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No Tav, la Cassazione smonta il teorema dei pm torinesi contro 38 attivisti condannati a 130 anni. Processo da rifare. Il 19 maggio manifestazione in Valle
di Checchino Antonini
NoTav, la Cassazione smonta il teorema della procura di Torino annullando buona parte delle sentenze con cui la “procura con l’elmetto”, come la definiscono molti comunicati del movimento, aveva aveva condannato 38 imputati a pene sino a 4 anni e 6 mesi di carcere. In tutto circa 130 anni di reclusione. Una bocciatura che replica il verdetto che, a suo tempo, aveva provato ad appiccicare a quattro ragazzi la terribile accusa di terrorismo per un’azione di sabotaggio a un’attrezzatura del cantiere. Torna a Torino, dunque, il maxi-processo ai No Tav per gli scontri dell’estate 2011 in Valle di Susa. Il movimento No Tav tornerà a manifestare il 19 maggio da Rosta ad Avigliana: «In questa sentenza ci sono diverse assoluzioni per capi d’imputazione e risarcimenti non confermati – scrive il sito NoTav Info – è la dimostrazione di quanto i due gradi di giudizio si basassero sulla vendetta politica». L’appello bis riguarda 27 imputati. Per altri sette attivisti, la Corte ha confermato le responsabilità, eliminando però alcuni capi d’imputazione. Anche per loro c’è il rinvio in appello per il ricalcolo delle condanne, che saranno ridotte. Luca Perottino è l’unico, tra quelli finiti alla sbarra, ad essere stato assolto “per non aver commesso il fatto”, mentre per un altro imputato la Cassazione ha confermato la condanna, ma annullato le statuizioni civili. I risarcimenti in favore dei sindacati di polizia sono stati annullati, così come chiesto dal Pg Roberto Aniello, che nel corso della requisitoria aveva sottolineato come «il sindacato non esplica a tutto campo la tutela dei lavoratori rispetto a fatti commessi da terzi. In nessun processo per resistenza ho mai visto i sindacati parte civile». Confermati invece quelli per i ministeri della Difesa,dell’Economia e dell’Interno. Il maxi processo riguarda due giornate di violenti scontri: quella del 27 giugno 2011, durante lo sgombero del grande presidio No Tav alla Maddalena di Chiomonte, e quella del successivo 3 luglio, quando centinaia di attivisti giunti da tutta Italia, per contestare l’occupazione militare della valle, lanciarono un assalto alle recinzioni appena installate. La repressione fu ferocissima e molto ben documentata ma la procura torinese non ha mai aperto processi per la violenza organizzata da parte dei corpi di occupazione. Il documentario “Archiviato, l’obbligatorietà dell’azione penale in Val Susa” documenta come gli illeciti commessi da agenti e funzionari di pubblica sicurezza ai danni di manifestanti o fermati, ampiamente documentati dai media, non determinino, specialmente a Torino, i medesimi esiti giudiziari di quelli commessi dai manifestanti. Archiviata anche la denuncia di Marta la giovane donna No Tav molestata dalle forze dell’ordine in stato di fermo all’interno del cantiere, nonostante ella avesse riconosciuto e dato un nome a chi le aveva fatto violenza. A condurre gli interrogatori e a gestire la pratica gli stessi pm che conducevano l’indagine su di lei. Nel video si sentono i pm Rinaudo e Padalino che durante l’interrogatorio, in presenza delle persone da lei indicate come responsabili, le urlano contro intimandole di non fare la “vittima”. Quando quel film è stato presentato al Senato, uno dei sindacatini più noti per le prese di posizione contro le vittime degli abusi in divisa, ha urlato al «partito dell’antipolizia che entra in Senato» «Oggi il sole ha brillato anche in Cassazione», commenta su Facebook la consigliera regionale Francesca Frediani.
«La sentenza odierna della Corte di Cassazione boccia buona parte dell’impianto accusatorio della procura di Torino, che ha portato in due gradi di giudizio, 53 notav a maxi condanne e maxi risarcimenti», è il commento del movimento. Il popolo notav si è ritrovato il 14 aprile in assemblea a Bussoleno per organizzare le prossime iniziative. L’assemblea era convocata per “rispondere” alla sentenza del maxi processo che poi è slittata al 27 aprile. Il 19 maggio sarà manifestazione #notav da Rosta ad Avigliana. «Lo abbiamo sempre detto che “a processo” – si legge nel documento – era la nostra storia, il nostro essere movimento, e che la feroce campagna accusatoria nei nostri confronti non fosse altro che una vendetta politica, utile a piegarci vista la longevità e la forza del nostro movimento. La sentenza è articolata e sarà perfettamente comprensibile alla pubblicazione delle motivazioni ma possiamo tranquillamente dire che comporta un’assoluzione totale, diverse assoluzioni per capi d’imputazione e risarcimenti non confermati sopratutto per i sindacati di polizia. Per nessuno è stata confermata la sentenza di condanna e questo significa che l’impianto accusatorio della Procura di Torino è crollato (era stato fatto proprio dal tribunale di Torino anche in secondo grado). Per nessun notav la pena diventa definitiva e per quasi tutti ci dovrà essere un nuovo processo in corte d’appello. Tutti i ricorsi fatti dalla procura generale con cui erano state impugnate le sia pur poche assoluzioni intervenute in appello sono stati respinti! In ulteriore sintesi, la linea della procura di Torino, imbastita da Caselli e Maddalena, ed eseguita dai pm con l’elmetto, subisce una sonora sconfitta, con una sentenza di cassazione che la demolisce con forza! Ora pretendiamo giustizia ulteriore e vogliamo mettere fine a quest’opera inutile e devastante, sempre più convinti e supportati dalle nostre ragioni. Un giorno la storia renderà omaggio a quanti si sono spesi per il futuro di tutti noi, partecipando in prima persona, con generosità e passione. Per noi è già tempo di rimetterci in marcia, e il 19 maggio lo faremo con una grande manifestazione popolare».