino verde’ saranno: Bologna, Bolzano, Brescia, Civitavecchia, Firenze, Genova, Milano, Torino, Trieste, Venezia, Verona. Sul resto d’Italia il bollino sarà ‘giallo’, ad eccezioni di Catania, dove non si placa l’emergenza caldo. Il ‘bollino rosso’ indica «condizioni di emergenza con possibili effetti negativi sulla salute di persone sane e attive e non solo sui sottogruppi a rischio come gli anziani, i bambini molto piccoli e le persone con malattie croniche».
Ma un dossier dei verdi, Le città resilienti, presentato da Angelo Bonelli, rivela che l’impennata di temperature, anche di 3°C in alcune grandi città, ha causato 20mila morti in un anno riconducibili alle ondate di calore. Negli ultimi 40 anni Luglio ha visto Milano + 3°C, +2,5°C a Napoli, + 2,2°C a Bologna, +2,1°C a Bari e +1,8°C a Roma, 1,6°C a Torino.
Per gli esperti dell’IPCC, sono proprio le aree urbane a pagare i costi sociali maggiori del global warming in particolare nell’area del Mediterraneo. Il fenomeno è conosciuto, anche uno studio del CNR lo ha evidenziato, segnalando che “Nel sotto-periodo 1998-2015 sono stati osservati, in confronto al 1980-1997, aumenti di durata e intensità delle ondate in oltre il 60% delle capitali europee, in particolare di area centro e sud-orientale: da una frequenza dei giorni diondata di calore del 7-8% dei giorni estivi al 12-14%”.
L’effetto Isole di calore delle grandi città
Nelle grandi città si crea l’effetto “isole di calore”, che per i soggetti più vulnerabili possono risultare perfino fatali. Si tratta di un fenomeno fisico semplice: durante il giorno, le città immagazzinano il caldo derivante dall’irraggiamento solare e dal traffico, liberandolo durante la notte. In caso di ondate di caldo eccessive, la notte e dei cittadini, spesso con conseguenze nefaste, con temperature già roventi, innescando un circolo vizioso.
L’OMS: 70.000 morti in Europa (più di 20mila in Italia) per l’ondata di calore del 2003
Uno studio condotto dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ha dimostrato che l’eccezionale ondata di calore del 2003 ha provocato in Europa più di 70.000 morti, di cui più di 20.000 solo in Italia. Aumento dei ricoveri ospedalieri per gli anziani del 54% a causa del calore. Questi dati confermano che le ondate di calore e i cambiamenti climatici pregiudicano la salute dei cittadini spesso con conseguenze nefaste. In questi giorni, ad esempio, il Sant’Orsola di Bologna segnala un boom di accessi al Pronto soccorso per l’emergenza caldo, in particolare da parte di anziani. E cosi’ l’ospedale bolognese ha deciso di correre ai ripari mettendo a disposizione otto posti letto in piu’ per far fronte all’aumento dei ricoveri. Gli otto posti, che potrebbero diventare 10 se necessario, saranno aperti da domani fino al 20 agosto. Da oggi, inoltre, sono stati bloccati i ricoveri programmati. Le due misure, come spiega ancora l’ospedale, si sono rese necessarie per far fronte al picco di accessi al Pronto Soccorso e di ricoveri che si sono registrati in particolare tra gli over 75 negli ultimi giorni. Dal primo agosto a ieri gli accessi al Pronto Soccorso dei cosiddetti ‘grandi anziani’ sono passati da 50 a 77, con un aumento del 54%. Ancor più forte l’incremento dei ricoveri, più che raddoppiati nello stesso periodo, da 17 a 35 al giorno. La percentuale degli over 75 ricoverati tra tutti quelli che sono entrati in Pronto Soccorso del Sant’Orsola e’ passata dal 34% del primo agosto al 50% e 45% di domenica e lunedì. Anche al Caldarelli di Napoli, a causa del caldo si e rilevato un boom di ricoveri. Infatti il 2 agosto 2017 si rilevava “un aumento di circa il 30% degli accessi al pronto soccorso dell’ospedale. Il principale motivo è il caldo asfissiante che sta colpendo Napoli e provincia in questi giorni. Una serie di pazienti si sono recati allo storico ospedale partenopeo con tutte le patologie o i fastidi tipici dei periodi di caldo africano. In particolare in molti sono arrivati con febbre, polmonite o con gastroenteriti causate dall’assunzione di bevande fredde.”
La proposta: città resilienti
La resilient city, proposta dai Verdi, è un sistema urbano che non si limita ad adeguarsi ai cambiamenti climatici (in particolare il global warming) che negli ultimi decenni rendono sempre più vulnerabili le città con conseguenze sempre più drammatiche e costi ingentissimi. La città resiliente si modifica costruendo risposte sociali, economiche e ambientali nuove che le permettano di resistere nel lungo periodo alle sollecitazioni dell’ambiente e della storia.
La resilienza è quindi oggi una componente necessaria per lo sviluppo sostenibile, agendo prima di tutto sui modelli organizzativi e gestionali dei sistemi urbani. Una città sostenibile è quindi una città resiliente.
Ecco i punti fondamentali per rendere resiliente una città: pianificazione territoriale; prevenzione, riduzione e gestione della vulnerabilità del territorio: assetto idrogeologico; pianificazione urbanistica, sistemi insediativi, edifici: comfort climatico della città pubblica; ciclo idrico in ambito urbano, conservazione della risorsa e sua qualità; verde urbano multifunzionale; servizi socio-sanitari e protezione civile; 5mila nuovi parchi urbani in un anno, 10 milioni di nuovi alberi e case convettive; case ispirate alla convenzione naturale che trattengono il fresco d’estate e il calore in inverno.
Sintesi del rapporto sul clima degli scienziati Usa
Recentemente è presentata in via non ufficiale una bozza di uno studio realizzato da scienziati di 13 agenzie federali per il clima degli Stati Uniti. Il report è stato completato quest’anno ed è una sezione particolare del National Climate Assessment che è commissionato dal congresso ogni 4 anni. L’Accademia Nazionale delle Scienze ha firmato la bozza del report e gli autori stanno aspettando il permesso dell’amministrazione Trump per la pubblicazione. Di conseguenza se il governo Trump non dovesse approvare il rapporto potrebbe non essere mai pubblicato. Una prima fase di approvazione potrebbe arrivare entro il prossimo 18 agosto. I punti salienti del dossier sono: Dati sul riscaldamento globale e tendenze per fine secolo cambiando le emissioni di gas serra Irreversibilità dello scioglimento dei ghiacci e scomparsa del ghiaccio artico entro la seconda metà del secolo. Aumento del livello del mare che influenza sia l’andamento delle piogge e degli eventi straordinari come Cicloni, Tornadi ma anche in generale a livello di campo gravitazionale. Il limite superato: anche se ad oggi limitassimo le emissioni del CO2 a 10 gigatonnellate per tornare ad una situazione precedente all’ultimo secolo ci vorrebbero almeno 66milioni di anni. Le nuove osservazioni e le nuove ricerche hanno incrementato la comprensione dei cambiamenti climatici presenti futuri e passati a partire dal Terzo Convegno U.S. per il clima (NCA3) che è stato pubblicato nel maggio del 2014. Questo Rapporto Speciale sul Clima (CSSR) stato organizzato per cogliere le nuove informazioni, consolidare il corpo scientifico esistente e riassumere l’attuale stato della conoscenza in materia. Prevedere come il clima cambierà nelle future decadi è un problema scientifico molto diverso dalla previsione meteo settimanale. Il cambiamento climatico significa che il meteo (che ha le sue caratteristiche specifiche di tempo e luogo) stanno cambiando in una direzione ben netta di decade in decade. Il mondo si è surriscaldato (secondo una media globale ed annuale della temperatura di superficie) di circa 0.9 °C negli ultimi 150 anni (1865-2015), e la non uniformità del riscaldamento a livello di spazio-tempo ha creato qualche difficoltà nella stima della temperatura della Terra. In questo particolare momento storico è evidente che ci sono stati dei problemi di cambiamento del clima diffusi dalle cime delle montagne ai fondali oceanici. Migliaia di studi condotti da decine di migliaia di scienziati in tutto il monderanno documentato i cambiamenti sulla superficie, sull’atmosfera e delle temperature oceaniche. Si sciolgono i ghiacciai, scompaiono le nevi perenni, si staccano porzioni di calotta artica nel mare, il livello del mare che aumenta e così anche il livello di vapore acqueo nell’aria. In molti casi dimostrati si nota che la causa primaria di tali cambiamenti sono le attività umane, specialmente le emissioni gassose. Negli ultimi anni abbiamo anche raggiunto il record relativo di temperature calde, ovvero abbiamo avuto gli anni già caldi stabilendo record globali.
Temperature globali in crescita
Le osservazioni della temperatura a lungo termine sono molto più consistenti e mostrano chiaramente dei dati che indicano l’evidenza del riscaldamento globale. Le temperature influenzano la produzione agricola, il consumo energetico, la salute umana, le infrastrutture, gli ecosistemi naturali e molti altri aspetti essenziali della società e dell’ambiente naturale. Le stime di aumento delle temperature indicano che nei prossimi decenni avremo un pianeta molto più caldo degli ultimi 1700 anni. Per quanto concerne i dati osservati in passato possiamo notar che al 1951 al 2010 si è avuto un surriscaldamento globale di circa 0.65 °C solo in questo periodo. Quindi è estremamente probabile che tale aumento delle temperature globali a partire proprio dal ’51 sia dovuto alle interferenze di origine antropica, perché, sempre secondo tali studi, il processo naturale di surriscaldamento nella stessa porzione di anni sarebbe stato molto più basso. Per variazioni naturali si intende El Nino ed altri fenomeni ricorrenti di interazioni oceano-atmosfera che hanno però un impatto sul clima su una scala corta temporale ed oltretutto hanno un’influenza che si evidenzia soprattutto a livello regionale se parliamo di lungo termine (decenni o più). Per gli Stati Uniti e così come per il globo, l’aumento delle temperature previsto a breve termine saranno di almeno 1.4°C e sono proiettate nei prossimi decenni, con la variabile di una significante riduzione delle emissioni future, ciò significa che le temperature che sono state record degli ultimi anni diventeranno relativamente comuni nel prossimo futuro. Sempre considerando uno scenario a batto impatto a livello di emissioni, ma prendendo un lasso temporale più ampio possiamo vedere come la stima del surriscaldamento globale possa aumentare di circa 4.8°C nel 2100.
I ghiacci si stanno sciogliendo
Le persone che vivono in Alaska si trovano su quello che potremmo definire un fronte geografico influenzato pesantemente dal cambiamento climatico. In questo luogo e nell’Artico, sia sulla superficie che nell’aria l’aumento delle temperature è due volte più veloce rispetto alla media globale. Il sistema climatico è strettamente interconnesso: ciò vuol dire che i cambiamenti nell’Artico influenzano le condizioni climatiche al di fuori dell’artico. L’aumento delle temperature in Alaska sta causando una riduzione del Permafrost che sta diventando molto più rado; questi cambiamenti sono causati dal rilascio delle diossine del carbone e del metano derivante dalla decomposizione di materiale organico che in precedenza era congelato. A ciò si devono aggiungere le emissioni gassose globali che necessariamente sono in testa alle cause del cambiamento climatico. La dispersione di ghiacci Artici nel mare e l’assottigliamento della superficie ghiacciata della Groenlandia stanno accelerando e l’Alaska vede i suoi ghiacciai perenni che continuamente iniziano il processo di scioglimento: il ghiaccio sulla costa alaskiana supera le stime della media dell’Artico. Le attività antropiche hanno contribuito a tale riduzione della presenza di iceberg e di ghiacci sulla territorio. Tale scioglimento dei ghiacci nell’Artico sta avvenendo molto più velocemente che in passato: le tendenze dicono che ci si dovranno aspettare delle estati molto più lunghe che potrebbero causare la scomparsa di ghiacci dall’Oceano Artico a partire dalla prossima metà del secolo.
Le scelte di oggi decisive per l’impatto climatico futuro
Come detto in precedenza le attività umane sono la causa principale dei cambiamenti climatici osservati. Per questo motivo le proiezioni future sono basate su uno scenario in cui le emissioni di gas serra continueranno ad influenzare il clima in questo secolo ed oltre. Nel 2016 sono stati fatti passi importanti per limitare i futuri cambiamenti climatici: l’accordo di Parigi; un trattato per la riduzione l’emissione di CO2 riguardanti le Aviazioni Civili Nazionali ed un accordo per cessare le emissioni di idrofluorocarburi (HFC) sotto l’egida del protocollo di Montreal. Nonostante queste riduzioni pianificate di gas serra c’è ancora uno stato di incertezza sulle emissioni dovute ai cambiamenti economici, politici e demografici. Per questo motivo questo report quantifica i possibili cambiamenti climatici secondo dei parametri considerati fino alla fine del secolo. Gli studi mostrano un ritardo significativo nelle azioni di riduzione delle emissioni di CO2 e della sua conseguente concentrazione nell’atmosfera, che ovviamente contribuiscono al surriscaldamento della superficie terrestre: ciò vuol dire che i cambiamenti climatici a breve termine sono in gran parte determinati dalle emissioni di gas serra passate e presenti, modificate dalle variabili annuali. Limitando l’aumento della temperatura globale a 2°C attraverso la riduzione necessaria delle emissioni di CO2 dei comparti industriali e preindustriali rispetto alle medie odierne. Ciò vuol dire che bisogna mantenere le emissioni globali di anidride carbonica al di sotto delle 1000 Gigatonnellate di Carbone . Mantenenedo questo standard l’obiettivo dei 2°C si potrebbe ottenere entro il 2051 ed il 2065. Se invece le emissioni di CO2 fossero ridotte sotto le 400 Gigatonnellate la soglia si raggiungerebbe entro il periodo 2043-2050. Osservando le accelerazioni nelle emissioni di anidride carbonica negli ultimi 15-20 anni influenzano pesantemente lo scenario futuro; dal 2014, il tasso di crescita a livello di crescita economica è rallentato, ma non corrisponde a quello delle emissioni e quindi di conseguenza non ci sono i requisiti per raggiungere la stabilizzazione del clima tra l’1.5°C e i 2°C come previsto dagli obiettivi di Parigi. Continuando con la crescita delle emissioni di CO2 attraverso questo secolo ed oltre ci porteranno ad una concentrazione di questa sostanza mai provata in molti milioni di anni. Allo stato attuale anche se stimassimo le emissioni date per circa 10 GtC all’anno potremmo tornare alla situazione precedente a questo secolo solo tra 66 milioni di anni.