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Romaeuropa 17, per capire dove siamo

Al via i cento giorni di Ref 17. Fino al 2 dicembre, 300 artisti in un potpourri di musica, arte, danza e teatro. Per capire dove siamo e dove andiamo

di Maurizio Zuccari

Madre, di Azzurra De Gregorio

Rieccolo. Puntuale come una sagra d’autunno, ma ben più ricco di suggestioni e contaminazioni, torna il Romaeuropa Festival. I cento giorni d’una rassegna tra le più eclettiche e cosmopolite d’Italia prendono il via oggi con una serie di eventi nei luoghi della cultura capitolina. Fino al 2 dicembre circa 80 progetti e 60 spettacoli, senza contare le mostre, di cui sette prime, frutto dell’impegno di un pattuglione di 300 artisti provenienti da 32 paesi, lo stesso numero di questa edizione del Ref 17.

Ce n’è per tutti i gusti e le tasche. Da Sasha Waltz a Dada Masilo che aprono – letteralmente – le danze, nei teatri Argentina e India, a Sidi Larbi Cherkaoui e Jan Fabre che le proseguono. Eppoi viavia con mostri sacri del teatro di narrazione quali Ascanio Celestini e Marco Paolini, con mostri scenici tout court come Alessandro Baricco e Roberto Herlitzka, in un potpourri d’arte e teatro, musica e danza. All’insegna dei linguaggi più contemporanei e disparati ma con un comune denominatore che spicca sul castello di carte del logo biancogiallo, fin nel titolo di Ref 17: Where are we now? Dove siamo, ma soprattutto Quo vadis, dove stiamo andando. «Solo gli artisti possono offrire risposte alla contemporaneità – dice Fabrizio Grifasi, direttore della fondazione Romaeuropa – come racconta lo spot Rai per questa 32esima edizione (www.youtube.com/watch?v=vEdp7VVN7g4). Le loro opere compongono una mappa del presente, fragile come il castello di carte della nostra immagine di quest’anno, ma non per questo meno ambiziosa, oltre le categorizzazioni estetiche».

Opere che si collocano nello spirito del nostro tempo, lo attraversano ma lo plasmano, pure, con quella capacità che ha l’arte – quando non è mera fuffa o passatismo – d’anticipare il futuro, disvelandone i grandi temi più che offrendo risposte. Così, l’anteprima nazionale della coreografa tedesca Sasha Waltz, che torna con Kreatur all’Argentina (dal 20 al 23), offre una dimensione catartica all’oggi in preda a drammi e fobie, forte degli abiti – vere e proprie sculture – realizzati da Iris van Herpen e delle luci curate da Urs Schonebaum. Non meno forte è l’impianto di Nachlass, altra prima nazionale – all’India dal 21 al 23 – dei Rimini Protokoll (Stefan Kaegi e Dominic Huber), dove tema dominante è la morte, con otto persone reali a raccontare il loro trapasso, e ricordare che dopo ogni morte la vita continua, in qualche modo.

Ma ogni artista andrebbe citato, ogni performance registrata per comporre il puzzle di voci in grado di capirci qualcosa sulle carte di questo nostro castello, prima che il vento le spazzi via.

A capocchia di spillo, come una manciata di semi gettati su un campo fresco d’aratro, si possono citare Azzurra De Gregorio con Madre e Giuliano Scarpinato con Se non sporca il mio pavimento, un melò ispirato a un recente fattaccio di nera (entrambi al Macro ai primi d’ottobre). Kroll Roger, opera di Szymanowski diretta da Pappano, in forma di concerto e proiezioni video dei Masbedo, che inaugura la stagione sinfonica all’Accademia di Santa Cecilia. L’immaginifica Allegoria sacra del quartetto di videoartisti russi Aes+f e Kizart, la videoarte per bambini (entrambi dal 7-10 al 7-1-18 al Palaexpo). Baricco è al Macro, con Nicola Tescari e Dario Voltolini, per il nuovo spettacolo Pacific Palisades (12-22 ottobre), Celestini al teatro Vittoria con Pueblo (dal 17 al 29), ancora una prima. Come pure Geek Bagatelles di Bernard Cavanna, che rielabora la IX di Beethoven con le musiche dell’Orchestra sinfonica abruzzese e del coro di smartphones degli studenti del liceo Gullace Talotta di Roma, all’Auditorium il 13 ottobre. Lisa Ferlazzo Natoli e Gianluca Ruggeri ricostruiscono un percorso multimediale attorno alla Rivoluzione d’Ottobre in Les Adieux!, a fine mese al Macro.

A novembre è la volta di Paolini all’Auditorium con #Antropocene. Di Herlitzka sempre con l’Orchestra d’Abruzzo al Vittoria per l’ultima parte del lavoro a cui ha dedicato una vita, il De rerum natura di Lucrezio tradotto in terzine dantesche. E di Julien Gosselin al Vascello con Le particelle elementari di Michel Houellebecq. Si chiude, il 2 dicembre, con Massimo Bergamasco e il performer Stelarc che imbastiscono al Palaexpo due chiacchiere sul presente che trova difficile darsi un futuro. Info e programma dettagliati su romaeuropa.net.

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