Fino a qualche decennio fa la maratona, come quasi tutte le discipline sportive, era off limits per le donne. Finché non è arrivata Kathrine Switzer
Marina Zenobio
La maratona di Boston è tra le più antiche maratone annuali, la prima si svolse nel 1897. Come tutte le discipline sportive, fino a qualche decennio fa era off limits per le donne.
Tuttavia nel 1967 una giovane donna, la ventenne Kathrine Switzer, nata a Amberg il 5 gennaio 1947 (ha compiuto da poco 71 anni), partecipò ufficialmente alla manifestazione sportiva. In realtà le regole non erano cambiate, le donne erano sempre fuori dalla competizione sportiva, ma Kathrine si iscrisse alla maratona di quell’anno come K.V. Switzer, dettaglio che sfuggì agli organizzatori, magari pensavano che stesse iscrivendo un fratello, sta di fatto che, inconsapevolmente, l’autorizzarono a partecipare.
Era il 19 aprile del 1967. Unica donna su 741 iscritti, il giorno della gara Kathrine si presenta alla linea di partenza col suo pettorale N. 261, insieme a lei – avendo presagio di eventuali contestazioni – anche il suo allenatore Arnie Briggs e il suo compagno di allora, Tom Miller,
Pronti partenza start! Pochi chilometri e la donna viene raggiunta da un veicolo della stampa dal quale scende su tutte le furie il direttore della gara, il signor Jocke Semple.
Le foto raccontano quanto accadde: Kathrine rincorsa e spintonata da Semple al grido “Get the hell out of my race and give me those numbers” una cosa del tipo “Fuori dalla mia gara e dammi il tuo pettorale”. Cerca in ogni modo di strapparle il numero e, nella sua biografia, Kathrine racconta che Semple ci riesce anche, ma poi gli cade, la ragazza torna indietro raccoglie il pettorale e lo fissa di nuovo alla maglia.
Il pettorale metteva quella donna, in quanto regolarmente iscritta, allo stesso livello degli uomini, e a Mr. Semple proprio non andava giù. Oltre al fidanzato della ragazza, sarà costretto ad intervenire anche l’allenatore Briggs, che riesce a fermare il direttore di gara mentre grida alla ragazza “Run like the devil” (“corri come il diavolo!”). Kathrine, si leggerà sulla sua biografia, anche se “spaventatissima per l’aggressione fisica e verbale, una violenza a cui non ero abituata”, continua la sua maratona e percorrerà l’interno percorso di 42,195 chilometri tagliando il traguardo in 4 ore e 20 minuti.
La violenta reazione del direttore di gara fece indignare l’opinione pubblica e ne nacque un movimento che portò, nel 1972 all’apertura della maratona di Boston anche alle donne. L’anno prima, nel 1971, erano già state ammessa alla competizione di New York.
La crescita del movimento atletico della maratona femminile ha poi portato la disciplina alla successiva introduzione tra le specialità olimpiche nel 1984, in occasione della Olimpiadi di Los Angeles.
Il 17 aprile scorso, per il cinquantesimo anniversario della sua impresa, Kathrine Switzer, a 70 anni di età e una forma eccellente, ha preso parte ancora una volta alla Maratona di Boston, indossando lo stesso numero di pettorale della sua prima volta, il 261, condiviso con molte altre donne con cui Kathrine è impegnata nel sociale. Gli organizzatori, in suo onore, hanno deciso di ritirare il pettorale 261 dalle future competizioni. Oggi quel numero è diventato, per volere di Kathrine, il logo di “261 Fearless”, organizzazione no-profit ma soprattutto Comunità globale di sostegno alle donne che attraverso il camminare, fare jogging oppure correre insieme possono trovare la forza di combattere le avversità della vita e combattere la paura “mettendo un piede avanti all’altro”.