Roma, multati in 15 per un totale di 50mila euro per aver contestato lo sgombero di Degage, per agevolare la banca Bnp Paribas e il costruttore Parnasi
A una quindicina di attivisti romani è stato ingiunto di pagare 2600 euro di multa dalla Prefettura di Roma, con la motivazione di blocco stradale e interruzione di pubblico servizio, ma per aver semplicemente partecipato ad una manifestazione scortata, per di più, dalle forze dell’ordine. Ma gli attivisti, tutti studenti e precari, rilanciano, “La libertà di manifestazione non può essere multata! Stralciamo le multe!”. I fatti nell’agosto del 2015, lungo le strade del quartiere di San Lorenzo a seguito dello sgombero di “Degage”, studentato occupato in via Musa due anni prima e abitato da 35 studenti: era uno dei tanti stabili abbandonati da anni e successivamente recuperati per contrastare il caro affitti e promuovere l’allargamento del diritto allo studio, a molti spesso negato per assenza di fondi e strutture. Da questo si mosse la mobilitazione studentesca che costrinse l’ente regionale per il diritto allo studio, Laziodisu, a riaprire alloggi precedentemente abbandonati, come l’ala inutilizzata della Casa dello Studente di via Cesare De Lollis.
«Dietro lo sgombero – ricordano i promotori della campagna contro le multe – si celavano diversi interessi, speculativi e di rendita, che vedevano coinvolti Bnp Paribas, il costruttore Parnasi e la Provincia di Roma, a cui lo stabile era stato donato tempo addietro per essere adibito ad “uso sociale”. Bnp Paribas che sta comprando interi quadranti della città come accade a Casal Bertone, quegli stessi costruttori che oggi stanno per costruire lo stadio della Roma. Gli interessi speculativi, si sa, vengono sempre prima del benessere sociale!».
A chi scese in piazza si contesta ora che quella protesta avrebbe bloccato la circolazione stradale. «Circostanza alquanto curiosa – ribattono i diretti interessati – considerando il fatto che le forze dell’ordine, presenti in gran numero, non manifestarono apertamente la volontà di scongiurarlo, seguendolo e precedendolo invece con uomini e mezzi».
Il reato di blocco stradale, prima depenalizzato e adesso invece punibile con una pena dai 2 ai 6 anni di carcere grazie al Decreto Sicurezza, continua a configurarsi come una fattispecie volta a punire prevalentemente le lotte sociali, le proteste studentesche, gli scioperi e i picchetti dei lavoratori in lotta. Una strategia repressiva che punta a costringere un collettivo politico a concentrarsi nella ricerca di una cifra impensabile (un totale di 50mila euro) per soggetti sottoposti all’intermittenza di reddito e lavoro, piuttosto che nel dispiegamento delle proprie attività politiche e culturali. «Scendere a manifestare in strada è, spesso, l’unico modo di farsi sentire e di portare dei problemi all’attenzione del dibattito pubblico per chi non ha altre possibilità di far valere le proprie istanze. La libertà di manifestazione del pensiero, costituzionalmente presidiata, ci sembra assai lesa dall’uso strumentale e pienamente politico che viene fatto del reato di blocco stradale. Chiediamo a tutte e tutti – attiviste e attivisti, artist@ e musicist@ e tutta la società civile – solidarietà e sostegno, politico ed economico, nei prossimi mesi. Saranno organizzate iniziative musicali e dibattiti in città, affinché i ricorsi fatti vengano accettati e le multe stralciate. Questa vicenda colpisce pochi ma coinvolge tutte e tutti, inserendosi in una tendenza repressiva che ha visto negli ultimi anni un aumento dei fogli di via, dei divieti di dimora e di altri provvedimenti restrittivi della libertà personale a mezzo di provvedimenti amministrativi, come sta accadendo nei confronti di Madalina e dei numerosi avvisi orali e sorveglianze speciali sopraggiunte in questi mesi. Pensiamo che non sia giusto gestire i problemi sociali attraverso l’uso di provvedimenti di questo tipo, facciamo sì che anche quest’ultimo attacco non diventi un precedente, non permettiamolo!».
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