Cinquantanove anni in 150 scatti, la retrospettiva che Palazzo Ducale dedica a Fulvio Roiter
da Genova, Claudio Marradi
Un albero. A volte l’unico protagonista di uno scatto che è già un’icona. Può accadere, se l’autore è un maestro della fotografia come Fulvio Roiter, al quale Palazzo Ducale di Genova dedica una retrospettiva fino al 24 febbraio 2019 nelle stanze della Loggia degli Abati.
La mostra Fulvio Roiter. Fotografie 1948 – 2007, promossa da Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura e prodotta da Civita Mostre in collaborazione con i Tre Oci, conta 150 scatti dal sapore irrimediabilmente vintage, selezionati dal curatore Denis Curti con il contributo della moglie Lou Embo e che raccontano l’intera vicenda artistica del grande fotografo scomparso nel 2016.
L’esposizione mette in fila gli immaginari inediti che rappresentano la Sicilia e i suoi paesaggi, Venezia e la laguna, ma anche i viaggi a New Orleans, in Belgio, in Portogallo, in Andalusia ed in Brasile… Itinerari di ricerca che hanno determinato i primi approcci alla fotografia di Roiter, nel pieno della stagione neorealista. “Un bianco e nero – nelle parole del curatore – contrastato, ruvido. Un desiderio di raccontare il mondo attraverso un attrito costante, senza mediazioni e senza menzogne. Un modo particolare di guardare il mondo che ha ispirato l’opera del grande autore veneziano, fino alla fine dei suoi giorni, in una linea di racconto dinamica, ricca di sfumature, sorprese e colpi di scena, vicina a un approccio intimo alla fotografia”. Roiter, del resto, non tralasciava alcun passaggio della produzione fotografica e per questa ragione le stampe, come i libri, li realizzava personalmente nella camera oscura allestita in casa sua, per poi timbrarle e firmarle.
Il risultato sone le 9 sezioni della mostra, ciascuna espressione di uno specifico periodo della vita e dello stile del fotografo: L’armonia del racconto; Tra stupore e meraviglia: l’Italia a colori; Venezia in bianco e nero: un autoritratto; L’altra Venezia; L’infinita bellezza; Oltre la realtà; Oltre i confini; Omaggio alla natura; L’uomo senza desideri. In un percorso espositivo che delinea un sentiero di riflessione via via più sottile, attraverso lo strumento di un bianco e nero astratto che diventa metafora. Come le foto di paesaggi innevati, che come unico segno recano le tracce del passaggio di sciatori, già dileguati chissà dove. La cifra di una presenza umana che già non è più che la scia luminosa di un movimento di assentazione. Dal mondo e da se stessa. Perchè in fondo noi tutti, come scriveva il poeta Friedrich Hölderlin, “Un segno siamo, che nulla indica…”.