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Paolo Ferrero: «Potere al Popolo, l’altra storia»

Potere al Popolo, Paolo Ferrero replica a un lungo j’accuse di Salvatore Prinzi, leader dell’ex Opg di Napoli

Ho letto un lungo testo di Salvatore Prinzi intitolato: “CHE STA SUCCEDENDO? TUTTA LA VERITA’ SU POTERE AL POPOLO.” (clicca per leggerlo)

La tesi fondamentale mi pare questa: vi hanno fregato il telefonino? Vi hanno rubato la macchina? Avete perso il lavoro? La colpa è del Partito della Rifondazione Comunista. In un paese in cui la narrazione pubblica si fonda sulla costruzione del capro espiatorio il testo di Prinzi mi pare un lungo esempio di questo modo di riscrivere la storia.

Per questo mi sono messo a scrivere come li ho visti io questi mesi. Certo non è TUTTA LA VERITA’ come quella di Prinzi ma tant’è, a ognuno il suo.

Pap nasce da una ottima iniziativa dell’ex Opg dopo il fallimento del Brancaccio. Su quella base si è discusso insieme e concordato un manifesto costitutivo di Potere al Popolo che per me era ottimo allora ed è ottimo adesso.

Era il tempo della prima assemblea in cui Salvatore chiudendo parlava della necessità di mettere insieme i più giovani e i più anziani, chi stava nei movimenti come chi stava nei partiti, etc etc.

Perfetto.

Alla seconda assemblea il primo scherzetto: mentre in coordinamento vi era una discussione su chi fosse più adatta a fare il capo politico per le elezioni (nessuna candidata di rifondazione per essere chiari), la cosa venne “risolta” in assemblea con annuncio e grandi applausi, senza essere mai stata concordata. Scorretto ma nulla di irreparabile, lasciamo perdere…

Dopo le elezioni abbiamo tutti insieme deciso di proseguire l’esperienza perché avevamo deciso prima che si sarebbe dovuto costruire un soggetto politico basato sul principio una testa un voto per realizzare il progetto politico del manifesto costitutivo.

A questo riguardo un inciso: Rifondazione Comunista, è dal Congresso di Perugia del 2014 che propone l’aggregazione della sinistra antiliberista non come patto tra organizzazioni ma basato sul principio una testa un voto.

Si arriva quindi a programmare l’assemblea di Napoli ed in vista della quale si era lungamente discusso una traccia di regole per l’organizzazione in cui al centro vi era proprio il principio del consenso. In quei mesi emerse sempre di più un problema che non è mai stato risolto e che oggi emerge nella sua pienezza: la gestione del sito internet di Potere al Popolo. Il sito, che è di proprietà ed è gestito da compagni e compagne dall’ex opg, non ha mai avuto nemmeno una redazione espressione del coordinamento. In coordinamento le compagne e i compagni che hanno posto il problema della gestione a senso unico dell’informazione si sono sentite rispondere che era così e basta. Tant’è che per alcune riunioni vi furono discussioni perché il sito non pubblicò interventi che alcuni compagni del coordinamento avevano inviato.

Detto questo, nella bella e partecipata assemblea di Napoli, vi fu una lunghissima e tesa discussione nel coordinamento, fino alle tre di notte, sulla quota di adesione. Il punto non era se fare o no le adesioni individuali ma a che cifra fissare la quota. Noi di Rifondazione proponemmo 3 euro. Il motivo è molto semplice: se vogliamo fare un movimento politico e sociale popolare, a base ampia, con bassa soglia d’accesso, occorre avere una quota di adesione bassa. France Insumise, Podemos, Izquierda Unida o il movimento messo in piedi in Germania da Sahra Wagenknecht, hanno quote di adesioni pari o inferiori a questi tre euro da noi proposti.

Da altri compagni ci veniva invece proposta una quota di adesioni di 20 euro e a noi pareva una esagerazione, che configurava l’adesione ad un partito di militanti, non certo un movimento politico e sociale a carattere popolare.

Su questo si litigò a lungo e – applicando il principio del consenso – si arrivò alla mediazione dei 10 euro.

Al netto della nottata, l’impostazione politica di Napoli – a cui partecipò come ospite assai applaudito il sindaco de Magistris – non solo riprese l’impostazione iniziale ma la rafforzò in un documento finale che recita: “Potere al popolo non è un partito ma vuole essere un movimento politico-sociale di alternativa dentro il quale convivono posizioni e culture diverse impegnate nella costruzione di uno spazio e un soggetto unitario. Con il nostro manifesto ci siamo infatti impegnati a costruire “un movimento popolare che lavori per un’alternativa di società ben oltre le elezioni (…) Un movimento di lavoratrici e lavoratori, di giovani, disoccupati e pensionati, di competenze messe al servizio della comunità, di persone impegnate in associazioni, comitati territoriali, esperienze civiche, di attivisti e militanti, che coinvolga partiti, reti e organizzazioni della sinistra sociale e politica, antiliberista e anticapitalista, comunista, socialista, ambientalista, femminista, laica, pacifista, libertaria, meridionalista che in questi anni sono stati all’opposizione e non si sono arresi”.

Dopo Napoli abbiamo cominciato a discutere di bozze di statuto e da quel momento si è palesata una progressiva divaricazione che ha riguardato in primo luogo il preambolo: Noi proponevamo di mettere al centro del preambolo l’impostazione decisa nel manifesto iniziale e ribadita a Napoli mentre per la maggioranza del coordinamento si trattava di cose superate.

Oltre questo vi erano opinioni diverse sulla prosecuzione dell’utilizzo del criterio del consenso, sull’elezione di tipo presidenzialista dei portavoce, sul ruolo centrale delle assemblee territoriali nella definizione dell’assemblea nazionale, in modo che il tessuto militante non fosse azzerato nella pura consultazione attraverso la rete.

Su questo abbiamo discusso, anche al Campeggio di Marina di Grosseto e soprattutto nel coordinamento tenutosi sabato mattina al campeggio.

Qui avviene la prima grossa spaccatura. Da un lato noi proponiamo di fare una consultazione tra i compagni e le compagne su uno statuto solo che contenesse al suo interno gli emendamenti proposti. La maggioranza si disse contraria affermando che al massimo si potevano presentare 2 emendamenti, ma che se erano di più si sarebbe dovuti andare a votazioni con statuti contrapposti.

Su questo abbiamo litigato per ore perché è del tutto evidente che lo statuto è la carta delle regole comuni e questa deve poter essere discussa dai compagni in modo articolato, per una ragione politica e una concreta.

Sul piano politico è evidente che una organizzazione che si dota di uno statuto dividendo e facendo litigare i propri aderenti è una organizzazione che nasce male, facendosi del male.

Sul piano democratico è evidente che uno statuto deve essere discusso punto per punto: uno può essere d’accordo sui portavoce eletti direttamente e nello stesso tempo pensare che bisogna avere la regola del consenso, o viceversa. Le regole comuni si discutono nel dettaglio, non prendere o lasciare per schieramenti contrapposti.

La maggioranza del coordinamento di Grosseto in ogni caso decise con il parere decisamente contrario di vari compagni e compagne di assumere questa strada: fino a due emendamenti un solo statuto, più emendamenti due statuti contrapposti.

A quel punto chi come me non era concorde con vari punti proposti nello statuto di maggioranza non ha potuto far altro che presentare un altro statuto per far conoscere il proprio punto di vista.

Vi sono quindi state le assemblee territoriali di discussione sugli statuti. L’orientamento che io e altri compagni e compagne abbiamo seguito non è stato quello di perorare la causa di uno statuto contro l’altra ma quello di raccogliere la spinta unitaria che saliva dal basso e cercare di far sì che il coordinamento fosse spinto ad assumerla.

In questo quadro positivo, con tante assemblee fatte sui territori e 9000 adesioni, siamo arrivati alla riunione del coordinamento di lunedì In cui io e gli altri compagni e compagne che avevano presentato lo Statuto 2 abbiamo proposto tre cose:

– In primo luogo che il modo in cui si votano gli statuti venisse deciso direttamente da tutte e tutti gli aderenti sulla piattaforma. Adesso abbiamo 9000 aderenti certificati, non si capisce perché non siano gli aderenti a poter decidere come votare e invece debba essere il coordinamento provvisorio uscente ad avere questo potere.

– In secondo luogo abbiamo proposto di spostare di una settimana il voto sullo statuto in modo da permettere a tutte e tutti coloro che hanno aderito di ricevere le conferme delle adesioni e poter impratichirsi con la piattaforma informatica. Moltissimi aderenti non hanno ancora ricevuto alcun riscontro dell’adesione e un po’ di tempo in più sarebbe stato salutare. Inoltre è evidente che per molti e molte la piattaforma è uno strumento strano e un po’ di tempo sarebbe stato utile per entrare in confidenza.

– In terzo luogo abbiamo proposto che il coordinamento riconsiderasse la possibilità di votare su un solo statuto emendabile, rivedendo la decisione assunta a maggioranza di andare a votare su più statuti in contrapposizione.

Tutte queste proposte sono state respinte e così la maggioranza del coordinamento provvisorio ha deciso di approvare l’ordine del giorno presentato da Cremaschi e di portare Pap ad una conta che non era certo utile né tantomeno necessaria.

Per inciso, all’inizio della riunione era stato dato incarico ad un gruppo di fare il verbale. Ad oggi il verbale non c’è perché non si riesce a trovare un racconto condiviso per verbalizzare quanto avvenuto (faccio notare che non ci sono iscritti a rifondazione nel gruppo che deve stendere il verbale). Abbiamo allora chiesto che venisse reso pubblico l’audio del coordinamento. Non mi risulta sia stato fatto.

Il fatto che il verbale non sia stato fatto non impedisce però al sito di Pap gestito dall’ex opg di fare un resoconto del coordinamento in cui viene scritta una balla spaziale:

“È stata dunque presentata al Coordinamento una proposta di Statuto 1, “Indietro non si torna”, che integra gli emendamenti proposti dai territori su diversi punti importanti, accogliendo alcune esigenze dello Statuto 2. La proposta di rendere questo nuovo testo la base per uno statuto unico non è stata però accettata da chi sostiene lo Statuto 2.”

Dopo un mese e mezzo in cui il sottoscritto e gli altri che hanno presentato lo Statuto 2 chiediamo di poter fare un solo statuto emendabile, qui la situazione viene descritta al contrario.

Dopo averle provate tutte per evitare la conta abbiamo quindi ripresentato lo statuto 2 “Per uno statuto di tutti e di tutte” integrandolo con vari suggerimenti e proposte che sono emerse dalle assemblee territoriali. Per ripresentarlo e pubblicarlo ci viene chiesto, come condizione, di firmarlo con i nomi dei compagni e delle compagne del coordinamento nazionale che lo sostenevano.

E qui arriviamo agli ultimi giorni: Lo statuto 1 antepone al suo testo una premessa. Chiediamo di poterlo fare anche noi e venerdì all’ora di pranzo la inviamo nella mailing list del coordinamento. Tra le altre cose ci viene risposto che: “Ciò che viene proposto per lo statuto 2 è una narrazione su cui io mi trovo per alcuni punti in disaccordo, di come si sono svolte le cose. Sinceramente non sono d’accordo che questa versione di presentazione sia pubblicata sul sito. Penso che si debba modificare il testo”. Capito? Con la pretesa di qualche esponente della maggioranza di decidere cosa deve scrivere la minoranza il testo non viene pubblicato…

A questo punto decidiamo di ritirare lo statuto 2 con una lettera firmata da tutti e tutte coloro che l’avevano presentato. Ovviamente anche questa scelta viene mortificata e lo statuto n. 2 viene inserito sulla piattaforma da votare.

Come viene motivata questa incredibile forzatura? Che lo statuto 2, essendo andato in consultazione, non è più di proprietà di chi lo ha proposto e quindi deve essere per forza messo in votazione.

Ma come? Per poterlo presentare e pubblicare sul sito giovedì lo abbiamo dovuto firmare come componenti il coordinamento e adesso, dopo due giorni, quel testo ha preso una sua vita autonoma e non è più ritirabile? Gli obblighi imposti per la presentazione non valgono per ritirare?

Mai vista una situazione simile di violazione delle più elementari regole di convivenza dentro una organizzazione.

oggi, a babbo morto, la presentazione dello statuto due è magicamente apparsa sul sito…

Viene da domandarsi: Perché questa scelta di protervia in una situazione in cui a leggere Salvatore Prinzi, lo Statuto 1 avrebbe vinto la consultazione a mani basse? Perché un sicuro vincitore deve impedire al sicuro perdente di poter anche solo presentare il proprio statuto sul sito di Pap?

Mah. Forse la situazione è un po’ più articolata delle verità di Prinzi.

Ovviamente sul motivo per cui la maggioranza del coordinamento ha cominciato ad agire da buttafuori si possono fare varie ipotesi. Prinzi suggerisce la politica, l’innato moderatismo poltronaio degli orridi comunisti. Io mi sono fatto un’idea diversa. Non che sulla politica ci sia totale identità di vedute, ma non vedo tutte ste grandi divisioni. La mia impressione è che l’oggetto del contendere principale sia il potere. Chi comanda? Chi ha in mano un simbolo che è oggi riconosciuto in Italia?

Io penso che nessuno deve poter comandare da solo e che occorre coinvolgere positivamente tutti e tutte coloro che condividono in modo chiaro la scelta antiliberista ed anticapitalista. Unire movimenti, pratiche politiche e culture diverse è l’obiettivo che Pap si è dato alla sua nascita e io credo sia il compito politico che abbiamo oggi per riprendere le fila di un movimento di classe assai debole e diviso. Per questo insistiamo così tanto sul principio della condivisione , sulla pratica del consenso. Non ci sono Lenin all’orizzonte in grado di unire tutti gli anticapitalisti nello stesso partito, proviamo a costruire un soggetto politico plurale che unifichi invece di dividere.

Prinzi, nel convincimento di possedere la ricetta giusta, mi pare che propenda per fare un nuovo partito con un comando centralizzato che pur di non mollare la presa non si fa scrupoli di violare la democrazia e che tutto sommato considera positivo se rifondazione comunista si toglie dai piedi.

Non mi pare una grande idea per modificare i rapporti di forza nella società ma è impressionante per come tratta la verità. Ad esempio, tra le varie dietrologie dello scritto di Prinzi mi è capitato di leggere: ”Per non parlare del portavoce di PaP: Rifondazione vuole mettere Acerbo, ma se passa lo statuto 1 c’è l’incompatibilità delle cariche…”.

Quindi avremmo fatto tutto sto casino degli statuti perché volevamo Acerbo portavoce. C’è solo un piccolo particolare: che lo statuto n,2 ha sui portavoce le stesse incompatibilità dello statuto numero 1.

Non mi sembra il caso di proseguire su questo piano..

qui l’intervento di Eleonora Forenza

leggi anche la dichiarazione dei firmatari dello statuto 2

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