Biscardi, ricordo senza rimozioni del celebre giornalista sportivo appena scomparso
di Enrico Baldin
Dalla pietas umana per il defunto alla beatificazione, in Italia, il passo è corto. Specie se si tratta di personaggi televisivi, anche se hanno trascorso una vita senza infamia né gloria o perché no, nella mediocrità. E’ quel che è accaduto in questi giorni per la morte di un celebre personaggio televisivo, il giornalista e commentatore sportivo Aldo Biscardi.
Certo, come non sorridere per quel suo marcato accento molisano o per certi siparietti divertenti durante il suo Processo? O per l’imbarazzo di alcune “forzature” esautorate al fine di dimostrare che quell’arbitro ha sbagliato, o che quel modulo per la Nazionale non va bene, o che si doveva far giocare Roberto Baggio. E’ normale che lo si voglia ricordare anche per questo, o per la sua storica convinzione – condivisibile o meno – di avere la moviola in campo.
Ma Aldo Biscardi non è stato solo questo. Innanzitutto le sue trasmissioni erano quelle della polemica continua, anche gratuita, inutile ed immotivata. Se in Italia il calcio è vissuto con passione e coinvolgimento, Biscardi era quello dell’esasperazione, della polemica sempre e comunque, a tutti i costi. Era il rappresentante del calcio che più che un gioco era affar di Stato. Il capostipite di questo modo di parlare e di raccontare il calcio italiano, quello che accarezza gli istinti più bassi dei tifosi, che porta ad autoassolvere una squadra od un gioco, perché la sconfitta avviene per mano di scelte arbitrali. Fa comodo sentirselo dire e magari alza anche gli ascolti alimentare polemiche, retro pensieri e cultura del sospetto.
Che poi, in quanto a cultura del sospetto, Biscardi era maestro nelle parole e anche nei fatti. E ciò che emerge dalla sua figura durante lo scandalo Calciopoli ne è conferma. Un affare piuttosto vasto che portò ad un bel numero di condanne tra dirigenti sportivi, arbitri, società, designatori arbitrali. Una mega cupola in cui erano coinvolti anche alcuni giornalisti compiacenti col sistema di cui si riteneva Luciano Moggi fosse il capo. E’ qui che spuntò il nome di Aldo Biscardi, il quale – nelle telefonate intercettate – risultava essere subordinato ai voleri di Moggi. A pari merito con l’ex arbitro Baldas, che per la trasmissione di Biscardi curava la moviola, o meglio “la supermoviola dal giudizio inappellabile” come la denominava Biscardi stesso. Una specie di macchina della verità su episodi dubbi avvenuti nei campi di gioco che veniva usata anche per accondiscendenza alle volontà di Moggi e Giraudo. «Dovete dire che Paparesta va sospeso» disse Moggi a Biscardi dopo il famoso Reggina- Juve in cui vinsero i calabresi e il direttore di gara venne “sequestrato” in spogliatoio dall’allora dirigente bianconero. E puntualmente Biscardi ad eseguire, inferocito contro l’arbitro, indegnamente prono e servile verso il d.g. bianconero. Tutto testimoniato dalle intercettazioni ambientali, compresi i segni di riconoscimento che Moggi garantiva al giornalista molisano (un orologio da 40mila euro, parola di Moggi sempre a telefono).
Ma Biscardi è anche una dimostrazione della gerontocrazia regnante in Italia. L’ormai ottantenne giornalista dopo essersi fatto da parte durante il processo – stavolta fatto a lui – si rifà vivo. Ancora di lunedì, ancora a processare e polemizzare per diversi altri anni. Non sia mai che alla nona decade di età si venga messi da parte dando spazio a giornalisti più giovani, magari più capaci e più indipendenti. Del resto questo paese, anche sul versante sportivo, aveva e ha ben di meglio da offrire.