Spagna, perché ora l’irruzione di Vox sulla scena politica e perché potrebbe andare al governo dell’Andalusia. Come costruire il fronte dell’antifascismo
All’inizio degli anni settanta, la grande maggioranza degli europei pensava che la rinascita delle organizzazioni fasciste ruotasse attorno ai resti delle dittature mediterranee. Il tempo ha mostrato il contrario, tranne che nel caso della Grecia, sia in Portogallo che in Spagna, le opzioni legate allo spettro dell’estrema destra hanno tradizionalmente raccolto i peggiori risultati elettorali nel continente. Almeno fino alle elezioni andaluse del dicembre 2018, dove l’estrema destra, rappresentata da Vox, ha raggiunto un sorprendente 10% dei voti e 12 deputati. Un terremoto elettorale non solo a causa dell’irruzione dell’estrema destra nel parlamento andaluso, ma anche perché la sinistra ha perso la maggioranza parlamentare. Una situazione che apre le porte alla destra spagnola per governare per la prima volta in democrazia. Governo che non sarà possibile senza il supporto di Vox.
Ma non inganniamoci, il fallimento elettorale dell’estrema destra spagnola non avrebbe significato che i suoi valori non sarebbero stati presenti nell’arco istituzionale. Piuttosto, questo tipo di presenza assente dell’estrema destra spagnola ha mascherato la permanenza di un franchismo sociologico neoconservatore e xenofobo. Tuttavia, mancava di un’espressione politica ed è stato diluito fino ad ora all’interno di un accogliente Partito Popolare (PP). Ora, per la prima volta sembra aver trovato la sua espressione politica in Vox.
Perché ora l’irruzione di Vox? Alcune voci evidenziano che la crisi di un PP afflitto da corruzione come l’unico partito di destra spagnola ha portato ad una competizione elettorale insolita, favorendo la dispersione dei voti tra diverse opzioni e diluendo l’idea centrale di voto utile, che serve come una porta taglia-fuoco per ò’emergenza di altre opzioni conservatrici. Altre voci indicano come la concorrenza tra le destre ha portato ad una radicalizzazione delle proposte del PP e Ciudadanos, che ha contribuito alla normalizzazione di Vox, rifiutandosi di classificarlo come un partito di estrema destra nella campagna andalusa e riproponendosi di accettare di formare un governo con essa prima dello stupore delle loro famiglie politiche europee. Ci sono quelli che puntano all’ondata globale di ascesa dei nuovi populismi xenofobi e punitivi. Altri, sostengono il contesto multicomprensivo del conflitto territoriale con la Catalogna. Altri, nell’impotenza della sinistra e nei limiti di certe strategie elettorali e istituzionali. Altri, nei timori e nelle incertezze delle classi medie povere nel contesto di una crisi sistemica di oltre un decennio fa.
E ora cosa facciamo? Si è tentati di cercare di fermare l’avanzata del neofascismo acriticamente serrando i ranghi con le parti estreme del centro (PSOE, PP e C’s), cosa che può contribuire a due processi molto pericolosi. In primo luogo, continuare ad alimentare le loro presunte virtù democratiche e progressiste che che ci hanno ridotto così, rafforzando così la trappola binaria che ci costringe a scegliere tra il populismo xenofobo o il neo-liberismo, che presenta come progressivo il riflesso nello specchio della bestia autoritaria. In secondo luogo, abbracciare il centro estremo senza contrappesi lascia a Vox il monopolio del voto di protesta contro l’establishment e l’utile etichetta di outsider di un sistema che genera crescenti disagi.
Una certa “orfanità” di sinistra si può essere tradotta in uno spostamento di elettori all’estrema destra? Non matematicamente, piuttosto si traduce da ciò che è successo in Andalusia il 2 dicembre, ed è poco evidenziato, un aumento dell’astensione di sinistra. Analizziamo perché Vox (o C’s) illudono l’elettorato conservatore (che già votato per altri partiti di destra, o che si sono astenuti), fino a che punto riflettono le loro aspirazioni e paure, e in quale misura sono percepiti come strumenti di protesta elettorale da destra. E facciamo lo stesso per cercare di capire perché accade il contrario oggi con le nuove formazioni di sinistra, quindi in contrasto con quello che è successo solo un paio di anni fa. O, per essere più giusti, che cosa abbiamo fatto per essere lo strumento di federazione del malcontento e della sfida, dell’illusione di quelli che seguono? E ciò che è cruciale: come possiamo esserlo di nuovo.
Al di là delle molteplici cause e le conseguenze e le lezioni varie nel quadro elettorale che ci fornisce il 2 dicembre, l’Andalusia, e con essa la Spagna, oggi sembrano un po’ più vicine all’Europa: bipartitismo in crisi, estremo centro neoliberista in ricomposizione, il naufragio della gamba social-liberista, l’estrema destra in ascesa, una sinistra impotente e il conseguente parlamento frammentato. La sfida è come invertire questa ondata reazionaria globale e ri-decantare l’iniziativa politica verso gli interessi del campo popolare.
* da La Jornada, traduzione Ack Qatz. Miguel Urban è responsabile Europa e deputato al Parlamento europeo per Podemos