Sinistra, Repubblica annuncia la nascita della Linke italiana e affossa il Brancaccio. Il Corriere della sera fa litigare D’Alema e Tabacci. Acerbo: è solo un centrosinistra bonsai
di Checchino Antonini
Prima venne “facciamo Syriza anche qui”, dimenticandosi che Syriza, in realtà, era nata sull’esempio di Rifondazione comunista che, in Italia, era riuscita a ricomporre pezzi della diaspora della sinistra, comunista e no, ed entrare in relazione con il movimento dei movimenti. Seguirà il secondo governo Prodi, uno dei peggiori della storia repubblicana, con tanto di voti alle missioni “di pace” e alle finanziarie lacrime e sangue. L’Arcobaleno non servì a riconciliare la terra col cielo come dopo un violento acquazzone ma celebrò l’agonia di quella che fu una sinistra radicale.
Poi venne “facciamo Podemos anche qui”, dimenticandosi che Podemos, nello stato spagnolo, nasceva dalla domanda politica scaturita dall’indignazione di massa, prolungata, contro le politiche dell’austerità e contro la corruzione della vecchia “sinistra” legata al Psoe. In Italia non c’è stata un’indignazione di massa contro le politiche di austerità, i tentativi di una mobilitazione di lunga durata, furono ignorati dal sindacato e castrati dalle parodie di insorgenza che fanno chiamare, ormai, i movimenti col nome dei giorni e non più degli anni.
Ora è la volta di “facciamo la Linke anche qui”, ignorando come nacque in Germania la “coalizione sociale” che avrebbe dato vita alla Linke. Su questo non mi dilungo, c’è un bel volumetto di scorrevole lettura di Alessandro Somma editato da DeriveApprodi. Ma basti pensare che la “coalizione sociale” è stata un’operazione dall’alto pilotata e abortita un paio d’anni fa da Landini.
Repubblica di ieri rivela che lunedì, l’altroieri, s’è tenuta una riunione con Roberto Speranza, segretario Mdp, Pippo Civati per “Possibile”, Nicola Fratoianni di Sinistra Italiana e Ciccio Ferrara di Campo Progressista per Giuliano Pisapia. Lunedì o martedì, nella prossima riunione operativa, ci saranno anche Tomaso Montanari e Anna Falcone, promotori dell’operazione Brancaccio, giovani costituzionalisti che avevano a cuore uno sbocco politico per quelle energie di sinistra che s’erano date da fare per il No al referendum costituzionale. Scrive Giovanna Casadio su Repubblica:
«Tutti insieme per una sorta di Linke con una spruzzata di Spd tanto cara a Bersani e una buona dose ambientalista: è la sintesi di Pippo Civati».
Questo significa che l’ambiguità del Brancaccio è stata sciolta. Affossando il Brancaccio. Mi spiego: la presenza di Gotor, ambasciatore per D’Alema, aveva lasciato parecchie bocche amare e punti interrogativi a chi sperava in un percorso realmente alternativo al Pd e non solo antagonista di Renzi e del ceto politico che ha coagulato. Mdp, andrebbe scritto sulla pietra, è composto da settori del Pd che hanno elaborato e condiviso ogni passaggio delle sciagurate politiche neoliberiste e di austerità dei governi che si sono succeduti dal 2006 in poi. La domanda non sembri impertinente: perché dovrebbero essere questi settori a guidare la sinistra a liberarsi degli effetti tremendi del jobs act e del fiscal compact? Perché dovrebbero tagliare le spese militari e riportare i soldati dall’Afghanistan quando la loro fede bellicista non ha mai tentennato dal ’91 (quando iniziarono le “operazioni di polizia internazionale”, copyright Massimo D’Alema)?
Ma la litigiosità tra leader resta perché l’equilibrio della “Linke” italiana non ha ancora un baricentro e l’incertezza sulla legge elettorale non aiuta. Pisapia smentisce le voci sulla battuta d’arresto, non sarebbe nemmeno la prima, nel processo di unificazione tra Cp e Mdp, quello che si dovrebbe chiamare “Insieme”. L’ex-sindaco di Milano sarà comunque a Napoli alla festa di Mdp nel week end ma i suoi ammettono che i nodi politici da sciogliere restano. Tabacci è al limite dell’insofferenza: «Si rincorrono Fratoianni e il Brancaccio per fare meno della Linke. Dobbiamo fare Melenchon? Io sono più a sinistra di loro, ma non mi interessa».
Il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, si dichiara «non interessato alle smentite di Pisapia» ed annuncia che «il tempo è scaduto, la campagna elettorale di Si è già cominciata». A Napoli, dove è intervenuto alla Festa nazionale di Mdp-Articolo 1, Fratoianni ha aggiunto: «Le smentite di Pisapia non interessano a nessuno. Occorre discutere del Paese che vogliamo e c’è bisogno di mettere al centro l’unica vera emergenza, cioè la disuguaglianza che cresce». Alla domanda se si aspetti una risposta di Pisapia, il segretario di SÌ ha risposto: «Non mi aspetto niente, nemmeno la legge elettorale. Per me siamo già in campagna elettorale e credo che nel giro di pochi giorni sia necessario definire una proposta che non sia pregiudicata da nessuna scelta sulla leadership, sulle priorità programmatiche e su un impegno con gli elettori».
Già, Tabacci. E’ proprio lui a spiegare il Pisapia-pensiero: «Pisapia – ha detto Bruno Tabacci, ex Udc divenuto l’ombra di Pisapia – propone di fare un campo di centrosinistra competitivo. Ma per farlo non si può prescindere dal Pd. Il che non vuol dire riconoscere la leadership di Renzi, ma sfidarlo elle primarie». La pietra dello scandalo è un’intervista di D’Alema che il Corsera ha titolato con un po’ di malizia: «Mai col Pd» e D’Alema ha dovuto smentire a stretto giro ma intanto Tabacci se l’è presa: «Se si va sulla linea di D’Alema se la fanno in pochi. Non ci sta neanche una parte di Mdp: noi siamo ospiti nel gruppo, che doveva essere un passaggio, mentre loro hanno accelerato sul partito. Ma la farsa è finita, non partecipiamo a un percorso per essere annessi nel partito di D’Alema». Ecco la precisazione di D’Alema:
«Io non ho detto ‘mai con il PD’, come d’altra parte risulta anche dal testo dell’intervista, come sempre ben scritta dal collega Cazzullo, che ringrazio. Mi sono limitato a dire che non ci sono, oggi, le condizioni politiche e programmatiche per presentarci insieme alle elezioni… Tuttavia non credo affatto che si debba rinunciare in prospettiva ad un dialogo con il PD per dar vita, in futuro, a un centrosinistra radicalmente innovativo. Questo comporta, come ha detto più volte Giuliano Pisapia, una chiara discontinuità di contenuti e leadership».
Ora del Brancaccio non resta che un simulacro, le assemblee locali che andranno in scena questo week end vorrebbero discutere di programma ma il boccino è saldamente nelle mani dei partiti. Che di per sé non sarebbe un problema se non fosse che sono partiti nati dalla diaspora del Pd: Mdp, Possibile, quella Sinistra Italiana che ha in Fassina (già responsabile Economia del Pd, ai tempi di Monti, e sottosegretario del Governo Letta) uno dei nomi di spicco. E Pisapia, naturalmente, anzi artificialmente visto che è nominato leader della “sinistra” proprio da Repubblica. Di lui si diceva che avesse rinunciato a un secondo mandato da sindaco di Expo, anzi di Milano, proprio in vista di un ruolo nazionale. Così è stato.
Ma così il bisogno di sinistra, ancora più evidente dopo la caduta di qualsiasi illusione nei confronti dei grillini, viene colmato proprio da chi l’ha affossata con la condivisione dei dictat del neoliberismo. Dalla sinistra di testimonianza alla sinistra di falsa testimonianza. D’altra parte, se esistesse un reato ad hoc, nemmeno potrebbero essere incriminati perché a ogni piè sospinto dichiarano di voler rifare nient’altro che il centrosinistra. L’ultima dichiarazione è di Stumpo per conto di Pisapia: «Noi oggi siamo impegnati nella ricostruzione di un nuovo centrosinistra…».
Come se non ne avessimo avuto abbastanza.
Comunque è un fatto che tutta la retorica del Brancaccio, la narrazione, come si usa dire, è risultata effimera come una comparsata in una sagra di paese. Di quell’epopea resterà, probabilmente, qualche candidatura magari a sindaco di Firenze per Montanari. Così si dice.
A crederci sembra essere rimasto solo Maurizio Acerbo, segretario di Rifondazione, comprensibilmente irritato dallo slittamento del discorso:
«Leggo articoli in cui si riferisce della ormai prossima nascita di una sedicente Linke italiana con Pisapia, Bersani, D’Alema. In realtà si tratta di una versione bonsai del vecchio centrosinistra. E’ ridicolo accostare gli Schulz e gli Hollande italiani alle formazioni della sinistra radicale europea che condividono . Più che Linke o Podemos mi ricordano i “marxisti per Tabacci”. E certi tavoli non mi sembra che abbiano molto a che fare con la proposta dell’assemblea del Brancaccio che mirava a riunificare le energie culturali, sociali e politiche della sinistra a partire dalla vittoria del NO al referendum intorno a un programma di radicale rottura e con una modalità partecipativa di ricostruzione dal basso. Noi continuiamo a ritenere quello il percorso da fare e partecipiamo con convinzione alle assemblee che si stanno programmando in tutta Italia. In Italia se non c’è una formazione unitaria delle dimensioni di quelle della sinistra radicale europea è perchè in troppi continuano a lasciarsi egemonizzare dal centrosinistra invece di costruire un’alternativa alle politiche neoliberiste. Dato che nessuna delle condizioni poste da mesi da Sinistra Italiana (alternatività al PD, rottura col governo, parola fine sul centrosinistra) si è concretizzata e anzi l’intera operazione ha sempre più il profilo della proposta che avanzò Pisapia a Piazza S.Apostoli confido che il mio amico Nicola Fratoianni prenda atto che bisogna fare altro riprendendo con convinzione il percorso del Brancaccio.
Tutta questa ambiguità non è indolore: in Sicilia, Rifondazione s’è incastrata in una lista alle regionali con Mdp; a Napoli, proprio mentre scriviamo, è stata annullata la tavola rotonda con il presidente della Giunta campana Vincenzo De Luca ed il governatore della Toscana Enrico Rossi alla festa nazionale di Mdp-Articolo 1 a Napoli. Il capogruppo di Mdp Arturo Scotto ha annunciato dal palco che dopo la contestazione da parte di un gruppo di disoccupati il confronto tra i due governatori non ci sarebbe stato. «Credo che sia stato un errore», aveva cominciato a dire Scotto riferendosi alla protesta dei manifestanti, ma anche il suo intervento è stato interrotto dai fischi e dagli slogan dei disoccupati. Nei giorni scorsi alcuni gruppi della sinistra e centri sociali avevano criticato l’invito rivolto al governatore della Campania per la festa di Mdp. Mdp ha comunque sottolineato che il programma della festa nazionale andrà avanti nei prossimi giorni senza variazioni. Domani pomeriggio sono attesi il presidente del Senato, Grasso, i ministri Franceschini e Delrio, Pierluigi Bersani.
In fondo alla cronaca resta una domanda che l’articolista non può sciogliere ma solo porre: c’è spazio in un contesto del genere per una sinistra non sovranista e non riformista che sia sponda per il conflitto sociale?