Cicloni, cambiamento climatico e speculazione immobiliare: il caso Harvey
di Daniel Tanuro, traduzione Franco Turigliatto
Sette morti e un disperso è il bilancio provvisorio della bomba d’acqua che ha colpito Livorno questa notte. Su Roma, poche ore dopo sono caduti cento litri d’acqua per metro quadrato in un’ora seminando il caos in una città cronicamente senza manutenzione. Dall’altra parte dell’Atlantico, a pochi giorni dal terribile ciclone Harvey che ha allagato e distrutto una intera contea del Texas, un’altra terribile calamità, il ciclone denominato Irma, sta seminando morte e distruzione nelle isole dei Caraibi, avanzando verso le coste della Florida e su Miami.
Gli effetti terrificanti dei cambiamenti climatici che portano all’estremo i fenomeni atmosferici si mostrano in tutta la loro drammaticità, mettendo sotto accusa governi e classi dominanti che per sete di profitto continuano a posporre nel tempo le misure indispensabili coordinate su scala internazionale per ridurre il riscaldamento terrestre.
La stessa logica che riusciamo a leggere nella tragedia di Livorno. Segnala da Livorno Otello Chelli: «Cinquant’anni fa, una inondazione aveva già colpito l’area dove quattro livornesi hanno tragicamente perso la vita. Perché è accaduto di nuovo? In questi cinquant’anni abbiamo strariempito le nostre colline e l’intero territorio da agglomerati di palazzi, ville e villini, con una speculazione spaventosa. Tutti gtli anni paghiamo la tassa per bonificare il territorio, ma poco o niente si fa. Continuare a subire, se non contenti, ma in silenzio, è il peggior delitto che una comunità possa compiere».
Popoffquotidiano rilancia questo articolo di Daniel Tanuro dal sito belga “La Gauche” che esamina la natura e la dimensione dei cicloni, ma anche la logica distruttiva della speculazione immobiliare esemplificate in modo particolare nel caso di Harvey.
La contea di Harris County, nel Texas, ha 4,5 milioni di abitanti. Un terzo della sua area è finito sotto l’acqua a causa del ciclone Harvey. La città di Houston assomiglia ad un arcipelago di isole in mezzo ad un’immensa palude di acqua fangosa. In alcuni quartieri le onde sono salite al primo piano delle case. Si contano decine di morti, ma questo numero non sarà definitivo finché le acque non si saranno ritirate. Decine di migliaia di persone sono senza tetto. Il danno è enorme, molte persone sono rovinate, soprattutto quelle dei settori sociali più poveri.
La violenza crescente dei cicloni
I cicloni si formano sull’oceano nelle regioni tropicali. La loro forza, la velocità con cui cresce questa forza nonché la quantità di acqua che trasportano sono tre variabili che dipendono dell’evaporazione sulla superficie del mare, quindi anche dalla temperatura dell’acqua. Nel Golfo del Messico, alla fine dell’estate, l’acqua oggi è di un grado Celsius più calda di quanto lo fosse 30 anni fa. I cicloni tendono quindi ad essere più violenti e si rafforzano più rapidamente. Tanto più sono violenti, tanto più sono in grado di “succhiare” grandi quantità di acqua e trasportarle nell’atmosfera (che è di per sé più umida a causa del riscaldamento).
Harvey purtroppo illustra la tendenza al rafforzamento dei cicloni. La velocità delle punte più alte del vento è aumentata almeno 55 km/h nel giro di 24 ore (Harvey è un ciclone di forza 4 ciclone secondo la scala Saffir-Simpson, che prevede 5 livelli). Venerdì 1 settembre la velocità è passata molto rapidamente da 96 a 193 km/h prima di raggiungere 210 km/h. La quantità di acqua riversata è stata spaventosa: più di 120 centimetri d’acqua sono caduti in pochi giorni sulla regione di Houston. E non è finita: la Louisiana è toccata a sua volta.
Una volta che un ciclone raggiunge la terraferma, la sua forza tende ad indebolirsi e si trasforma in tempesta tropicale. Nel caso di Harvey, la dimensione della catastrofe è stata ancora più grande perché la tempesta è rimasta praticamente immobile, bloccata tra due zone di alta pressione che la spingevano in direzioni opposte. (Alcuni scienziati del clima ritengono che tale situazione sia correlata anche al cambiamento climatico, ma è ancora un’ipotesi.) Quindi le cascate d’acqua sono precipitate sulla contea di Harris per giorni. A causa della stabilità della tempesta, si è prodotto anche un fenomeno di “feedback positivo”: a contatto con il terreno caldo, la pioggia evaporava e rialimentava il cielo di nuove riserve d’acqua.
E’ un effetto del cambiamento climatico
La gravità del disastro è perfettamente in linea con le proiezioni scientifiche sugli effetti del cambiamento climatico. Kerry Emanuel, professore di scienze atmosferiche presso il Massachusetts Institute of Technology, ha confrontato l’evoluzione di 6.000 tempeste simulate nelle condizioni del XX secolo e in quelle che si produrrebbero alla fine del XXI secolo se l’effetto serra continuasse ad aumentare. La sua conclusione: nello scorso secolo la probabilità che un ciclone guadagnasse più di 55 km / h nelle 24 ore che precedono il suo arrivo sulla terraferma era una in cento anni; nei prossimi decenni questo fenomeno potrebbe invece essere osservato ogni 10 anni.
Un altro ricercatore, Michael Wehner, del Dipartimento dell’Energia, Laurence Berkeley National Laboratory, stima che l’aumento della temperatura a causa del cambiamento climatico antropico provochi almeno un aumento del 10-15% nelle precipitazioni a carattere ciclonico. Ma questo potrebbe essere molto maggiore se il riscaldamento antropico si dovesse combinare con altri fattori quali la variabilità naturale del clima. In questo caso, ha detto, le precipitazioni potrebbero aumentare del 50%, o addirittura di più (1).
Le proiezioni sulla frequenza dei cicloni violenti sono confermate dalle esperienze osservate. Secondo i criteri definiti dal Dipartimento di controllo delle alluvioni della contea di Harris, la regione, tra il 1998 e il 2016 ha conosciuto otto tempeste straordinarie. Cinque di queste sono state considerate avere una sola probabilità su cento di prodursi nel corso di un anno. Le altre tre erano considerate ancora meno probabili. Nel 2016, Houston ha sofferto l’inondazione due volte: da una tempesta del primo tipo a maggio e da una del secondo tipo ad aprile … (2).
Trump, un piromane sulla scena dell’incendio
Donald Trump ha cercato di approfittare di Harvey per distogliere l’attenzione dei cittadini dai suoi problemi: le ricadute dei fatti di Charlottesville, le sue pericolose rodomontate contro Kim Jung Un ed altro… Prima dell’arrivo del ciclone, dalla Casa Bianca, ha moltiplicato le dichiarazioni e le promesse di sostegno. Martedì 29 agosto, è andato con la moglie e almeno altri sei membri della sua amministrazione, (tra cui il generale Kelly, il suo capo di gabinetto), non a confortare le vittime che non ha nemmeno visitato, ma per mettersi in bella mostra.
Trump sulla scena di una catastrofe climatica, è un po’ come un piromane che viene a contemplare il suo incendio. Megalomane e narcisista il Presidente nazional-populista vuole entrare nella storia per la sua risposta esemplare (secondo lui!) alla catastrofe di Houston, che lui qualifica come “naturale”. “Vogliamo fare meglio che mai”, ha detto. “Vogliamo essere considerati tra cinque anni, tra dieci anni, come modello di quel che si deve fare”. (3)
Trump entrerà invece nella storia come il modello di quel che non si deve fare. In primo luogo, perché nega la realtà del cambiamento climatico. In secondo luogo perché ha denunciato l’accordo sul clima di Parigi (anche se totalmente inadeguato, questo accordo ha il vantaggio di fissare un obiettivo: massimo 2 ° C di riscaldamento e di “continuare gli sforzi per non superare l’1,5 ° C “). In terzo luogo perché fa di tutto per rilanciare l’estrazione del carbone e per sostenere quello delle sabbia bituminose del Canada (rilancio delle pipelines Keystone XL e Dakota). In quarto luogo perché vuole tagliare i finanziamenti pubblici ai ricercatori che lavorano sul riscaldamento globale. In quinto luogo perché si commuove davanti alla città di Houston, ma non si preoccupa dei disastri climatici altrettanto gravi nei paesi del Sud, come nelle Filippine (che non hanno quasi alcuna responsabilità per il riscaldamento). (4)
Non toccare il settore immobiliare
Ma la catastrofe di Houston mette in evidenza una seconda ragione per cui Trump è l’opposto di un modello: la sete di profitto dei padroni del settore immobiliare, di cui lui stesso fa parte. La speculazione e la cementificazione hanno raggiunto il loro massimo sviluppo nella contea di Harris, come nella maggior parte delle zone costiere. Si è costruito nel 30% delle zone umide tra il 1992 e il 2010. Le superfici impermeabilizzate a seguito dello sviluppo immobiliare sono aumentate del 25% tra il 1996 e il 2011 (2). I biotopi in grado di assorbire le precipitazioni sono ampiamente distrutti, le acque di dilavamento si gonfiano e traboccano la capacità dei sistemi di evacuazione inondando i quartieri.
Una regolamentazione rigorosa sarebbe necessaria per prevenire – per quanto possibile – che l’aggravamento delle catastrofi non si congiunga al peggioramento degli effetti – ancor più pericoloso che la regione sia zeppa di aziende petrolchimiche molto inquinanti! Ma il Dipartimento di controllo delle inondazioni della contea di Harris non vuole sentire: i suoi funzionari negano la tendenza al peggioramento dei cicloni. Essi denunciano l’agenda “anti-sviluppo” degli scienziati e delle associazioni per la difesa ambientale. E’ una ben strana cecità. Ma bisogna dire che le somme di denaro in gioco sono astronomiche e capaci, chissà, di corrompere molti funzionari …
Nel giugno 2001, la tempesta tropicale Allison aveva precipitato quasi un metro d’acqua su Houston in cinque giorni; 73.000 case erano state inondate. Più della metà si trovavano in aree dove la probabilità di inondazioni era inferiore a 1/100 all’anno. Erano morte 22 persone e i danni erano stati pari a 5 miliardi di dollari. Era un avvertimento. Non si è voluto intenderlo: i progetti immobiliari hanno continuato a crescere come i funghi … soprattutto nelle aree devastate da Allison. A beneficio dei vampiri alla Trump, che negano i cambiamenti climatici e protestano contro “regolamenti distruttivi dell’occupazione”.
Avete detto “lotta di classe”?
Ogni disastro determina una caduta temporanea dei prezzi degli immobili nelle aree colpite. I Gli imprenditori si precipitano per fare affari buoni. Ovviamente contano sul fatto che il mercato ben presto tornerà in rialzo garantendo loro dei bei profitti.. È un ciclo infernale perché ognuna di queste ondate di investimenti immobiliari ha significato sia un aggravamento della segregazione sociale (contro i lavoratori, i Neri, le donne) sia un aumento delle superfici impermeabili, quindi una maggiore sensibilità della regione alla crescente violenza dei cicloni con una moltiplicazione delle catastrofi.
Prima o poi, tuttavia, questa concatenazione comporterà un crollo duraturo del mercato nelle zone costiere più esposte. Cosa faranno allora gli imprenditori e gli assicuratori? Cambieranno la loro area di intervento per soddisfare le richieste dei ricchi di vivere in sicurezza su zone più elevate … A Houston, questi sono quartieri come Little Haiti e Liberty City, abitati da lavoratori a basso reddito, con un’elevata percentuale di neri e donne (5). Come a New Orleans dopo Katrina, i poveri saranno i capri espiatori della farsa. Avete detto “lotta di classe”?
Una versione di questo articolo è uscita su anticapitalista.org
(1) Come il cambiamento climatico probabilmente ha aumentato la furia di Harvey, National Geographic, 28/8/2017.
(2) Boomtown, Flood Town, The Texas Tribune e ProPublica, 6/12/2016.
(3) Trump annuncia una risposta vigorosa dopo aver visto la devastazione di Harvey, The Hill, 29/8/2017.
(5) Come il cambiamento climatico potrebbe rallentare i prezzi immobiliari statunitensi, The Guardian, 29/8/2017
accordo di parigi, tempesta tropicale, speculazione immobiliare, texas, filippine, katrina, houston, lotta di classe, tanuro, allison, ecosocialismo, charlottesville, caraibi, meteo, maltempo, bombe d’acqua, clima, climate change, trum, irma, harvey, usa, florida, cuba,