Il Decreto Dignità del Governo: solo piccoli ritocchi, praticamente ininfluenti. Il Dl visto dall’interno del sindacato
di Eliana Como*
Mentre il paese sprofonda nella barbarie e il Ministro degli Interni detta la linea dura contro migranti e rom, promettendo la flat tax per tagliare le tasse solo ai ricchi e alle imprese, in Consiglio dei Ministri si discute una bozza di decreto che, incredibilmente, ha la presunzione di appellarsi niente di meno che alla dignità dei lavoratori.
Il decreto è composto da 4 titoli, i primi due dedicati al “contrasto al precariato” e ai “limiti alla delocalizzazione e salvaguardia dei livelli occupazionali”. Si dice che nella società dell’informazione il titolo di un articolo conti più di quanto non ci sia scritto dentro. Forse vale anche per i decreti, in epoca di politica di annunci e promesse elettorali. Così, il Governo si prepara a una grande operazione di propaganda, dietro la quale c’è poco o niente.
Certo, tornano le causali per i contratti a termine, ma solo dopo i primi 12 mesi. I possibili rinnovi dei contratti, anche interinali, diminuiscono da 5 a 4. I risarcimenti in caso di licenziamento ingiustificato aumentano (da 6 a 36 mensilità; prima erano da 4 a 24 mensilità). E aumenta il costo del lavoro dopo ogni rinnovo dello 0,5%. E si prevedono misure di contrasto alle delocalizzazioni, con una restituzione maggiorata degli incentivi pubblici. Sia chiaro: soltanto per 5 anni; dal sesto, le imprese possono tranquillamente fare armi e bagagli senza restituire un centesimo.
Si tratta di piccoli ritocchi, insomma, talmente modesti da essere più o meno ininfluenti.Nonostante la grande operazione di immagine di “lotta al precariato” non incideranno affatto sulla condizione reale dei lavoratori e delle lavoratrici (queste scomparse pure dal titolo… sigh!).
Cambia, infatti, davvero tanto se i rinnovi saranno 4 invece che 5, se poi, una volta finita la trafila, sei assunto con il Jobs act? È davvero così dirimente se, nel caso di licenziamento illegittimo, le mensilità aumentano un po’? Stante le attuali norme, quanti lavoratori e lavoratrici precarie sono disposte a intraprendere la strada lunga e incerta della causa, piuttosto che accontentarsi di conciliare qualche mensilità?
Peraltro, quasi contemporaneamente, il Ministro del Turismo e dell’Agricoltura annuncia che è pronto a reitrodurre i voucher nel settore agricolo per “tutelare la trasparenza” e “combattere il lavoro nero”.
Purtroppo, però, l’operazione rischia persino di funzionare. Decenni di sconfitte e di arretramenti sindacali, hanno legittimato nell’opinione pubblica il mantra del “lasciamoli lavorare” o “meglio poco che niente”.
Quanto mai ora è necessario, allora, un movimento di lotta dei lavoratori e delle lavoratrici, per rivendicare misure reali di contrasto al precariato, a cominciare dal ripristino dell’art.18 e dall’abrogazione del Jobs act. Da lì passa la nostra dignità. Non accontentiamoci delle briciole, non scambiamo lucciole per lanterne e non commettiamo l’errore di lasciare parole grandi come dignità in mano a provvedimenti così miseri, che serviranno soltanto a legittimare di più e meglio un governo xenofobo e razzista.
*portavoce nazionale dell’area Il sindacato è un’altra cosa – opposizione Cgil
#riconquistiamotutto!