Per la famiglia è della polizia la responsabilità della morte di Santiago Maldonado, e definisce “ipocrita” l’invito di Macrì alla vigilia delle elezioni
di Marina Zenobio
E’ di Santiago Maldonado il corpo ritrovato martedì scorso sulle rive del rio Chobut, in territorio Cushamen rivendicato dai mapuche Pu Laf ma targato Patagonia Benetton, a qualche centinaio di metri dal punto dove era stato visto per l’ultima volta, prima che si buttasse nel fiume per scappare ad una violenta carica della Gendarmeria nazionale. Il 1 agosto scorso decine di poliziotti hanno attaccato la comunità mapuche, dopo aver rimosso alcuni blocchi stradali posti in segno di protesta per l’arresto di uno dei loro leader. Santiago, come molti altri, ha tentato la fuga, buttandosi nelle acque del Chubut. O almeno questa è la ricostruzione giudiziaria.
L’identità di Maldonado è stata determinata attraverso le impronte papillari, ha detto Gustavo Lleral, il magistrato che segue il caso, ma già tempo prima Sergio Maldonado, fratello maggiore di Santiago, aveva confermato l’identificazione dopo un riconoscimento visivo dei tatuaggi, che erano sia passione che lavoro per il giovane artigiano di 28 anni.
Secondo le prime conclusioni dell’autopsia il corpo non presenta ferite, potrebbe essere affogato ma ci vorranno ancora un paio di settimane per saperne di più e avere un quadro esaustivo di come siano andate le cose. Un piccolo esercito ha partecipato all’autopsia. 55, tra esperti medici forensi, un trentina di osservatori e avvocati. A guidare l’esame esperti medicoforensi della Corte Suprema, addirittura la prestigiosa Equipe Argentina di Antropoli Forensti (EAAF).
Sergio Maldonado, che per oltre due mesi e mezzo ha guidato le ricerche del fratello, è tornato ad accusare la Gendarmeria Nazionale per la morte di Santiago, e anche il governo di Mauricio Macri per non aver accettato la presenza di osservatori dell’Onu alle indagini. E ha rincarato ancora la dose nei confronti del presidente argentino definendolo “ipocrita” per aver inviato sua madre ad una visita a Palazzo, invito rifiutato. “Mi sembra un’azione bassa. Ha invitato mia madre poco prima delle elezioni, mi vergogno per lui” ha dichiarato Sergio alla stampa.
L’esito tragico di Santiago Maldonado è arrivato a poche ore dalle elezioni legislative a medio termine, per il rinnovo del parlamento argentino.
Il movimento argentino resta comunque convinto che, comunque sia andata, la responsabilità resta della polizia e della sua aggressività.
Ieri pomeriggio a Buenos Aires in migliaia si sono ritrovati a Plaza de Mayo per esigere giustizia per il giovane attivista e artigiano Santiago Maldonado. La mobilitazione è partita dal Partito operaio, il Movimento socialista dei lavoratori e il Partito piquetero sotto lo slogan: “lo sapevo che ad uccidere Santiago Maldonado è stata la Gendarmeria assassina. Che i responsabili politici e diretti paghino”. Altre manifestazioni ci sono state a La Plata, Mendoza, Rosario, Cordoba, a Neuquén e altre comunità locali.