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Partitino o social forum? Il futuro di Potere al popolo

Potere al Popolo: non sprechiamo l’opportunità! Verso l’assemblea di Napoli

di Chiara Carratù, Francesco Locantore e Armando Morgia

Il 26 e 27 maggio prossimi si terrà a Napoli la seconda assemblea nazionale di Potere al Popolo dopo le elezioni. L’assemblea nazionale dello scorso 18 marzo ha testimoniato la disponibilità di tante e tanti militanti, con un’ottima presenza giovanile, a continuare l’esperienza di Potere al Popolo, dopo che i risultati elettorali hanno evidenziato la necessità della ricostruzione di una sinistra sociale e politica a partire dalle mobilitazioni, perché la crisi di legittimità delle politiche neoliberiste non trovi sbocco solo in soluzioni di destra e antipopolari.

La nostra organizzazione, Sinistra Anticapitalista, lo scorso anno aveva molto ricercato una aggregazione con queste finalità; per questo ha partecipato attivamente fin dall’inizio e poi in tutti questi mesi alla costruzione e alla attività del nostro movimento.

Le difficoltà sono tantissime e dobbiamo verificare tutti insieme i passi in avanti da compiere, la possibilità, la volontà e la capacità delle organizzazioni che hanno dato vita alla coalizione elettorale, di costruire un percorso politico comune efficace nel contribuire allo sviluppo della lotta di classe in questa fase storica.

Per questo abbiamo ritenuto utile mettere per iscritto alcune considerazioni che abbiamo avanzato in sede di Coordinamento nazionale di Pap, un contributo perché nell’assemblea di Napoli si discuta nel migliore dei modi del futuro di Potere al Popolo, delle sue scelte politiche di fase e delle modalità organizzative da adottare.

Dopo le elezioni, il nostro dibattito si è orientato principalmente su questioni organizzative, nella direzione di anticipare la nascita di una nuova organizzazione politica, secondo alcuni di un vero e proprio partito, tralasciando un approfondimento sulle basi politiche che potrebbero permettere una convergenza più solida tra le forze della coalizione. Abbiamo visto con un certa preoccupazione una gestione ristretta e verticistica degli strumenti di comunicazione (sito, pagina e gruppo Facebook, newsletter ecc.), e il rimuovere la caratteristica stessa di coalizione tra diverse forze politiche con cui PaP è nata e si è strutturata; l’esistenza stessa di un coordinamento nazionale (e di un gruppo di portavoce) è stato a lungo tenuto quasi nascosto, e ad oggi non ne sono ancora stati pubblicizzati i componenti, espressione delle organizzazioni politiche che hanno aderito al percorso. Così come abbiamo molti dubbi, da noi espressi in sede di coordinamento, sulla proposta che viene avanzata di una strutturazione democratica imperniata su una piattaforma decisionale online, con la quale le compagne e i compagni in forma del tutto individuale possano decidere della linea politica con un semplice click dal divano di casa. Crediamo che tutti noi vogliamo evitare il rischio di una organizzazione verticistica e plebiscitaria, che anziché favorire i processi di partecipazione diretta, accentui obbiettivamente le tendenze alla delega passiva.

 

All’interno del coordinamento nazionale, dove pure c’è stato nelle settimane scorse una più intensa discussione politica, questa si è concentrata sulle prossime scadenze elettorali, quelle amministrative delle prossime settimane e quella delle elezioni europee del prossimo anno, con qualche forzatura per la presentazione ovunque di liste di Potere al Popolo, non sufficientemente attenta a non creare divisioni inutili tra i compagni in diverse realtà locali. Abbiamo avuto invece difficoltà a mettere in campo una iniziativa politica unitaria sul terreno politico-sociale, a far vivere il programma elettorale in campagne articolate sui territori, nella presenza di piazza e nei luoghi di lavoro. E’ una debolezza che ereditiamo dal passato, la centralità elettoralista e istituzionaliste della sinistra, quando sempre più chiaramente risulta che senza la mobilitazione sociale la sinistra di classe è destinata a perdere anche sullo stesso terreno elettorale, oltre che ad accumulare sconfitte ed arretramenti sul piano dei salari, dei diritti sociali e democratici. Continuiamo a pensare che al centro del nostro progetto non ci sia tanto la ricostruzione della rappresentanza politica degli/delle sfruttati/e e degli/delle oppressi/e quanto una nostra azione nell’aiutare a ricostruire il loro protagonismo e la loro autorganizzazione!

La questione europea, su cui è stata raggiunta una delicata ma importante mediazione nel programma elettorale di PaP, per la rottura dei trattati e la costruzione di un’Europa solidale, richiederebbe un approfondimento di discussione e soprattutto la costruzione della solidarietà con le lotte contro l’austerità che si sviluppano in Europa. Proprio in queste settimane ne sono un esempio le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici francesi, che hanno costruito importanti convergenze con gli studenti e tra i diversi settori della classe lavoratrice. Non ci interessa trovare padrini politici oltre confine, che spesso si rivelano controproducenti in momenti decisivi. Pensiamo bisogna stare con i lavoratori e le lavoratrici del NO al memorandum in Grecia, con il maggio francese, con la lotta dei catalani per i loro diritti, per costruire convergenze in Europa con tutti quei movimenti sociali e politici che si battono coerentemente contro il neoliberismo e il capitalismo europeo.

Lo stesso spirito internazionalista deve essere alla base della solidarietà con i popoli oppressi dall’imperialismo e da regimi autoritari nello scenario mediorientale. Sappiamo quanto questo sia una questione difficile e delicata e sappiamo anche quanto ci siano posizioni diversificate al nostro interno. Le ultime vicende della guerra in Siria hanno visto il riaffacciarsi di posizioni campiste che non condividiamo per nulla e che pensiamo vadano nella direzione opposta alla costruzione di un movimento di massa contro la guerra. E’ incomprensibile come non si sia voluta esprimere una condanna netta del regime di Assad, che da otto anni bombarda il suo stesso popolo per mettere a tacere il dissenso, e che ci si accorga della guerra in Siria solo quando si profila un intervento di questo o quell’imperialismo occidentale (che peraltro si guarda bene dal mettere in discussione il regime di Assad). La condanna dell’intervento di USA, Francia e Gran Bretagna in Siria non è in contraddizione con la condanna di tutti gli imperialismi, compreso quello russo, del regime baathista, delle forze oscurantiste dell’ISIS e del fondamentalismo religioso. La solidarietà internazionale non può essere condizionata a considerazioni (fanta)geopolitiche, siamo con i popoli che vogliono autodeterminarsi, con le/gli oppresse/i e le/gli sfruttati in ogni parte del mondo!

Un altro terreno di discussione che va approfondito in Potere al Popolo riguarda la questione sindacale e l’intervento sui temi del lavoro. I movimenti sociali e gli scioperi che vedono protagonista la classe lavoratrice francese in queste settimane mettono in evidenza la centralità di questa classe e della questione sindacale nel nostro paese. Le burocrazie dei principali sindacati confederali costituiscono un freno importante allo sviluppo della lotta di classe ed hanno già determinato importanti arretramenti, che a loro volta rafforzano la passivizzazione e la rassegnazione nei luoghi di lavoro. Per noi il lavoro e la valorizzazione in senso unitario della attività del sindacalismo di base più che mai si deve congiungere con il rafforzamento di un’area di sinistra sindacale di opposizione in Cgil al fine di una ripresa delle lotte sindacali trasversali e unitarie del sindacalismo di classe. Per questo pensiamo che nelle prossime settimane i militanti di Potere al Popolo iscritti alla Cgil debbano impegnarsi a sostenere una posizione congressuale alternativa a quella avanzata da tutto il gruppo dirigente.

Potere al Popolo deve caratterizzarsi maggiormente sui temi del lavoro, costruendo una propria campagna politica e sociale nella prospettiva di una ricomposizione dei diversi settori della classe lavoratrice. Una campagna sulla riduzione del tempo di lavoro, intesa sia come riduzione dell’orario di lavoro a 32 ore settimanali senza riduzione di salario, che come reintroduzione di un sistema pensionistico dignitoso che consenta la pensione a 60 anni di età o 35 di vecchiaia. Insieme con un rilancio dell’intervento pubblico nell’economia questa potrebbe essere una risposta concreta alla disoccupazione, in special modo quella giovanile, all’aumento dei carichi e dei ritmi di lavoro. Una risposta politica alle proposte del M5S sul reddito di cittadinanza, che anziché aggredire il problema della redistribuzione del lavoro, mette una pezza con un sussidio di povertà, che non si sa neanche se vedrà mai la luce. Solo nel quadro di una proposta più ampia contro la disoccupazione sarebbe utile e giusta anche l’istituzione di un salario sociale per i disoccupati e le disoccupate. Dentro la prospettiva del rilancio di una mobilitazione generale e del mondo del lavoro salariato è utile continuare a sviluppare iniziative di mutualismo conflittuale, rivolte anche alla costruzione del conflitto tra i migranti, i giovani precari e disoccupati, chi viene privato dei diritti sociali più elementari, consapevoli che il mutualismo è tale quando è riproducibile e riprodotto dagli stessi soggetti sfruttati e oppressi, quando diventa un’espressione e uno strumento di autorganizzazione.

Per fare tutto questo c’è bisogno che Potere al Popolo recuperi l’esperienza dei Social Forum che si è sviluppata in Italia tra il 2001 e il 2004, puntando a diventare non un ennesimo partito con un perimetro politico ben delimitato e con un proprio tesseramento, verso cui sembrano protendere alcuni di delle componenti di Pap, ma una coalizione di movimento che sappia unire forze diverse della sinistra di classe, comprese quelle che non hanno partecipato al percorso elettorale, per stimolare la convergenza delle lotte su un programma antiliberista e anticapitalista che abbia una presa di massa.

Diciamo questo chiaramente perché pensiamo che allo stato attuale non ci siano ancora le condizioni di convergenza politica e strategica per un nuovo partito, che richiede invece tempi più lunghi di discussione politica e processi sociali di mobilitazione.

Le forzature, invece di accelerare i processi, rischiano di creare divisioni e di rendere più difficile la costruzione di questa esperienza unitaria, Potere al Popolo, così utile ed opportuna per la ripresa della lotta di classe nel nostro paese.
Sono questi alcuni contributi di riflessione che vogliamo discutere fraternamente tra tutte le compagne e i compagni che si stanno impegnando dell’esperienza di Potere al Popolo.

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