Nei beni confiscati osterie sociali, centri diurni, laboratori. Erano attività in mano ai boss, oggi sono luoghi di aggregazione, formazione e lavoro
ROMA – Ristoranti, centri diurni, bar, laboratori: nei beni confiscati alla mafia e affidati alle associazioni che si occupano di disabilità sono tante le attività realizzate. Da Milano a Napoli, la sfida è la stessa: diventare punto di riferimento per la comunità e per chi vive la disabilità in quella comunità. Se ne parla nell’inchiesta “Semi di convivenza nelle terre del boss”, pubblicata sul numero di luglio del Magazine SuperAbile–
Il cortile de “La Tela”, l’osteria sociale di Rescaldina, vicino Milano, arredato con oggetti nati dal recupero di materiali destinati alla discarica |
Come accade a Rescaldina, comune di 14mila persone nella cintura metropolitana di Milano. Qui c’è un ristorante che utilizza principalmente prodotti provenienti dalla filiera equo solidale, a chilometro zero e da agricoltura biologica e dove, soprattutto, si realizzano progetti di inserimento professionale di giovani con disabilità, attraverso corsi mirati e l’impiego di alcune persone con sindrome di Down. Si chiama “La Tela – Osteria sociale del buon essere”, è gestito da una rete di cooperative, gruppi d’acquisto solidale e associazioni del territorio e dà vita (fra le tante cose) a progetti educativi, formativi e di autonomia per ragazzi con disabilità intellettiva, oltre che a iniziative per sensibilizzare l’opinione pubblica sui diritti delle persone più fragili. Un’attività, quest’ultima, resa possibile dal fatto che il locale è diventato nel tempo anche un centro di aggregazione e di promozione sociale e culturale, con incontri, biblioteca, sperimentazioni, gioco e divertimento, presentazioni di libri, testimonianze, musica dal vivo. In quello che era un ristorante (tradizionale) anche prima di essere sequestrato alla ’ndrangheta (era il 2010), oggi sono occupate a tempo indeterminato complessivamente dieci persone e tre di queste sono disabili. “Fin dall’apertura – evidenzia Giovanni Arzuffi, portavoce di Arcadia, la cooperativa che gestisce “La Tela” – lavora con noi come cameriera una ragazza con sindrome di Down, mentre un’altra persona con disabilità fisica lavora in cucina e una terza con anche problemi psichici è impiegata nelle pulizie. Inoltre attualmente abbiamo un’altra ragazza con una lieve disabilità intellettiva che lavora anche lei come cameriera con un contratto regionale Garanzia Giovani: a fine percorso prevediamo anche per lei l’assunzione a tempo indeterminato”. Numeri importanti per una realtà piccola che “si impegna ogni giorno credendo fortemente nella possibilità di dare lavoro a persone svantaggiate” e che punta a “essere un luogo di socialità e di condivisione e uno spazio dove nascono e si sviluppano le idee”.
Alcuni componenti della squadra de “La Tela”, l’osteria sociale di Rescaldina, vicino Milano |
Lasciamo “La Tela”, con i suoi menù del giovedì con panino e birra artigianale a nove euro, o i suoi primi piatti tutti da gustare (non perdetevi le tagliatelle al cacao con menta e burro al peperoncino o gli gnocchi con salsa di pomodoro crudo, crema di bufala e acciughe del Cantabrico: ne vale la pena), e torniamo verso Sud, destinazione Napoli. Ad aspettarci c’è uno di quei panorami che non dimentichi, con il Vesuvio laggiù in fondo in tutta la sua maestosità e una villa che svetta sulla collina di Posillipo. Prima della confisca apparteneva al boss Michele Zaza, poi è stata assegnata a più realtà del territorio, che ne hanno trasformato la destinazione e l’hanno resa un simbolo della città. Si chiama “La Gloriette” e da alcuni anni è diventata un punto di riferimento per le famiglie con figli disabili del territorio: è una struttura sociale diurna e polivalente, che accoglie ogni giorno persone con problemi di autonomia e integrazione sociale, in particolare giovani con disabilità. Ha funzioni educative, ludico ricreative, di socializzazione e animazione. Tra le attività previste, percorsi di autonomia e cura della persona individuali e di gruppo, attività didattiche, laboratori, iniziative culturali, percorsi di orientamento, laboratori professionalizzanti, tirocini lavorativi esterni, iniziative di incontro, festa, relax, confronto in autogestione. “Di fatto – raccontano i responsabili della cooperativa sociale L’Orsa Maggiore – La Gloriette è una casa sociale in cui le persone si sentono accolte e riconosciute. Qui ciascuno può attivare un circuito virtuoso tra autonomia personale e capacità di prendersi cura di sé e di essere protagonista, in un contesto segnato dall’accoglienza, dalla solidarietà, dalla legalità”.
Viene favorita la vita indipendente, si punta a mantenere e migliorare le abilità cognitive dei ragazzi e a ridurre i loro comportamenti problematici, si sostengono le famiglie nel loro lavoro di cura, riducendo l’isolamento anche con percorsi di auto mutuo aiuto fra nuclei familiari. I percorsi sono individuali e permettono ai ragazzi di crescere nelle loro competenze anche in funzione di un possibile inserimento lavorativo. Un’attenzione a tutto tondo, insomma, che si nota nei progressi compiuti dai tanti giovani. Come Marco, 26 anni, un ritardo nell’apprendimento e vari problemi di linguaggio: taciturno e chiuso, con il tempo si è inserito nel gruppo dei pari sviluppando la voglia di riscattarsi in una società che lo ha a lungo emarginato ed etichettato come diverso. I genitori raccontano i piccoli e grandi progressi dei figli: “È migliorato nella lettura e nella comprensione dei testi, presta maggiore attenzione all’ambiente circostante, ha fatto le sue prime amicizie, manifesta le sue emozioni, si prepara autonomamente alcune pietanze, è diventato più sicuro, si prende maggiormente cura di sé, si sveglia da solo per uscire, partecipa alla gestione della casa, fa da solo il tragitto verso il centro e ritorno”, e così via, in un collage di buone esperienze che restituiscono l’importanza giornaliera di una realtà come “La Gloriette”.
Un po’ come succede (e riprendiamo ancora una volta la strada per Milano) in un locale quasi di fronte alla Chiesa vecchia di Baggio, periferia Sud Ovest della città. Qui un’edicola di giornali nascondeva un’attività molto più redditizia: nel retrobottega e nella cantina venivano stoccati chili di cocaina, arrivati dalla Colombia, per quello che rappresentava uno dei nodi di un gigantesco traffico internazionale di droga e dollari gestito dalla ’ndrangheta. Oggi l’ampio negozio di via Ceriani, confiscato al boss Umberto Orio, ha cambiato volto: ogni pomeriggio è un vivace, colorato e chiassoso laboratorio per giovani con disabilità o per ragazzini che hanno bisogno di un aiuto per i compiti di scuola. Nel 2011 il Comune di Milano, tramite un bando, l’ha assegnato all’associazione Il Balzo. “Era in buone condizioni, ma abbiamo dovuto fare ampi lavori di ristrutturazione per adattarlo alle nostre esigenze, soprattutto per ricavarne una cucina professionale”, spiega Paolo Basile, presidente dell’associazione. E così ogni giovedì questi due locali dalle pareti arancioni e bianche diventano il temporary “BarBalzo”, con aperitivi preparati e serviti dai giovani disabili che partecipano alle attività pomeridiane.Due sabati al mese, poi, apre i battenti il “RistoBalzo”: cena con menù fisso, gradita la prenotazione. “I laboratori e queste due attività consentono ai nostri ragazzi di diventare autonomi: imparano a fare la spesa, a cucinare, a pulire. Da poco tempo abbiamo anche un orto – dice il presidente -. Non abbiamo mai avuto particolari problemi, nessuna minaccia o danneggiamento: sia agli aperitivi che al “RistoBalzo” stanno venendo sempre più persone del quartiere”.
Alcuni protagonisti del “RistoBalzo” di Milano |
L’associazione Il Balzo è nata nel 1994 per iniziativa di un gruppo di operatori che già lavoravano nel mondo della disabilità. Oggi l’associazione è gestita insieme a 14 famiglie di giovani disabili e può contare sul lavoro di dieci educatori e una trentina di volontari. “Le famiglie raggiunte con i nostri servizi sono di più, circa 50 – aggiunge Basile -. I ragazzi con disabilità sono quasi tutti ventenni. E oltre alle attività di laboratorio, organizziamo esperienze di alcuni giorni di residenzialità leggera in appartamento. Sempre nell’ottica di dar loro l’opportunità di acquisire la capacità di essere autonomi”. L’insegna del Balzo e le magliette bianche con la scritta “Always love”, indossate dai ragazzi e dai volontari, restituiscono a Baggio un angolo di legalità. “Partecipiamo ogni anno al Festival dei beni confiscati, durante il quale è possibile visitare la nostra sede e conoscere le attività che proponiamo. E con Libera ospitiamo scolaresche per laboratori sulla legalità. Uno dei giochi che proponiamo è quello di progettare l’uso di un bene confiscato: dagli studenti vengono fuori spesso idee molto interessanti. E prendono così coscienza che la lotta alla criminalità è una questione che riguarda tutti”.
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