Qual è il rapporto tra chi scrive e chi legge? Nulla come la poesia lo ridefinisce ogni volta. Carolina Gregori, al suo esordio con Eretica edizioni, sembra saperlo bene
Su un muro di San Lorenzo poco in vista spicca una scritta: “Il poeta sei tu che leggi”. Nello stesso quartiere romano, da sempre ospitale con i giovani poeti, si aggira spesso Carolina Gregori, classe 1991, che ha appena dato alle stampe “Mosaico” che Eretica edizioni ha inserito nella collana dei Quaderni di poesia.
Popoff ne propone una ricca anticipazione, quattro poesie e una nota dell’autrice che sembra accomunarla al graffitaro anonimo: “Sono le mie feroci creature, ma ora che le ho gettate nel mondo te le affido: sono anche tue.” Perché oltre al potere costituente della scrittura, c’è un potere costituente della lettura. Leggere è una chiamata in correo, un’invenzione a sua volta, una dimensione cruciale della vita interiore.
Le liriche che compongono Mosaico sono ambientate, si spiega in quarta di copertina, “in un tempo senza tempo, in un luogo non-luogo, scritte col sangue sui pendii di un paesaggio talvolta rigoglioso e talvolta riarso, a volte glaciale e spesso infuocato: l’anima. Questo senso di vaghezza, come fosse una voce sfumata ed antica, si ode in ogni verso, ed emerge con forza ad ogni pagina, come fragranza lontana di ruggine, avena e miele. Al lettore non resta che chiudere gli occhi e aprire il cuore, prepararsi al salto nell’ignoto, meraviglioso ed atroce, che ogni viaggio impone”. Viaggio, appunto.
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Falce di luna, ti porto il martello
Falce di luna,
natura alienata,
cattura una stella
la più rossa che c’è
– ‘chè ci guidi
alla liberazione
di Tutti! –
Il martello,
sudore di menti
e fatica di braccia,
io te lo porgo.
Insieme facciamola
Rivoluzione.
Insieme plasmiamo
l’alba nostra
futura e presente!
Tremino i re
e i signori del mondo!
Tremi il fascismo
del Capitale!
Ai nostri piedi
da atroce oppressione
costretti e vessati
dovrà cadere,
ed ogni catena
Aporie insanabili
Chi mi osserva non sa
che anche nel mio
più atroce tramonto
abita un’alba maestosa
e nel tremendo mio
inverno più gelido
vive la primavera più lieve.
Un inferno
di fiamme e demoni
divampa in me.
Non ha tregua.
E fuori
la pace
Non sono poetessa
Non scrivo poesie.
Son loro a scrivere me
incidendomi a fuoco
con inchiostro rosso
di sangue
le carni.
Bulimie
Ho suicidato i miei maestri
ed i poeti tanto amati.
Ho rinnegato Dio
e la mia armatura d’orgoglio.
Ho assassinato chi mi ha generato
con mille lame ingrate.
Ho lacerato a mani nude
la filosofia e tutte le arti.
Ho gettato via tutti i miei amori
ed i sogni.
Sono rimasta sola,
in questo eremo stregato,
chiusa da dentro
in silenzio sommesso
abbandonata a me stessa,
con quel che mi resta
tra le mani nude:
questa maledetta libertà
massacrante,
ed un io svuotato
che non so riempire.