Diario di Potere al Popolo. Dopo il No Minniti day in 15 città si va a Macerata contro il fascioleghismo. E dopodomani gli “spettri” manifesteranno sotto le sedi Rai
di Checchino Antonini
Di Martedì, Piazza Pulita, Porta a Porta, M, Otto e mezzo, In onda, Che tempo che fa, In mezz’ora: nessuna traccia di Potere al Popolo sui talk show di prima serata. I salotti televisivi, così come i telegiornali si confermano allergici alla loro funzione, specie se di servizio pubblico. Eppure una esperienza come quella di Potere al popolo avrebbe tutti i crismi della “notiziabilità”, i criteri per cui viene selezionato un fatto nell'”infinità priva di senso”, per riprendere un’efficace sintesi di Max Weber. La lista è riuscita a raccogliere il doppio delle firme necessarie, in tutta Italia, con molto meno del tempo necessario. Sempre in iniziative pubbliche alla luce del sole. Un indice di radicamento sociale che i cronisti dovrebbero saper cogliere. Invece, anche quando non ne hanno potuto fare a meno, si sono accontentati di restituire la notizia laconicamente come se fosse l’esito della solita routine elettorale. Unica nel suo genere, Potere al popolo, si batte per contro ogni privatizzazione dei servizi pubblici e beni comuni, per invertire la tendenza nelle politiche di welfare, per smetterla con la guerra, la repressione, e il razzismo. Nemmeno la visita di Maurizio Acerbo, segretario del Prc e candidato di PaP, alle vittime del raid razzista di Macerata ha bucato il muro di gomma televisivo. Eppure è l’unico esponente politico ad aver compiuto un elementare gesto di solidarietà.
“Pazzi” che diventano “fantasmi” in un contesto in cui è la televisione a determinare l’esito di una competizione elettorale. Secondo il Censis, il rapporto è dello scorso ottobre, la televisione — in tutte le sue forme di trasmissione e di fruizione — ha il 95,5% di spettatori sul totale della popolazione (la Tv tradizionale il 92,2% in calo rispetto al 2016). Cresce internet che secondo queste rilevazioni raggiunge il 75,2% degli italiani ma la sua corsa rallenta sensibilmente (+1,5% quindi una crescita quasi dimezzata rispetto al +2,8% dello scorso anno), interessante è leggere anche nel dettaglio che «gli utenti di WhatsApp (il 65,7% degli italiani) coincidono praticamente con le persone che usano lo smartphone, mentre circa la metà degli italiani usa i due social network più popolari: Facebook (56,2%) e YouTube (49,6%). Importante è il passo in avanti compiuto da Instagram, che in due anni ha raddoppiato la sua utenza (nel 2015 era al 9,8% e oggi è al 21%), mentre Twitter resta attestato al 13,6%. Un anno fa, i quotidiani cartacei erano letti dal 40,5% ma nel 2017 questa quota si è ridotta al 35,8%. E i quotidiani online non riequilibrano affatto la perdita di lettori su carta: «i quotidiani, continuano a soffrire per la mancata integrazione nel mondo della comunicazione digitale. E negli ultimi dieci anni, mentre i quotidiani a stampa perdevano il 25,6% di utenza, i quotidiani online ne acquistavano solo il 4,1% (oggi hanno una utenza pari al 25,2%)».
A detenere lo scettro sono perciò i telegiornali con una quota del 60,6%, seguiti da Facebook (35%) e i giornali radio con la “medaglia di bronzo” (22,4%). I giornali di carta solo sesti con una quota del 14,2% e i quotidiani online al decimo con il 10%. Per questo i “pazzi” (non dimentichiamo che la scintilla di Potere al popolo è scoccata in un ex manicomio giudiziario occupato a Napoli) sanno di essere “fantasmi” e come tali manifesteranno dopodomani, 8 febbraio, sotto le sedi regionali della Rai. Sarà l’ennesima giornata nazionale, stavolta per il diritto all’informazione, di azioni dopo il No Minniti day di domenica scorsa, quella contro il lavoro festivo del 26 dicembre e la festa per la consegna delle firme, domenica 28 gennaio, di fronte alle corti d’appello delle varie città.
Sabato, per le strade di Macerata, ci sarà anche uno spezzone nazionale di Potere al Popolo nel corteo indetto contro il razzismo dopo il raid dell’ex candidato leghista del 3 febbraio. «Non si tratta di un episodio di singola “follia”, ma di un attentato di matrice razzista e fascista – ricorda Viola Carofalo, portavoce di PaP – Luca Traini dopo aver sparato e seminato il terrore per l’intera città è stato arrestato mentre si avvolgeva nel tricolore e faceva il gesto del saluto fascista. Luca Traini, appena un anno fa, era tra i candidati della Lega per le amministrative di Macerata. La sua è solo l’ultima mano, l’ultimo frutto avvelenato del clima che da anni ormai si respira in Italia. Un fuoco fatto di razzismo e intolleranza, alimentato dalle forze esplicitamente di destra, dalla Lega a Casapound, ma non solo. Il Movimento 5 stelle, proprio ultimamente, ha contribuito ad affondare la legge sullo Ius soli, dopo aver passato un estate a diffamare e attaccare pubblicamente le ONG per i salvataggi ai naufraghi nel Mediterraneo. Ed è il Partito Democratico, forza di governo, ad aver approvato uno dei provvedimenti più razzisti e repressivi degli ultimi anni: il decreto Minniti Orlando. Nessuna forza si è sostanzialmente discostata da queste. Parteciperemo alla giornata del 10 perchè l’antirazzismo e l’antifascismo sono alla base della nostra cultura e del nostro essere insieme, delle nostre pratiche di solidarietà e mutualismo. Il nostro popolo non ha da temere o attaccare i più deboli, ma da i ricchi e potenti».
L’attivazione nazionale di sabato scorso era dedicata ad azioni di solidarietà, mutualismo e socialità e si è articolata tra Livorno, Milano, Pavia, Torino, Bussoleno, Salerno, Napoli, Pesaro, Roma, Benevento, Padova, Firenze, 15 città alle quali va aggiunta Genova che, il giorno prima, ha dato vita a un lungo corteo antifascista con quasi diecimila partecipanti. Azioni di solidarietà, che i grandi media non hanno registrato, che volevano servire a rompere il clima di paura e diffidenza che sta monopolizzando il dibattito pubblico italiano. La retorica grillina, fascistoide o leghista, ma pure i provvedimenti del ministro del Pd, Minniti, fanno leva sugli istinti peggiori agitando gli spauracchi dell’invasione dei clandestini, la minaccia della sostituzione etnica, vecchi arnesi di una guerra tra poveri coniati per distrarre l’attenzione dalle reali cause dell’impoverimento generalizzato. Cinque milioni di persone, in Italia, vivono in condizioni di povertà assoluta, 13 milioni devono rinunciare alle cure mediche perché costretti a sopravvivere con la pensione minima o senza continuità di reddito. La risposta che il governo ha dato a questa emergenza è stato il decreto Minniti sul decoro urbano con i daspo urbani e le retate all’esterno della stazione di Milano e nel centro di Torino. Le formazioni di destra hanno fatto eco con le pagliacciate delle ronde urbane contro gli immigrati, fino alla tragedia di Macerata.