Il ticket Landini-Colla guiderà la Cgil. Una breve biografia del prossimo segretario generale del più grande sindacato
«Sono contento che alla fine la Cgil abbia evitato la spaccatura, abbiamo bisogno di una Cgil autorevole e il fatto che si sia arrivati ad un accordo su una sola candidatura, testimonia la volontà di avere un segretario forte e credibile». Potrebbe essere questo commento a fornire una delle chiavi di lettura per il risultato del Congresso Cgil appena chiuso a Bari perché è il commento di Fabio Storchi, presidente di Unindustria Reggio Emilia, ex leader di Federmeccanica, considerato un falco nel mondo di Confindustria, e che oggi è uno dei più felici per la prossima elezione del suo nemico-amico, Landini, alla segreteria della Cgil. Nel 2016 i due si fronteggiarono fino alla firma del nuovo accordo sul contratto dei metalmeccanici forse il peggiore nella storia della categoria. Oggi Storchi si aspetta una continuazione del percorso «che ha portato a un cambio di paradigma: dalla conflittualità alla condivisione all’interno delle aziende, con la persona al centro dell’innovazione. Un elemento su cui si gioca il successo o l’insuccesso delle imprese».
«Sono pronto a guidare una Cgil unitaria», assicura subito Landini eletto con il 92,7% di sì. Congresso che finisce con una coda di polemiche per una mozione approvata ed un tweet «sbagliato» sul Venezuela ed il presidente Nicolas Maduro, che aveva lasciato spazio ad un equivoco. «Mai con Maduro», precisa la Cgil, respingendo le letture «interessate e pretestuose», dopo un altro tweet che aveva già ammesso «l’errore». Un ulteriore precisazione arriva poi in conferenza stampa dal nuovo leader: «Non abbiamo mai detto che la Cgil è con Maduro, abbiamo sempre detto che quel governo ha peggiorato le condizioni di quelle persone. Ma pensiamo anche che un intervento esterno sia una lesione alla democrazia che non va bene». Landini parla all’assemblea generale, prima del voto, indica le sue linee programmatiche e subito sfida il governo: rilancia la battaglia sui diritti, la richiesta di una legge sulla rappresentanza e la manifestazione nazionale unitaria del 9 febbraio, già decisa da Cgil, Cisl e Uil: «Dobbiamo cambiare le scelte sbagliate che sta facendo questo governo», afferma ricordando appunto il prossimo appuntamento in piazza del Popolo a Roma: «Dobbiamo riempire la piazza, dobbiamo dare voce e parola al lavoro». La manovra, sottolinea, «è miope e recessiva, e non assume la stabilità e la qualità del lavoro quale bussola del cambiamento economico e sociale». E ripete il mantra dei diritti: ricorda la battaglia per la Carta dei diritti e l’articolo 18 e insiste perché «tutti quelli che lavorano abbiano gli stessi diritti». Sempre al governo si rivolge chiedendo di aprire il confronto con il sindacato e torna su un altro punto a lui caro: l’esecutivo, premette, «pensi a governare se ne è capace, ma lasci a chi lavora il diritto di scegliere il sindacato che vuole. Faccia una legge sulla rappresentanza e metta i lavoratori nella condizione di scegliere liberamente, senza essere sottoposti a ricatti». Spinge sull’unità e non si fa sfuggire una battuta: «Se qui qualcuno si sente landiniano, colliano, camussiano sappia che sono sintomi di una malattia che va curata subito». Ammette di avere «una grande responsabilità» e «un compito molto difficile» ma assicura che metterà «tutto se stesso, con lealtà, sincerità e testardaggine, cioè i pregi e difetti». Subito dopo l’elezione, il ringraziamento pubblico a Camusso, che abbraccia e porta con sé sul palco. Al suo fianco ci saranno due vice segretari, un uomo e una donna: Vincenzo Colla, l’altro potenziale candidato che ieri, dopo l’accordo politico raggiunto in extremis, ha fatto un passo indietro lasciando il campo ad un solo nome ed evitando di andare alla conta su due liste contrapposte; e Gianna Fracassi, già nella segreteria confederale. New entry nella segreteria sono Ivana Galli, attuale segretaria generale della Flai (la categoria dell’agroindustria) e Emilio Miceli (attuale segretario generale dei chimici della Filctem). Camusso, che già a dicembre scorso si era candidata per la guida del sindacato mondiale (Ituc), dovrebbe restare in Cgil come responsabile delle politiche internazionali.
Landini, dunque, è stato eletto oggi pomeriggio al Congresso nazionale della Cgil come successore designato di Susanna Camusso e Vincenzo Colla (qui il riassunto delle puntate precedenti), che gli si era contrapposto, sarà il suo vice. Dei 10 della segreteria, 7 sono dell’area Camusso, 3 del giro di Colla che gli si era contrapposto pur condividendo il medesimo documento in maggioranza e che sarà il suo vice. Ventiquattr’ore dopo, a ridosso dell’assemblea generale che dovrebbe designare il nuovo vertice tutto era sembratp essere rimesso in discussione. Lo avevano riferito fonti dell’area vicina a Colla, raccontando che lo stop sarebbe legato alla possibilità che la leader uscente, Susanna Camusso, resti in segreteria. «Non mi risulta. E trovo davvero grave che ci sia chi, dietro l’anonimato non avendo neanche il coraggio delle proprie azioni, cerchi di boicottare la soluzione unitaria che ha trovato la Cgil» ha ribattuto Susanna Camusso smentendo le «gole profonde» del primo mattino per cui sembrava tornato in alto mare l’accordo sul ticket Colla-Landini.
«Come immaginavamo, ha prevalso la burocrazia sul merito – ha commentato Eliana Como, il giorno prima del voto, prima firmataria di “Riconquistiamo tutto”, il documento alternativo che ha totalizzato il 2% – merito che, fin dall’inizio, c’entrava poco su una discussione su nomi e nomenclature. Noi abbiamo fin dall’inizio sostenuto a viso aperto le nostre opinione. E questo continueremo a fare. Abbiamo sempre detto che non avremmo votato né uno né l’altro. Così faremo. A chi ci chiede se per noi che da sempre sosteniamo la radicalità, la democrazia e le lotte, Landini non rappresenti finalmente una svolta democratica e movimentista, rispondiamo no! Proprio no. Landini sarà anche il nostro segretario, come è ovvio. Ma pretenderò soprattutto da lui che, piuttosto, sia lui a essere il segretario di tutti e non solo di chi lo ha votato».
(l’intervento di Eliana Como ieri al congresso)
Insomma, la notizia del giorno, dal congresso di Bari è che la Cgil non si spacca e trova l’accordo per evitare lo scontro sul vertice della confederazione. «Abbiamo trovato la soluzione per tenere unita la Cgil. Lo voleva questa sala, lo voleva la nostra gente ed il Paese. Ho voluto far di tutto per non rompere Cgil », spiega Vincenzo Colla che ha di fatto compiuto un passo indietro sulla candidatura alla leadership. «Ho tolto la disponibilità a fare il segretario generale perché abbiamo fatto un accordo», dice ancora mettendosi dunque a disposizione per un ruolo. Al voto dell’Assemblea generale, dunque, «andrà un unico segretario che sarà il segretario di tutti. Dopo trattative andate avanti tutta la notte infatti il punto di caduta è stato affinato in mattinata ufficializzando l’intesa: Maurizio Landini sarà il nuovo segretario generale Cgil e sarà affiancato, secondo l’accordo da due vicesegretari, Vincenzo Colla e un’altra personalità ancora da individuare ma sicuramente una donna per una questione di equilibrio di genere. Sembra infatti tramontata l’ipotesi di questa notte relativa alla nomina di Gianna Fracassi. E’ dunque una lista unitaria, composta per il 60% da membri di area landiniana e dal 40% da quelli che fanno riferimento a Vincenzo Colla, quella che verrà presentata all’Assemblea generale chiamata a votare il leader della Confederazione di Corso Italia. In segreteria invece i rapporti tra le aree contano 7 segretari vicini a Landini e 3 vicini a Colla: oltre a Roberto Ghiselli, entreranno in un secondo tempo Emilio Miceli, segretario generale dei chimici, la Filctem, e un altro componente femminile.
A 15 anni Landini comincia a lavorare come apprendista saldatore, a 57 si appresta a prendere il timone del più grande sindacato italiano. Quarto di cinque figli, Landini nasce in un piccolo paese dell’appennino reggiano, a Castelnuovo ne’ Monti, cuore dell’Emilia Rossa, il 7 agosto del 1961, da padre cantoniere e madre casalinga. Costretto a lasciare gli studi di geometra per contribuire al bilancio famigliare, trova lavoro in una cooperativa di Reggio Emilia. Un sogno nel cassetto era quello di fare il calciatore ma appena quindicenne capisce subito quella che è la missione del sindacato «rappresentare le condizioni di chi lavora e non deve guardare in faccia nessuno». Divenuto delegato sindacale della Fiom, a metà degli anni ottanta si impegna a tempo pieno nel sindacato, muovendo i primi passi sulla strada che poi lo porterà ai massimi vertici della federazione delle tute blu della Cgil. Uno dei suoi maestri è Claudio Sabattini, altra guida è un altro segretario generale della Fiom, Gianni Rinaldini. Approdato nella segreteria nazionale, Landini è responsabile del settore degli elettrodomestici e di quello dei veicoli a due ruote. Conduce le trattative con Electrolux, Indesit Company e Piaggio. A questi incarichi si aggiunge quello di responsabile dell’Ufficio sindacale che lo ha portato a seguire a stretto contatto con l’allora Rinaldini, le trattative per il rinnovo del contratto dei metalmeccanici nel 2009.
Il primo agosto del 2010, Landini diventa segretario generale della Fiom e lo sarà fino al 15 luglio del 2017. Epocale è lo scontro con Sergio Marchionne, nella vertenza Fiat sul progetto Fabbrica Italia. Una battaglia, quella condotta dalla Fiom di Landini sugli stabilimenti di Pomigliano e Mirafiori, che segna anche una spaccatura all’interno del fronte sindacale con Fim e Uilm. Nel 2012, la Fiom si costituisce parte civile nella sentenza da lui definita «storica» che condanna i vertici della Thyssen Krupp a pene detentive per l’incidente sul lavoro nella fabbrica di Torino in cui perdono la vita sette operai. La Fiom con Landini svolge un ruolo attivo anche nella vertenza Ilva per mantenere la produzione ma al contempo salvaguardare la salute e l’ambiente. Fino alla firma dell’accordo con l’azienda sotto questo governo. Landini chiude il suo mandato in Fiom con il rinnovo del pessimo contratto dei metalmeccanici il 26 novembre 2016, il primo unitario con Cisl e Uil, dopo due separati.
Da corso Trieste, sede dell’ex Flm, a Corso d’Italia, il passo è breve ma comporta la sparizione dell’anomalia Fiom. E in Cgil diventa segretario generale. Sono anni, quelli alla guida della Fiom, che vedono Landini acquistare una sempre maggiore popolarità anche grazie alla sue apparizioni televisive, in felpa o in camicia, ma mai con la cravatta. Anni in cui il sindacalista sembra assumere un ruolo più politico di riferimento della sinistra. In Cgil, è il leader della sinistra interna. Dopo un iniziale feeling con il segretario del Pd, Matteo Renzi, diventa oppositore del Jobs Act dopo l’approvazione di questa terribile legge. La Cgil fece due ore di sciopero otto giorni dopo.
Sembra cosa fatta la sua scesa in campo nella politica quando Landini nel 2015 lancia Coalizione Sociale, un soggetto politico-sindacale che riceve l’appoggio di numerose personalità della sinistra, come Stefano Rodotà, Pancho Pardi, Valentino Parlato, Vittorio Agnoletto, Alfonso Gianni, Gino Strada. E, a causa di questo, i rapporti tra Landini e il numero uno della Cgil, Susanna Camusso, spesso tesi, subiscono un altro colpo. Camusso chiede, infatti, chiede a Landini di cancellare qualsiasi ambiguità nel rapporto con la politica. Ma Landini più di una volta dice di non voler fondare un nuovo partito. In molti se lo aspettano. Ma non sarà così. La Coalizione svanisce senza lasciare tracce significative se non l’ennesima delusione in settori di militanti sempre più sfibrati e disorientati. All’inizio del 2016 sarà Landini a contrapporsi all’iniziativa di sedici Rsa degli stabilimenti Fca di Termoli, Melfi e Atessa. I 16 “incompatibili” avevano il torto di aver promosso degli scioperi (vincendo) coordinandosi con altri lavoratori conflittuali contro la metrica del lavoro, la famigerata Ergo Uas e contro i sabati di straordinario comandati. La vicenda si concluse con il liceziamento in tronco di Sergio Bellavita, esponente della minoranza, dalla segreteria Fiom.
Fino a un anno e mezzo fa nessuno avrebbe scommesso un euro sul fatto che Susanna Camusso avrebbe proposto Maurizio Landini come suo successore alla guida della Cgil. Proprio nel corso del 2016, la svolta. Sull’onda della rottura, seppure tardiva, col governo sul Jobs act e sul referendum costituzionale, condivisa praticamente da tutta la Cgil, Landini si avvicina alla maggioranza guidata da Camusso. Nel novembre del 2016 torna a firmare insieme con Fim-Cisl e Uilm-Uil il contratto di lavoro dei metalmeccanici (non accadeva dal 2008). E nel luglio 2017, su proposta di Camusso, viene eletto col 95% dei voti dell’Assemblea generale nella segreteria nazionale. Da quel momento si capisce che sarà della partita per la segreteria generale. Dirada le presenze televisive, dismette la felpa Fiom; si accredita presso le altre categorie, lui che ha una carriera tutta trascorsa nei metalmeccanici dopo aver cominciato a lavorare a 15 anni come apprendista saldatore; converge sul documento congressuale della Cgil proposto dalla segreteria Camusso. Che, dopo una consultazione interna, lo propone infine per la segreteria generale.