Dreamers. A Roma, il sessantotto in una mostra fotografica che offre innumerevoli spunti di riflessione su un’anno che stato tutti gli anni che lo hanno seguitp
Dreamers, sognatori, il ’68 raccontato per immagini. Tra volti, piazze, speranze, storie, episodi. L’anno durato trent’anni contraddice il secolo breve
1968. Avevo tre anni, ma guardavo già quelle immagini in televisione. Telegiornale, concesso, e a letto dopo carosello. Non posso certo dirmi un testimone. Qualcosa deve però essermi restato dentro se nel 1973, disimpegno americano in Indocina, il mio primo articolo è stato proprio sulla guerra del Vietnam, con tanto di disegni di elicotteri e marines contro i vietcong. Un po’ splatter. Non piacque e fu censurato dal giornalino della scuola elementare. Altri tempi. Ma quei valori – pacifismo, democrazia, anti-imperialismo, anti-razzismo, emancipazione, diritti individuali, diritti di genere – li abbiamo compresi ed in parte acquisiti, imperfetti e ancora da esigere, grazie a chi allora, coraggiosamente, scese in piazza. Fu un movimento di popolo, prevalentemente borghese, come accusava PPP, o l’anno dura trent’anni e che, periodicamente, riemerge come zeitgeist di quello che, a mio parere erroneamente, Eric Hobsbawm ha definito “secolo breve”, ma che, in realtà, non ha ancora finito di distribuire i suoi effetti. In realtà, semplicemente, un secolo non concluso in base alle cronologie sociali e culturali innescate allora che non necessariamente corrispondono a quelle temporali. Non inconcludente. Perché quell’anno ha seminato d’idee il futuro successivo ed il nostro presente. Al Museo di Roma in Trastevere, dal 5 maggio al 2 settembre è possibile rivivere, per immagini, la storia del sessantotto che merita una riflessione dopo le barricate di ieri e quelle, necessarie, di oggi e domani, perché le parole d’ordine di 30 anni siano il senso del nostro futuro e non una reminiscenza del passato.
Una mostra per foto, video ed infografiche sul 1968
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Il materiale della mostra, curata da Riccardo Luna e Marco Pratellesi, rispettivamente direttore e condirettore di Agi, raccoglie ed organizza con intelligenza raffinata materiali provenienti da innumerevoli fonti – Agenzia Giornalistica Italiana (AGI), Ansa, Teche Rai, Archivio audiovisivo del movimento operaio e democratico (Aamod), Agenzia Contrasto, Agence France-Presse (AFP), Associated Presse (Ap) ed archivi privati, solo per elencarne una piccola parte – restituisce a quell’anno, il ’68, che dura da trent’anni, spessore e significato storico al di là di ogni tentativo, postumo e fallimentare, di critica sottrattiva della sua importanza. Come titola la mostra “come eravamo, come saremo“. Guardatevi le foto, visitate la mostra ed il catalogo, per la verità tanto costoso quanto prezioso, merita il suo ruolo di guida in questo percorso a ritroso sulla strada di quello in cui in questo oggi confuso resta ancora un punto di riferimento.