Brasile. Cinque idee sull’importanza della mobilitazione delle donne contro Bolsonaro
Il giorno in cui Jair Bolsonaro (Partito social liberale) ha lasciato l’ospedale Albert Einstein di San Paulo, dove si stava curando dall’aggressione subita, le masse sono scese in strada, rispondendo all’appello del movimento, creato il 30 agosto, “Mulheres Unidas contra Bolsonaro” (Donne unite contro Bolsonaro, insieme #EleNão, Lui No), per opporsi alla sua candidatura reazionarie e d’estrema destra neofascista (1).
È stata una delle più grandi manifestazioni nazionali della storia recente del paese. I dati sono, per ora imprecisi, ma possiamo già dire con certezza che il totale dei manifestanti nelle principali città si avvicina al milione di persone. Centinaia di altre città brasiliane hanno partecipato al movimento e non sono ancora state comprese in questa cifra. Bisogna poi aggiungere le più di 60 mobilitazioni solidali all’estero. Non c’è dubbio che una “marea di persone” ha occupato le strade contro il neofascismo.
Sabato 29 settembre è stato un giorno storico. Molte cose saranno scritte sull’importanza di questa giornata sulla realtà brasiliana, ma cinque idee meritano di essere già sottolineate.
1) Il ruolo delle donne
Non è un caso se sono le donne ad aver diretto il movimento di ieri. La capacità promotrice delle donne si è espressa in molte lotte nel mondo in questi ultimi anni, in Argentina come in Spagna. E, in particolare, è impressionante la relazione tra la lotta delle donne brasiliane contro Bolsonaro e le gigantesche manifestazioni di donne contro Trump negli Stati Uniti.
In Brasile è percettibile questo ruolo delle donne, sia nel successo crescente delle manifestazioni dell’8 marzo, che in occasione della primavera femminista all’insegna dello slogan “fuori Cunha” e contro il Progetto di legge 5069 (2).
Le loro lotte hanno mostrato la via. Nel 2017, le mobilitazioni delle donne sono funzionate come una sorta di preambolo alle grandi mobilitazioni della classe operaia, come lo sciopero generale di aprile contro i piani di aggiustamento strutturale e le riforme reazionarie del governo illegittimo di Michel Temer.
Ma, ciò che più conta è il fatto che le donne che si trovavano ieri in posizione di avanguardia, non avevano in nessun modo il sentimento di essere isolate o marginalizzate, perché al loro fianco di trovavano distaccamenti di lavoratori, giovani e dell’insieme degli oppressi. Le manifestazioni di ieri sono anche state contraddistinte dalla lotta contro l’omofobia e il razzismo, con delle bandiere brandite da transessuali, per la lotta di chiunque sia bersaglio della minaccia neofascista. Come era scritto su diversi striscioni: “Se colpisce la nostra esistenza, noi saremo la resistenza”.
2) Una manifestazione politica senza precedenti
È stato un giorno che resterà per numerosi anni nella nostra memoria e nella nostra coscienza. È difficile trovare nella storia del Brasile delle tracce di un movimento come quello di ieri, a causa della sua dimensione gigantesca, alla vigilia di un elezione nazionale (7 ottobre e 28 ottobre). In generale, in occasione delle elezioni l’accento è messo sulle iniziative legate all’elezione dei candidati e, nel migliore dei casi, hanno luogo degli eventi importanti propri alla campagna elettorale.
Le manifestazioni di questo sabato attirano l’attenzione perché cercano di immischiarsi positivamente e direttamente nello scontro che contraddistingue queste presidenziali, cercando di modificare la dinamica negativa costituita dalla crescita (nei sondaggi) dell’audience di Jair Bolsonaro e della sua agenda politica. E ciò è stato fatto senza il controllo di un partito e un candidato. L’esempio di questa unità deve restare impresso nelle nostre menti per le lotte future.
3) Un’egemonia degli obiettivi della sinistra
Nei giorni che hanno preceduto le manifestazioni, alcuni settori della sinistra hanno parlato a torto dei rischi che le manifestazioni potessero essere recuperate dalla destra tradizionale, in particolare del PSDB (Partito della socialdemocrazia brasiliana) di Geraldo Alckmin, per rinforzarsi sul piano elettorale.
SI è trattato di un imbroglio grossolano. È importante notare che le mobilitazioni erano unitarie, convocate e costruite da vasti settori, ma chiunque fosse stato in strada ieri in tutto il paese ha potuto constatare l’egemonia delle tematiche e degli obiettivi propri alla sinistra.
La stragrande maggioranza delle persone presenti -donne e uomini- non si definivano come membri di un partito, ma la grande presenza di forze militanti della sinistra con le sue principali proposte non è passata inosservata.
La difesa delle libertà democratiche, il rifiuto di ogni forma di oppressione, la difesa dei diritti sociali e delle condizioni di lavoro e d’impiego, l’investimento in servizi pubblici di qualità, il rifiuto delle bassezze di Michel Temer e lo slogan “Mai più una dittatura” hanno dato il La a queste mobilitazioni.
È impossibile immaginare che questo movimento chiaramente di sinistra possa in qualche modo favorire la destra tradizionale. Altrimenti come sarebbe possibile spiegare la scarsa copertura mediatica e addirittura la manipolazione delle immagini da parte dei grandi media, molto differente da quella garantita nel 2016 alle manifestazioni degli “amarelinhos” (3).
È con grande soddisfazione che salutiamo questo fatto: la sinistra ha di nuovo conquistato l’egemonia in una manifestazione nelle strade, che devono essere il nostro principale terreno di lotta.
Allo stesso modo c’è stato un movimento di simpatia in direzione dei candidati del PSOL (Partito Socialismo e Libertà) e un’attenzione ai temi che mettono in rilievo; fatto che risulta da una politica di unità d’azione in questa mobilitazione spettacolare.
4) Quale impatto sulla realtà brasiliana
È ancora troppo preso per trarre delle conclusioni e delle lezioni di tutto quanto si è manifestato il 29 settembre. Ma sarà sicuramente un giorno che celebreremo per numerosi anni.
Non abbiamo dubbi sull’importanza della battaglia per sconfiggere Bolsonaro alle urne (4); e, se fosse possibile, di non farlo accedere nemmeno al secondo turno. Durante l’ultima settimana di campagna elettorale ci impegneremo a fondo per questo obiettivo (5).
Una cosa è certa: possiamo avere la convinzione che la lotta contro l’estrema destra neofascista in Brasile non sarà solo elettorale.
Dopo questa nuova “primavera delle donne” (vedi nota 1) sappiamo che questa lotta si svolgerà principalmente nelle strade, con delle manifestazioni volte a impedire la scalata reazionaria e conservatrice rappresentata da Bolsonaro e i suoi alleati. Non dobbiamo cedere un centimetro di terreno ai nemici della libertà.
Il movimento “Mulheres unidas contra Bolsonaro” discute già della convocazione di una nuova data per le manifestazioni nazionali. È fondamentale che questa lotta continui in modo da sconfiggere Bolsonaro nelle piazze e nelle urne.
5) L’importanza di votare per delle donne del nostro popolo
Siamo a una settimana dalle elezioni. Questo non può essere ignorato. È fondamentale utilizzare appieno questa dinamica per progredire in un’altra lotta molto importante: dare scacco all’inaccettabile e nefasta sotto-rappresentanza delle donne nella politica brasiliana.
Per citare solo alcuni esempi di questa situazione aberrante: sui 513 deputati federali, solo 54 sono delle donne (circa il 10%). Lo stesso discorso vale per i rappresentanti dei Neri, degli indigeni e delle LGBT. Sui 513 deputati federali c’è una sola LGBT.
Nella classifica internazionale della rappresentazione politica delle donne, calcolata su 192 paesi, il Brasile si piazza a un vergognoso 152° rango. Nell’Assemblea legislativa dello Stato di Rio de Janeiro, su 70 parlamentari, solo 8 sono donne. Inoltre, la quinta consigliera comunale meglio eletta, Marielle Franco (PSOL) è stata giustiziata sommariamente sei mesi fa, in un crimine palesemente politico a tutt’oggi impunito. Uno scandalo!
Non si tratta solo di difendere il voto in favore di candidate donne, ma di affermare l’importanza di eleggere delle donne che si identifichino con le cause e le rivendicazioni sollevate in occasione delle manifestazioni del 29 settembre.
E per questo che, durante questa ultima settimana di campagna, andremo nelle strade, nelle piazze, sui luoghi di lavoro e di studio, nei quartieri per gridare: “sostenete il voto per una donna nella nostra città”, “votate per delle donne di sinistra”, “mantenete in vita il seme piantato da Marielle Franco”. Solo per citare alcune, tra le tante idee, per mettere fine al pregiudizio infame e all’insostenibile violenza contro le donne, i Neri e le LGBT.
Avere la certezza che il movimento può essere un importante punto d’appoggio per continuare la lotta per la difesa dei diritti e delle conquiste di tutta la classe operaia e del popolo brasiliano brutalmente attaccato dal putchista Michel Temer.
*Editoriale di Esquerda Online, pubblicato il 30 settembre 2018.
1) Le Monde, datato del 3 ottobre 2018 scrive: “Dotate del diritto di voto dal 1932 –a condizione, in un primo tempo, che le spose avessero l’accordo del marito–, le Brasiliane hanno già marcato la storia politica del paese. Nel 1968, un piccolo gruppo di donne sfilava a Rio de Janeiro contro il maschilismo e la dittatura. E, una volta ritornata la democrazia, alla fine degli anni 1980, la “bancada do batom” (la “lobby del rossetto”) militava per ottenere l’uguaglianza dei diritti tra donne e uomini.
Il movimento “Mulheres unidas contra Bolsonaro” ha sorpreso per la sua ampiezza e la sua capacità di mobilitazione molto rapida. “C’è una nuova ondata di giovani femministe ben organizzate sulle reti sociali, che compensano la mancanza di potere politico”, osserva la sociologa Esther Solano.
Nella continuità della “primavera delle donne”, emersa nel 2015 per protestare contro le iniziative misogine del presidente della Camera dei deputati, Eduardo Cunha, il movimento si presenta senza etichetta politica. Sabato, la maggior parte delle manifestanti e i loro sostenitori maschili erano pertanto delle simpatizzanti di sinistra e del PT. Un’affinità che gli analisti spiegano con le avanzate ottenute durante i governi di Lula (2003-2010), in particolare con la legge Maria da Penha, nel 2006, che permette di denunciare le violenze domestiche. (n.d.r.)
2) Il progetto di legge 5069 è stato redatto da Eduardo Cunha (Partito del Movimento democratico brasiliano) che è stato presidente della Camera dei deputati dal 1° luglio 2015 al 7 luglio 2016, nel contempo sospeso dal 5 maggio 2016 fino a luglio, a causa di una procedura che ha frenato di continuo le decisioni concernenti la sua implicazione negli affari di corruzione legati al Lava Jato (“Autolavaggio rapido”) e alle sue menzogne sui suoi conti nei paradisi fiscali stimati a 40 milioni di dollari. Evangelista conservatore, il suo progetto di legge limitava fortemente l’accesso legale all’aborto per le donne vittime di violenze sessuali. Ha ugualmente proposto delle leggi contro gli omosessuali. Eduardo Cunha è stato arrestato dalla polizia federale nell’ottobre 2016 e incarcerato per un periodo indeterminato. (n.d.r.)
3) Referenza al colore giallo (amarelo) delle camicie (identiche a quello portate dalla nazionale di calcio), nelle grandi manifestazioni della classe media contro il governo di Dilma Rousseff, prima della sua destituzione nell’agosto 2016. (n.d.r.)
4) Domenica 30 settembre, Jair Bolsonaro, ha dichiarato al grande quotidiano O Globo: “Solo una minoranza (delle donne) è contro di me.”
Effettivamente, gode dell’appoggio di strati di donne, organizzate delle forze conservatrici e integraliste, che difendono i “valori della famiglia” e opposte all’educazione sessuale nelle scuole, come agli studi di genere all’università. La candidatura di Jair Bolsonaro, chiaramente favorevole alla dittatura militare che si impose nel 1964 e si rinforzò dopo il 1968, ha riaperto un dibattito su questo periodo cupo della storia brasiliana, con delle prese di posizione il cui centro di gravità si sposta a destra. (n.d.r.)
5) L’inchiesta sulle intenzioni di voto effettuata dell’istituto IBOPE il 1° ottobre accredita i principali candidati delle seguenti percentuali: Jair Bolsonaro (PSL) 31%, Fernando Haddad (PT) 21%, Ciro Gomes (PDT) 11%, Geraldo Alckmin (PSDB) 8%, Marina Silva (Rede) 4%. I candidati del PSOL (Guilhermo Boulos) e del PSTU (Vera Lucia) non appaiono nelle intenzioni di voto stabilite da IBOPE, che è uno dei principali istituti di sondaggi in Brasile. Il grafico qui di seguito offre un’idea dell’evoluzione (dal 20 agosto al 1° ottobre) delle intenzioni di voto dei due candidati di testa. (n.d.r.)