Repubblica si accorge di Potere al Popolo e fa scrivere un pezzo banale
di Giulio AF Buratti
Come gli avanzi del pranzo di Natale, come un servizio del Tg2 sui giocattoli riciclato dall’anno prima, così anche il servizio sui comunisti trinariciuti alla Rizzo e trockisti più o meno dell’Illinois mescolati ai rifondaroli, può essere annoverato nel catalogo delle minestre riscaldate per giorni in cui non succede nulla: santo Stefano. Le redazioni riaprono ma non ci sono conferenze stampa, i parlamentari sono già in ferie (specie i senatori grillini allergici allo ius soli), così il buon articolista di Repubblica non trova di meglio che sfornare un classico di santo Stefano per qualsiasi giornale mainstream. Cosa c’è di meglio di un pezzo sulle sinistre che si dividono senza spiegare il perché e senza spiegare ai lettori la propria vicinanza a Liberi e uguali, vale a dire a quel pezzo di “nuova sinistra” pompato dal proprio editore e guidato da chi ha fatto “carne di porco” della “vecchia” sinistra mentre smontava il sistema di diritti sociali, i livelli salariali e la vita di donne e uomini in carne e sangue, da questa o dall’altra riva del Mediterraneo?
Eppure ieri la notizia c’era: centinaia di attivisti di Potere al Popolo in una ventina di città sono andati davanti ai centri commerciali aperti a contestare la liberalizzazione degli orari di lavoro imposta da Bersani (libero e uguale) e Monti.
“Oggi Potere al Popolo è uscito su Repubblica, articolo di Matteo Pucciarelli», scrive su Fb anche Salvatore Prinzi, uno dei militanti più noti dell’ex Opg di Napoli. «Ero quasi contento – non perché voglia essere riconosciuto da media che sono espressioni del potere, ma perché voglio che le nostre idee arrivino più lontano possibile e gli esclusi come noi ci si possano riconoscere. Poi ho letto bene. Pucciarelli, vicino a Sinistra Italiana, ci mette insieme ai trotskysti di Ferrando e agli stalinisti di Rizzo in una ridicolizzazione gruppettara, per cui “la sinistra si divide sempre”. Riesce a citare non solo Ferrando e Rizzo, ma Turigliatto, Diliberto, Russo Spena. Va a chiedere dichiarazioni a tutti tranne che ai promotori della lista o delle cento assemblee in un mese e mezzo – dato sì questo nuovo e non aggirabile… Perché ovviamente deve inserire “Potere al popolo” in uno schema di narrazione “classico”, deve mostrare come in Italia non ci sia niente di nuovo, ironizzare un po’ con il piglio del giornalista che la sa lunga. Per poi – atteggiamento stravisto – portarci a pensare che non c’è niente da fare e vuoi vedere che tanto vale votare Grasso o Renzi ché comunque sono meglio di Berlusconi…
Dico la verità: io non credo ci sia necessariamente cattiva fede in Pucciarelli, credo ci sia proprio un problema di visione. L’Italia è un paese in decadenza, e questo anche nel suo mondo culturale e giornalistico. Non c’è curiosità, non c’è il guizzo, non c’è voglia di costruire. Solo una sensazione di noia, risentimento, piangersi addosso, cercare di affossare chi ci prova. Sto generalizzando e ovviamente conosco diverse eccezioni, ma voglio far notare che dove invece le cose succedono, lo sguardo è tutt’altro. Quando inizi ad assumere una mentalità vincente, cerchi intorno a te i talenti. Cerchi di vedere gli elementi di stimolo e di sviluppo, non quelli già noti (che proprio perché sono noti, che ce li diciamo a fare?).
E’ così che la stampa italiana o non parla o parla male di Potere al Popolo, mentre questo progetto riscuote l’interesse di tutte le forze crescenti della sinistra radicale europea: Podemos, France Insoumise, Momentum e Labour di Corbyn, PTB del Belgio… E’ così che oggi siamo usciti su un “giornalino” che si chiama INDIPENDENT… A ‘sto giro leggetevi questo che è meglio, e speriamo che almeno l’imitazione esterofila dia un po’ di coraggio alla stampa italiana!».