Sinistra, il treno di Renzi, gli equivoci del Brancaccio. Acerbo (Prc): «L’Italia è l’unico paese dove i “socialiberisti” monopolizzano sia lo spazio del governo che quello dell’opposizione di sinistra
di Giulio AF Buratti
Matteo Renzi prende il treno alla stazione Tiburtina per il tour promozionale elettorale e dice di essere di sinistra e pronto a dialogare con tutti, addirittura è convinto di essere credibile: «Il Partito democratico, con tutti i suoi difetti, è l’unica forza politica di sinistra in Europa ancora credibile e in grado di vincere, nonostante l’atteggiamento tipico della stampa di guardare solo le cose che non vano. Ovviamente il Pd è pronto ad aprirsi al dialogo con tutti: campagna di ascolto, più che iniziativa di campagna elettorale vecchia maniera».
Prima di lui, dai microfoni di Radio Capital aveva parlato Veltroni, ex teorico dell’autosufficienza del Pd, tornato dalla sua africa immaginaria: «La sinistra deve ritrovare l’umiltà dell’unità: siamo in grado di competere con il centrodestra se ci uniamo», dice a Radio Capital, «il Pd dovrebbe recuperare il rapporto con Campo progressista e Mdp, solo questo ci permetterebbe di andare ben oltre l’attuale 26 per cento», indicato da un recente sondaggio, «è un problema di volontà politica, capacità di inclusione e di disponibilità degli altri».
L’operazione simpatia verso Mpd sembra solo all’inizio anche se Orfini ringhia perfino contro Pisapia. Ma ci sono le forche caudine del risultato siciliano e quelle della legge di stabilità, oltre all’esito della querelle sulla legge elettorale. Però Bersani, il papà delle lenzuolate di liberalizzazioni, anche prima di queste dichiarazioni dal Nazareno, era stato esplicito: «Oggi il nostro compito è essere una sinistra di Governo orientata a ristabilire dei rapporti di forza in un centrosinistra per riuscire a non vendergli l’anima al centrosinistra (…) La nostra intenzione è di raggruppare tutte le forze della sinistra di Governo, larga e plurale, di ispirazione ulivista. E uso questo termine perché l’Ulivo riuscì a portare a sintesi di Governo pulsioni radicali o moderate. Con chi parliamo? Con tutti quelli del centrosinistra che ci stanno! Col PD? Certamente! Anche se c’è Renzi? Ma perbacco! Però gli diremo: discontinuità su questo e su quel punto, sennò vai dove ti porta il cuore perché noi con la destra non ci alleiamo».
«Ma il problema non è Renzi – avverte Fratoianni, leader di Sinistra Italiana – lo schema di ricostruire il classico Centro Sinistra suggerito da Veltroni è uno schema andato, decotto. Non credo che ci sia più lo spazio per immaginare il fondamento di quell’impianto del CentroSinistra».
Ma se davvero quello schema è così decotto perché inseguire ancora Mdp che l’ha detto in tutte le lingue, compresi ladino e grecanico salentino, che non desidera altro?
Non è più chiaro lo stato delle cose sul fronte del Brancaccio. Delle due una, Anna Falcone dovrebbe decidersi: o una lista di sinistra «A condizione di segnare una netta rottura con il passato, di ridare protagonismo alla partecipazione dei cittadini, di rivendicare senza compromessi i diritti che ci sono stati tolti per costruire una società più giusta, inclusiva e realmente fondata sul riconoscimento dei talenti e sulla solidarietà sociale», come lei stessa dichiara a Giacomo Russo Spena di Micromega. Oppure con D’Alema, come lei stessa dichiara poche righe dopo nella medesima intervista.
«Non so dove andrà Pisapia, ma gli iscritti di Mdp partecipano già alle nostre riunioni sul programma, insieme a molti elettori delusi del Pd, e c’è un dialogo aperto per costruire un Polo civico e di Sinistra (…) D’Alema ha compreso con grande lucidità, e prima di altri, che quello che manca al Paese è una grande forza politica che torni a rappresentare i diritti e le ragioni del lavoro, dei giovani senza futuro, della vecchia classe media che non esiste più, che è molto più a sinistra di noi e che non vota, né voterebbe mai questo Pd. Noi lo sosteniamo fin dall’inizio: quello da riconquistare non è un partito che è stato scippato di mano, e non ci interessano i regolamenti di conti fra vecchia e nuova dirigenza, ma un elettorato enorme e disperso che si astiene o che si rifugia nel voto di protesta.
Ma tant’è, la sintonia tra D’Alema e la promotrice del percorso del Brancaccio è sempre più evidente ma anche il suo socio nella promozione dell’assemblea – Tomaso Montanari di Libertà e Giustizia – pare piuttosto esplicito come a voler bruciare eventuali malumori del “popolo della sinistra” rispetto all’operazione del gruppo Repubblica, quella di tirare la volata al Pd e “pompare” la presunta alternativa di sinistra al partito che più di ogni altro ha gestito le politiche liberiste in questo paese.
«Credo che sia arrivato il tempo di sciogliere gli equivoci anche nel Brancaccio – dice Maurizio Acerbo, segretario nazionale di Rifondazione – l’Italia è l’unico paese europeo dove i “socialiberisti” monopolizzano sia lo spazio del governo che quello dell’opposizione di sinistra. Questo accade certo per la nostra debolezza ma anche perché un generico discorso sull’unità a prescindere da contenuti e comportamenti viene dato per scontato anche da troppi che dovrebbero lavorare per una sinistra che proponga un’alternativa di società. So che le forze sono poche ma un determinato spazio politico o lo si costruisce con discorsi chiari e aggregando chi ci sta o non lo faremo mai».
Ma se Renzi sfreccia sulle rotaie, anche Montanari va come un treno prima ancora che il percorso del Brancaccio possa esprimersi con la partecipazione che viene declamata nei proclami. «Credo che siamo molto vicini a fare una lista unitaria a sinistra del Pd, penso che nessuno capirebbe due liste fratricide che si contendono lo spazio a sinistra del Partito democratico. Questo comporta un certo grado di responsabilità perché ci sono persone con storie molto diverse, però il punto non è il passato ma il futuro». Certo che anche spiegare come sia possibile un’alternativa al Pd con pezzi di ceto politico di quello stesso partito che hanno elaborato e gestito tutti i passaggi di macelleria sociale – dalla guerra in Jugoslavia fino al jobs act – non è meno facile di spiegare la presenza di una o più liste di sinistra. Ma Montanari spiega serafico: «Il Pd da molto tempo, non solo con Renzi, ha fatto una serie di scelte politiche di destra. Finalmente Mdp ha fatto una scelta concreta, comprendendo che l’ambiguità di Pisapia si è sciolta in direzione di un’alleanza con il Pd» e «che stia decidendo che vuole stare a sinistra. Se così è, siamo molto vicini ad una lista unitaria. Credo che faremo un servizio a questo Paese se alle prossime elezioni si potrà scegliere un quarto polo: le destre, il Pd, il Movimento cinque Stelle, che in un certo modo sono anche loro di destra, e poi finalmente un quarto polo di sinistra che io chiamerei proprio così, ‘La Sinistra’».
Piuttosto utile il promemoria compilato dai napoletani dell’ex Opg: «Avevamo il timore che quell’iniziativa potesse essere il mezzo attraverso il quale i fuoriusciti del Pd potessero riciclarsi. Ci era stata pubblicamente annunciata una risposta dai promotori, e non è mai arrivata. Siamo stati invitati al Brancaccio ad intervenire, ma si preferirono altre facce e altre storie: tutto lo stato maggiore di MDP e D’Alema in prima fila (ma era un caso! Una gentile signora pare gli avesse ceduto il posto…) e sul palco Gotor. Alla faccia di tutti bei discorsi sull’orizzontalità del percorso, la partecipazione dal basso e la democrazia, l’assemblea era blindata e non c’era spazio per alcuna voce critica (per la precisione: alla nostra contestazione si rispose chiamando security e forze dell’ordine)». E, ancora: «Pisapia vuole aspettare per vedere se passa la legge elettorale e quindi fare la coalizione con il Partito Democratico ed in caso contrario fare la lista unitaria a sinistra. MDP invece a prescindere se si approva o meno il Rosatellum vuole correre da solo e, come abbiamo detto in precedenza, fare l’accordo con il Pd dopo le elezioni. Chi prima, chi dopo… everybody wants Pd (…) Nel resto d’Europa la sinistra raccoglie successi, è fatta da giovani, da militanti provenienti dalle lotte sociali, da uomini e donne che combattono per cambiare veramente le cose, per un mondo più equo e giusto. In Italia invece un manipolo di vecchie volpi e di giovani vecchi si autorappresenta come unico riferimento. Nessuno, fino ad ora, ha avuto il coraggio di dire che l’“allargamento a sinistra” (come evidenziano chiaramente i movimenti europei) non si fa in questo modo, che la “vocazione maggioritaria” non si dimostra riciclando i soliti vecchi noti, con inciuci di partito e riunioni blindate, ma coinvolgendo la vera maggioranza, che esiste, ma non è rappresentata e non ha voce. Una maggioranza che è fatta da quelli che quotidianamente resistono e si ribellano a condizioni di vita e di lavoro disumane, che non ne possono più di razzismo e discriminazione».