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Claudio Lolli tra gli alti e i bassi del movimento

Claudio Lolli: «Quest’anno a Bologna non succede niente». Un’intervista d’annata al cantautore e scrittore bolognese

di Franco Gaspari e Tonino Scirocco, dal Quotidiano dei Lavoratori del 27 luglio 1978*

E’ superfluo spiegare chi “sia” Claudio Lolli; i compagni lo avranno sentito magari in concerto, o conosceranno i suoi due ultimi, più fortunati, dischi (e cioè Ho visto anche degli Zingari felici e Disoccupate le strade dai sogni; ma un certo successo lo avevano raggiunto anche i suoi primi tre dischi). Siamo andati a trovarlo a casa sua a Bologna.

QdL Cominciamo parlando del tuo ultimo disco: Disoccupate le strade dai sogni.

Claudio : Per me è stato un esperimento riuscito; forse doveva essere più curata la ricerca nella seconda facciata, quella con le canzoni più canticchiate (Tipo: «Canzone scritta sui muri» o «Autobiografia Industriale.) Noi, infatti, abbiamo curato di più la prima parte (cioè Socialdemocrazia., «incubo numero zero., ecc), mentre le altre canzoni erano per lo più pezzi vecchi, magari messi li per riempire il disco. La nostra intenzione era di fare qualcosa che non fosse “canticchiabile”; quando una canzone è canticchiabile, vuoI dire che la conosci già, che in realtà non ti dà molto. Quando, invece, non riesci a «mangiarla» subito è una cosa che ti «informa», questo vale sia per i testi che per la musica.

QdL Questo discorso può valere anche per il tuo precedente disco: Ho visto anche degli Zingari felici?

Claudio Beh, già da allora c’era la necessità di fare qualcosa di diverso. Però con gli «Zingari» c’è un altro discorso: è stata la prima volta che ho «suonato» un disco con della gente, ed è stato uno sforzo importante che ho voluto fare.

QdL Queste esperienze, musicali collettive sono un po’ in parallelo con la vita del «movimento» qui a Bologna; non a caso, forse, lo «svaccamento» dell’uno ha coinciso con quello dell’altro. Cosa ne pensi. adesso, del tuo «ruolo» di musicista, ma anche compagno che ha vissuto «dal di dentro» tutta l’ultima esperienza?

 

dall’archivio di Flavio Carretta

 

Claudio: Il mio rapporto con il «movimento» non è forzato perché io faccio questa vita, ed è evidente che qualcosa traspaia poi nelle mie canzoni. Il pericolo in questi casi, è di fare qualcosa di «ideologico», tipo canzone «politica». A Bologna quest’anno non succede niente, e la stanchezza generale coinvolge anche me e quello che faccio. Ora come ora non sto facendo il musicista, ma sto preparando la mia tesi, faccio quello che ho voglia di fare (del resto per tutto questo tempo ho avuto come alibi, mentre facevo il “musicista”, il fatto che, in fondo, il mio vero ruolo fosse quello di studente, e viceversa; ora voglio por fine a questa contraddizione). Bisogna prendere atto con serenità anche dei momenti un po’ così come quelli che stiamo vivendo, è fare quello che ci viene. Questo non vuol dire che tutto è finito.

QdL Dicci qualcosa del famigerato rapporto musicista-spettatore.

Claudio Fino a qualche anno fa eravamo soliti fare un dibattito finito il concerto; adesso, invece, devono essere musica e testi a far subito «pensare». Di solito porti qualcosa di nuovo che la gente ascolta, e se questo ascoltare è, in un certo senso, essere «passivi», non vuol dire, però «subire». A settembre, quando ho suonato al convegno (il convegno contro la repressione animato a Bologna da migliaia di compagni, ndr)n, avevo un po’ paura di sovrappormi ai compagni, e non ero molto d’accordo sull’opportunità del concerto. Comunque molto dipende dal tipo di pubblico che hai di fronte. Una cosa è suonare ai festival dell’Unità, dove vado a fare un lavoro, un’altra è suonare per finanziare una qualche organizzazione. In questo caso sono io a decidere con chi farlo, e di conseguenza che pubblico affrontare. A livello epidermico mi dà fastidio suonare pensando che ciò serve ad un finanziamento, ma, in fondo, il mio concerto è una merce come un’altra. Fra l’altro ci chiamano spesso perché chiediamo poco, ma raramente facciamo prezzi diversi. Il nostro discorso sul prezzo viene a monte di tutto questo.

*Il Quotidiano dei Lavoratori era l’organo di stampa di Democrazia proletaria

 

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