Lampedusa, cumuli di rifiuti e discariche abusive, operatori ecologici senza stipendio da mesi. L’intervento delle Brigate di solidarietà attiva
di Fabio Giusti*
Vai a Lampedusa, isola in mezzo al Mediterraneo, e ti aspetti di immergerti in un piccolo paradiso naturale ed invece ti trovi davanti cumuli di spazzatura e discariche abusive. Questo è quello che sta succedendo in questi ultimi mesi a Lampedusa. Lampedusa è sempre alla ribalta delle cronaca per la questione dei migranti: l’isola in mezzo al Mediterraneo è risultata essere nel 2018 il terzo porto di sbarco per consistenza numerica con i suoi 2.914 arrivi. Solo in queste ultime settimane sono arrivati più di 300 persone, tutti passati dall’Hotspot installato al centro dell’isola. Un’isola militarizzata, con tutti i corpi militari immaginabili presenti, con porzioni di territorio inaccessibili alla popolazione civile e Radar ed altre apparecchiature elettroniche varie sparse per l’isola. Una presenza militare che sembra discreta, ma che in realtà risulta ingombrante per la stessa popolazione. Una militarizzazione del territorio di cui ti accorgi specialmente la mattina, quando i militari escono dai loro residence di lusso e si gettano in massa “all’assalto” delle buonissime colazioni che caratterizzano i locali dell’isola. Ma questo sarebbe un’altro discorso, sull’inutilità sociale di queste presenze e sulle spese che comportano alla collettività.
Uno spreco di risorse che si va a scontrare con il fatto che in quest’isola ci sono dei lavoratore e lavoratrici che, da alcuni mesi, non ricevono lo stipendio, persone che nonostante questo stanno lavorando gratis per un loro senso di responsabilità in quanto coscienti che un loro fermo comporterebbe enormi problemi all’ambiente e alla salute di tutti gli isolani. Sono gli operatori ecologici dell’isola. Hanno lavorato tutta l’estate senza essere pagati quando l’isola è stata invasa di turisti, raggiungendo quasi 50.000 persone su una popolazione di 5000 residenti. Ma tutto ha un limite. Il 2 novembre, infatti, hanno deciso di fermarsi perché è diventato per loro non più possibile spettare le promesse, mai mantenute, del pagamento da parte delle ditte che hanno in gestione il servizio di pulizia urbana dell’isola. Sì, perché a Lampedusa il servizio di raccolta dei rifiuti non è pubblico ma è stato esternalizzato da a 3 ditte – ISEDA srl, SEAP srl, SEA srl- che oltre a non pagare gli stipendi si rifiutano di osservare i più semplici adempimenti previsti dal CCNL del settore. Questi lavoratori e lavoratrici sono dunque scesi in sciopero ed hanno chiesto alla popolazione di partecipare allo sciopero generale del 9 Novembre indetto dal O.S. USB. E’ chiaro che Ditte e Comune si nascondono dietro il dito della Regione Sicilia che non sta elargendo i fondi necessari per il servizio, ma chiare sono anche le loro responsabilità.
Le ditte infatti oltre a non pagare i lavoratori non rispettano nemmeno i capitolati stabiliti dall’Amministrazione comunale e il Comune non pensa minimamente di svolgere gli adeguati controlli su questi operatori. Il Comune per risolvere la questione rifiuti ha proposto anche un’affidamento in urgenza alle ditte che però dovrebbe comportare una diminuzione di ore lavorative e quindi di personale, per almeno sei lavoratori/trici. Questa proposta è stata rispedita al mittente perché risultava evidente che non devono essere i lavoratori a pagare i danni di un servizio esternalizzato e inefficiente. Per questo si è fatta avanti l’idea tra i dipendenti che risulti sempre più necessaria una rimunicipalizzazione del servizio, come solo atto che può garantire un servizio efficiente e il mantenimento se non l’incremento dell’attuale livello occupazionale. Ma la questione ambientale e di gestione dei rifiuti non si riduce alla sola questione di difesa dei salari e dei livelli occupazionali e di un servizio di raccolta più efficiente. Altro fattore insostenibile presente sull’isola sono infatti le decine di piccole discariche abusive nascoste che rendono ancor più fragile l’ecosistema di questa piccola isola.
Per questo da qualche mese è partito un progetto, Lampedusa Resiste, che si propone tramite la di mappatura delle discariche illegali e la loro pulizia , di rinaturalizzare queste aree, liberandole dalla sottomissione alle servitù militari e dalla devastazione ambientale. Questo progetto è stato pensato dal collettivo locale Askavusa, che raccoglie dei giovani dell’isola, con la collaborazione delle Brigate di Solidarietà Attiva. Queste due realtà non hanno fatto mancare il loro appoggio alle proteste dei lavoratori partecipando alla costruzione dello sciopero generale del 9 Novembre. Una scadenza che ha visto l’adesione, purtroppo piuttosto bassa della popolazione e che ha portato l’Amministrazione comunale, retta da una maggioranza composta da una lista civica di centrosinistra, nei giorni successivi a chiamare dei crumiri da Agrigento in sostituzione dei scioperanti! Il dibattito e le discussioni che hanno accompagnato l’organizzazione dello sciopero hanno toccato anche le problematiche collegate all’abusivismo edilizio presente sull’isola. Questa scadenza è stata dunque importante proprio perché è stata l’occasione per una riflessione complessiva che con lucidità ha collegato la questione dei lavoratori/trici e della devastazione ambientale data dalle discariche abusive alla battaglia contro l’abusivismo. Infatti grazie anche alla mancanza di un piano regolatore, l’abusivismo incide in maniera importante sul problema dei rifiuti, basti pensare che durante l’estate molte di queste costruzioni abusive, spesso adibite a B&B o date in affitto a turisti, comportano una gran quantità di rifiuti, ma, essendo le strutture “fantasma”, i proprietari non pagano alcuna tassa per la spazzatura, contribuendo a creare bilanci negativi per il comune. Così come è apparsa importante la richiesta di una demilitarizzazione dell’isola. la presenza militare infatti ha portato solo dei benefici monetari per pochi, i padroni di residence o di attività commerciali, senza alcuna ricaduta per la popolazione e con grave danno all’ambiente in generale.
In quest’isola si vedono chiaramente i danni insiti in una società, dove prevale lo sfruttamento delle risorse in nome del profitto per pochi. Lo sviluppo che ha subito quest’isola in nome del profitto ha di fatto modificato le tradizioni e la cultura di questo microsistema dove sono state di fatto abbandonate tutte le attività produttive tradizionali, dall’agricoltura alla pesca passando per la trasformazione del pescato, che, pur rimanendo un’attività importante, oggi è secondaria rispetto le attività legate al turismo di massa che da qualche decennio investe l’isola. Un turismo che sfrutta la natura e che finirà per distruggerla. Se a questo aggiungiamo la presenza massiccia di caserme ed infrastrutture militari che di fatto trasformano l’isola in un’unica grande base militare senza avere alcuna ricaduta positiva sull’isola, possiamo capire ancor di più come lo sfruttamento militare ed economico produca solo danni a persone e ambiente. Occorre una grande trasformazione ecosostenibile che coinvolga tutti i cittadini lampedusani e che chieda servizi come una raccolta differenziata dei rifiuti e un servizio di acqua potabile funzionante, una maggiore cura del territorio a partire dall’eliminazione di tutte le discariche abusive ed una lotta all’abusivismo edilizio. Una battaglia contro le istallazioni militari ed all’uso indiscriminato del territorio come base militare. Solo una battaglia che unisca l’ambiente, i beni comuni e i diritti dei lavoratori può servire a modificare la situazione attuale.
Le ultime notizie sono che il Comune ha rescisso il contratto con una delle ditte, la ISEDA srl, che ha mandato immediatamente le lettere di licenziamento agli operai.
*Progetto ecosocialista