Contro l’impunità della pedofilia un Gran Giurì della Pennsylvania propone di prolungare la prescrizione dei delitti e dare più tempo alle vittime per presentare le denunce
di Marina Zenobio
In questi ultimi giorni il mondo è tornato a rabbrividire per le storie di pedofilia, di abusi sessuali commessi da sacerdoti cattolici su bambini, bambine e adolescenti. Secondo un dossier di 900 pagine, reso noto da un Gran Giurì della Pennsylvania, negli scorsi settant’anni almeno 300 sacerdoti hanno commesso ogni tipo di abuso contro oltre un migliaio di minori, anche se gli investigatori pensano che la cifra possa essere molto più alta se si considera che molte vittime hanno preferito non denunciare. Per Josh Shapiro, procuratore generale dello Stato si tratta «Del più ampio e comprensivo rapporto su abusi sessuali ai danni di bambini all’interno della Chiesa Cattolica mai proposto negli Stati Uniti». Tuttavia la maggior parte di questi caso non avranno conseguenze legali perché il crimine è stato prescritto o perché gli autori sono morti.
Si tratta comunque di rivelazioni che si sommano ad un interminabile scandalo che da decenni tiene in scacco la chiesa cattolica perché non esiste una diocesi, su scala mondiale, in cui i ministri del culto non abbiamo commesso atti devastanti contro i membri più vulnerabili della società, figli di genitori che si fidavano di loro e ne riconoscevano il ruolo di guida spirituale.
Solo negli Stati Uniti l’organizzazione non governativa Bishop Accountability ha registrato che circa 10 mila sacerdoti cattolici sono stati denunciati per molestie sessuali; in Messico si sono verificati casi tanto orribili come quello del defunto Marcial Maciel, accusato di stupri ripetuti e continuati su molti seminaristi della Congregazione dei Legionari di Cristo fin dal 1956. Eppure Maciel è morto in completa impunità grazie alla protezione non solo dell’Episcopato messicano e del Vaticano, ma anche a quella di potenti personaggi della cupola politica e imprenditrice.
Una agghiacciante caratteristica comune a tutte le aggressioni sessuali documentate in Pennsylvania è l’insabbiamento fatto sistema, laddove la gerarchia ecclesiastica è venuta a conoscenza di tali episodio ha sempre scelto di coprire gli aggressori, proteggere l’istituzione cattolica e ignorare la sofferenza delle vittime.
Sebbene il papato di Francesco abbia dato un cambiamento di rotta rispetto alla politica della negazione a tutti i costi mantenuta dai suoi predecessori, soprattutto in maniera esecrabile da Karol Wojtyla, la Chiesa è ancora molto lontana dal voler capire la grandezza del danno causato, ancora più lontana dal dare ai suoi fedeli qualche indizio di vera contrizione e volontà di emenda. Per non andare troppo lontano, il giorno dopo che sono arrivati alla cronaca gli scandali più recenti made in Pennsylvania, il cardinale Sergio Obeso Rivera, arcivescovo emerito di Jalapa (Messico), ha rovesciato discredito su chiunque denunciasse abusi sessuali commessi da sacerdoti. In una intervista ai media locali il porporato, quasi 87enne, ha lasciato intendere che le vittime avrebbero la loro parte di colpa.
Comunque e indipendentemente dalle azione che la Chiesa voglia intraprendere per porre fine a questa ignominiosa realtà, gli Stati sono obbligati ad investigare e portare in tribunale qualsiasi persona che violi l’integrità fisica e psicologica dei e delle minori. In tal senso, per impedire che questi crimini restino impuniti, è necessario riprendere le parole del Gran Giurì americano che ha fatto luce su quanto accaduto in Pennsylvania: prolungare il tempo di prescrizione dei delitti di abusi sessuali contro i minori, dare più tempo alle vittime per presentare le denunce civili e rafforzare la legislazione che obbliga a denunciare gli abusi.