Cucchi, la pista del pm porta ai vertici dei carabinieri, Indagato un generale. Ipotesi di falso in atto pubblico. Ascoltato da pm, ha respinto accuse
Anche un generale è indagato per i depistaggi sulla morte di Stefano Cucchi. Comincia la scalata ai vertici nelle indagini sulla morte del geometra romano morto all’ospedale Pertini. Il generale dell’Arma, Alessandro Casarsa, indagato dalla Procura di Roma nell’inchiesta-bis sui depistaggi, sarà ascoltato in aula nell’ambito del processo che vede imputati cinque carabinieri, tre dei quali per l’omicidio. Ma potrebbe non essere l’unico alto papavero ed essere nel mirino degli inquirenti. Il nome di Casarsa compare nella lista testi depositata da un legale di parte offesa e sarebbe iscritto nel registro degli indagati per il reato di falso in atto pubblico.
Casarsa, all’epoca dei fatti era comandante del Gruppo Roma, ed è stato tirato in ballo, anche nelle udienze degli ultimi mesi, nella vicenda delle manipolazioni di due relazioni di servizio sullo stato di salute del geometra arrestato il 15 ottobre del 2009 e deceduto sette giorni dopo mentre si trovava detenuto presso il reparto protetto dell’ospedale Sandro Pertini. Nei giorni scorsi Casarsa, che fino ad un mese fa era a capo dei corazzieri in servizio presso il Quirinale, è stato ascoltato dai magistrati di piazzale Clodio e durante l’atto istruttorio ha respinto le accuse. Nel filone sul depistaggio sono attualmente indagate una decina di persone tra ufficiali e sottoufficiali dei carabinieri. E nell’aula del tribunale di Roma, nei prossimi mesi, comparirà anche il generale Vittorio Tomasone, che figura nella lista testi dell’avvocato Fabio Anselmo, legale della famiglia Cucchi. All’epoca dei fatti, Tomasone era il comandante provinciale e secondo alcuni testimoni ordinò le verifiche interne su quanto accaduto in caserma nella notte tra il 15 e il 16 ottobre 2009, quando venne arrestato il geometra romano.
I nuovi sviluppi sulle ipotesi del coinvolgimento di Casarsa emergono in vista della prossima udienza in tribunale, prevista venerdì prossimo, quando dal pm saranno ascoltati il professor Carlo Masciocchi, secondo il quale l’analisi della terza vertebra lombare di Stefano – presunta prova dell’aggressione – sarebbe stato escluso dagli esami dei periti della Corte d’Assise di Roma, e il maresciallo Davide Antonio Speranza, in servizio presso la stazione Quadraro all’epoca della morte di Stefano. Il maresciallo Speranza, già sentito dal pm come persona informata sui fatti il 18 dicembre scorso, nel corso dell’audizione era tornato sulla vicenda delle note di servizio modificate tirando in ballo due degli imputati: Roberto Mandolini e Vincenzo Nicolardi. Ulteriori tasselli, dunque, che potrebbero incastrarsi con la testimonianza chiave di Francesco Tedesco, il carabiniere che dopo 9 anni – a suo dire – ha rotto il silenzio sul pestaggio subito da Cucchi durante il fotosegnalamento e messo in atto «dai suoi due colleghi Alessio Di Bernardo e Raffaele D’Alessandro».
« Il nuovo capitolo nella storia della morte di Cucchi è stato scritto, lo scorso aprile, proprio durante il processo – ricorda un post dell’associazione dedicata a Stefano Cucchi – quando dopo il decesso vennero chieste le relazioni su quanto accaduto e i due documenti, datati 26 ottobre 2009, vennero fatti modificare il giorno stesso, forse perché alcuni dettagli potevano creare problemi. Nella prima relazione si legge che Cucchi, la mattina dopo l’arresto “riferiva di avere dei dolori al costato e tremore dovuto al freddo e di non poter camminare” tanto da dover “essere aiutato” dai carabinieri a salire le scale per andare in tribunale dove era fissata l’udienza di convalida. Dalla seconda versione, spariscono i dolori al costato e il fatto che il giovane non riuscisse a camminare il giorno dopo l’arresto: Cucchi, vi si legge, “era dolorante alle ossa sia per la temperatura freddo/umida che per la rigidità della tavola del letto”.
malapolizia