Rileggendo Il senso delle cose di Richard P. Feynman, saggio di filosofia, pamphlet sul metodo scientifico e e mappa della nostra esistenza
di Pier Francesco Martini
Iniziare un libro intitolandolo “The meaning of it all” (letteralmente: “Il significato di tutte le cose”) rischia senz’altro di apparire pretenzioso. Del resto, come ci si può aspettare che un libro di poco più di cento pagine possa essere tanto consistente e significativo da cambiare addirittura il modo in cui noi vediamo il mondo? Eppure, difficilmente si sarebbe potuto trovare un titolo più azzeccato. Ma cominciamo innanzitutto a dire cos’è questo libro. Quantomeno, proviamoci.
A metà fra un saggio di filosofia, un pamphlet sul metodo scientifico e una vera e propria mappa della nostra esistenza, Il Senso delle Cose si oppone fermamente a una qualunque collocazione rigida, concedendosi il lusso di rimanere fluido tanto nel genere quanto nello stile. Nasce dalla trascrizione di tre conferenze tenute da Richard P. Feynman alla Washington University, e in virtù di questo mantiene uno stile fresco, agile, colloquiale, che invoglia alla lettura e contribuisce all’illusione di trovarci faccia a faccia con questo brillante oratore.
Quanto a quest’ultimo, qualsiasi tentativo di vincolarlo con le parole a una descrizione fallisce. Scienziato assolutamente geniale, scassinatore di casseforti, premio Nobel per la fisica nel 1965, suonatore di bonghi sulle spiagge di Rio de Janeiro e professore di magistrale bravura, Richard Feynman era tutto questo e molto altro. Vediamo ora come quest’uomo, definito a suo tempo (certamente non senza motivo) “l’uomo più intelligente del mondo”, articola il discorso con cui ci espone la sua visione del mondo.
Le tre parti trattano rispettivamente: il fascino e l’importanza del dubbio e dell’incertezza, il rapporto fra scienza, politica e religione e infine un’analisi tanto varia quanto geniale della natura umana e della società del suo, del nostro e di ogni tempo. Ciò che colpisce più di tutto e fin dall’inizio, è che un uomo del suo calibro ammetta con spiazzante umiltà di non essere certo la persona adatta a fornire risposte assolute, certezze granitiche; si propone piuttosto di fornire a ciascuno una chiave di lettura che gli consenta di formare la propria opinione personale, sensata e adeguatamente motivata. Il lettore arriverà a comprendere come il dubbio, la curiosità e la sete di conoscenza sono i veri strumenti del sapere.
Molti durante la lettura riconosceranno alcune idee già ampiamente formalizzate in passato: la necessità socratica di “sapere di non sapere”, l’elogio del dubbio di ascendenza chiaramente cartesiana, e naturalmente una lunghissima tradizione di filosofia della scienza che va dall’imprescindibile metodo galileiano al crollo delle certezze neo-positivistiche dovuto alla concezione della scienza come “approssimazione fino ad ora soddisfacente” sviluppata da Popper. La verità è però che Feynman riesce a coniugare queste e altre idee, in sé isolate, con la sua personalissima filosofia di vita e le sue esperienze come uomo e come fisico. Quel che ne risulta è una rappresentazione della realtà fondata sulla curiosità e l’entusiasmo più genuini, un mondo in cui la matematica e il metodo scientifico-sperimentale sono i pilastri su cui poggia ciò che è vero; tuttavia, in questo mondo, anche ciò che è non scientifico è accolto con gioia, purché contribuisca ad arricchirci. Nel mondo che pian piano Feynman dipinge sotto i nostri occhi il grande motore che sprona ad andare sempre più avanti non è la brama di ricchezza, fama, potere, bensì la gioia fanciullesca di scoprire qualcosa di nuovo. La fantasia, la creatività e il sentimento divengono importanti non meno del rigore e della logica; la scienza rivendica il suo posto nel mondo dell’arte e della bellezza, senza mai rinunciare ai suoi metodi e al suo rigore.
Questo libro punta dritto al nostro modo di vedere le cose e riesce a modificarlo, ma Feynman rifiuta nettamente di indottrinarci, dato che, come dice lui stesso: «La mia sarà pure una visione semplicistica ma mi pare innegabile che all’origine di molti dei nostri guai ci sia quest’ansia della gente di volere una risposta, anziché dare la caccia a chi può darci un metodo per arrivare ad essa». La lettura porta via meno di 100 minuti, riesce a coinvolgere lettori di ogni età ed è una miccia micidiale che innesca il libero pensiero e la valutazione critica del mondo che ci circonda, dalla scienza all’etica, spaziando nella politica, nella comunicazione e perfino nell’istruzione. Certamente non è un libro per chi cerca certezze o vuole liberarsi dai dubbi. Del resto, ci sono voluti secoli per conquistarci il diritto al dubbio e all’incertezza, e sarebbe sciocco buttar via così un simile traguardo.
Chiudo infine con questa breve riflessione dell’autore sulla bellezza, che credo incarni perfettamente il suo modo di entusiasmarsi davanti alla realtà:
«Ho un amico artista, e a volte lui mi espone un punto di vista che io non condivido granché. Lui prende in mano un fiore e dice: “Guarda quanto è bello”. Sono d’accordo, credo. Poi dice: “Vedi, io, in quanto artista, sono in grado di vedere quanto è bello; ma tu, in quanto scienziato, oh, lo riduci in pezzi e lo trasformi in una cosa scialba.” Io penso che lui sia un po’ svitato. Prima di tutto, la bellezza che vede lui è a disposizione di tutte le persone, e anche mia; inoltre credo, pur non essendo (forse) esteticamente raffinato quanto lui, di poter apprezzare la bellezza di un fiore. Allo stesso tempo, io vedo in un fiore molte più cose di quante ne veda lui. Posso immaginare le cellule in quel fiore, le complesse interazioni che si svolgono al suo interno; anch’esse hanno una propria bellezza! Voglio dire, non c’è bellezza soltanto a questa dimensione, quella di un centimetro, ma anche alle dimensioni inferiori. La struttura interna, i processi chimici, il fatto che i colori e il fiore si siano evoluti appositamente per attirare gli insetti che lo impollineranno: è estremamente interessante! Significa che anche gli insetti percepiscono il colore. Aggiunge però anche una domanda: il nostro senso estetico esiste nelle forme di vita inferiori? E’ una nostra esclusiva? Perché è estetico? Domande, domande, domande stimolanti d’ogni sorta. La scienza e la conoscenza non fanno che aggiungere all’emozione, al mistero e alla meraviglia di un fiore. Non capisco in che modo potrebbero sottrarne».