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Siria, guerra e gentrification a misura di Assad

Siria: profughi e sfollati espropriati dalla legge numero 10. E’ la “Siria utile” del regime e dei nuovi magnati di Damasco

di Raha Erjà A-Sham 

Dopo i bombardamenti di civili e ribelli nella regione Ghouta a sud di Damasco, il consolidamento della sovranità governativa siriana nelle aree riconquistate procede anche grazie a meccanismi di tipo legale. Il decreto numero 10 del 2018 è uno degli espedienti usati dal regime per espandere la zona di controllo governativa, denominata dal presidente Bashar Al-Assad ‘La Siria utile’ in contrapposizione a ‘La Siria inutile’ – quella parte del territorio siriano che per le autorità centrali ha un valore strategico ed economico minore. Il presunto obiettivo del decreto è quello di ricostruire il paese partendo proprio dalla realizzazione di zone residenziali che possano offrire abitazioni di qualità ai cittadini. In realtà si tratta di un vero e proprio progetto di riassetto demografico delle aree riconquistate.

La recente normativa prevede che quando una zona viene designata dallo stato per riqualificazione urbana, i possessori di immobili in quell’area, o un loro parente, debbano recarsi entro trenta giorni presso gli uffici amministrativi locali per presentare prova di proprietà immobiliare. Ciò non esonera i legittimi possessori dall’esproprio: la requisizione dell’immobile disposta dallo stato è inoppugnabile. Tuttavia, tale procedura attiva un meccanismo di compensazione minima i cui limiti sono connaturati alla norma stessa e alla situazione in cui versano migliaia (probabilmente milioni) di proprietari di immobili siriani. La gran parte di queste proprietà appartiene a sfollati (circa sei milioni) che sono stati costretti ad abbandonare le proprie case per sfuggire alla guerra e che non possono ritornare nei loro distretti proprio a causa dei pericoli legati al conflitto.

Tra i rifugiati in esilio – di cui solo cinque milioni sono registrati presso l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati (UNHCR) – ve ne sono molti impossibilitati a rientrare in Siria perchè perseguitati dal regime per le loro ideologie contrarie all’establishment. A questo dato va aggiunto un altro elemento fondamentale. In un Paese martoriato dalla guerra, in cui l’abbandono delle abitazioni è spesso avvenuto tra il fuoco incrociato delle varie parti belligeranti, aspettarsi che chi è riuscito a mettersi in salvo si sia anche preoccupato di recuperare i propri certificati di proprietà equivale a chiedere verosimilmente l’impossibile. Gli immobili requisiti dal governo entreranno a far parte di un piano di riorganizzazione delle aree urbane che verte ad allontanare gli oppositori del regime e a creare un’enclave di sostenitori di Assad. Per il regime è di vitale importanza assicurarsi una zona di continuità territoriale che si estenda dal sud della Siria fino alle regioni supportate dall’Iran e controllate dell’alleato sciita Hezbollah in Libano.

Il decreto numero 10 non è il primo tentativo del regime di appropriarsi di immobili e terre edificabili a costo zero. Esso espande la legge 66 del settembre 2012 che autorizzava la creazione di due zone di pianificazione urbana nelle periferie di Damasco. A detta delle autorità, lo scopo era quello di ridurre la possibilità che i ribelli potessero occupare questi sobborghi impoveriti e condurre attacchi contro bersagli del regime da posizioni ravvicinate alla capitale. Lo sviluppo di queste aree avrebbe portato alla demolizione inappellabile di preesistenti proprietà private, inlcusi gli edifici ad uso di civile abitazione. Il giornale online The Syrian Observer ha documentato alcuni dei punti nevralgici del territorio siriano dove dal 2013 è in atto la ricostruzione tanto caldeggiata da Assad, nei termini e nelle modalità stabilite dagli interessi delle autorità siriane. Ad oggi, le zone di Homs, Aleppo, quelle a ridosso del confine libanese e i sobborghi di Damasco – un tempo roccheforti della rivoluzione e della lotta armata contro il regime – sono state epurate da ribelli e forze jihadiste. Mentre il regime ha consentito all’opposizione di confluire verso Idleb, le aree evacuate sono state a loro volta ripopolate da famiglie shiite iraniane e libanesi, operando così un cambiamento demografico favorevole e ‘leale’ al potere.

A sette anni dall’inizio della guerra che ha causato finora circa 400mila morti, il governo siriano è alle prese con danni ingenti alle infrastrutture e all’economia del paese. La ricostruzione delle zone residenziali ha creato nuove opportunità di profitto per costruttori e finanzieri e ha rinsaldato i rapporti di lealtà e dipendenza tra il regime e le elite economiche siriane. Il capitalismo clientelare che sottende le politiche economiche del regime patrimonialista di Assad ha favorito l’ingresso di nuovi magnati all’interno della borghesia di stato della ‘Siria utile’. Di fronte alla necessità del regime di preservare alleanze mutualmente vantaggiose sia per i dirigenti politici che per l’oligarchia economica siriana, non ci sarebbe da sorprendersi se il decreto legge numero 10 fosse affiancato da nuove disposizioni volte a favorire un’ulteriore compressione dei diritti dei cittadini siriani più vulnerabili e ostili al regime.

 

nella foto: Civili e ribelli siriani evacuati dalla regione del Ghouta orientale arrivano a Qalaat al-Madiq, nord-ovest di Hama, 28 marzo 2018. (Omar Haj Kadour, da News Deeply)

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