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Stadio della Roma, arrestato il presidente pentastellato del Campidoglio

Stadio della Roma, arrestato per tangenti Marcello De Vito, pentastellato antemarcia, presidente dell’assemblea capitolina

L’hanno chiamata operazione “Congiunzione astrale”. Tre anni fa Marcello De Vito di M5S aveva guidato, assieme a Virginia Raggi, un blitz dei carabinieri alla Ragioneria del Campidoglio per avere le note spese di Marino, allora sindaco, mentre lui era il capo dell’opposizione pentastellata. Onestà, onestà eccetera eccetera. Il nome dell’operazione arriva da un’intercettazione: «Questa congiunzione astrale tra ….tipo l’allineamento della cometa di Halley …hai capito cioè…è difficile secondo me che si verifichi …noi Marcè dobbiamo sfruttarla sta cosa, secondo me guarda ci rimangono due anni». Così il 4 febbraio scorso l’avocato Camillo Mezzacapo parlava a Marcello De Vito. Secondo il gip di Roma si riferisce allo sfruttare «il ruolo pubblico di De Vito per fini privatistici e ottener lauti guadagni».

La congiunzione astrale

Così, stanotte, all’alba, il presidente dell’Assemblea capitolina, il consiglio comunale di Roma, è stato arrestato dai carabinieri per corruzione nell’ambito della inchiesta della Procura sul nuovo stadio della Roma. De Vito è stato arrestato nell’ambito di una operazione del Comando Provinciale di Roma che ha portato ad altri tre arresti e una misura interdittiva del divieto temporaneo di esercitare attività imprenditoriale nei confronti di due imprenditori. I reati ipotizzati, a seconda delle posizioni, sono di corruzione e traffico di influenze illecite. L’indagine riguarda, oltre alle procedure connesse alla realizzazione del nuovo stadio della Roma, anche la costruzione di un albergo presso la ex stazione ferroviaria di Roma Trastevere e la riqualificazione dell’area degli ex Mercati generali di Roma Ostiense.

Il gip Maria Paola Tomaselli ha emesso un provvedimento di custodia cautelare in carcere oltre che per De Vito anche per l’avvocato Camillo Mezzacapo, destinatario di incarichi professionali su segnalazione del presidente del Consiglio comunale di Roma. Ai domiciliari vanno l’architetto Fortunato Pititto, legato al gruppo imprenditoriale della famiglia Statuto, e Gianluca Bardelli. Risultano indagati anche gli imprenditori Pierluigi e Claudio Toti, presidente e vicepresidente della holding di famiglia, figurano anche Claudio Toti, attuale presidente della squadra di basket Virtus Roma. I due in particolare sono coinvolti nel capitolo di indagine che riguarda l’appalto per ex mercati generali di Roma, nella zona Ostiense. Nel registro degli indagati anche l’amministratore Lux Holding, Giuseppe Statuto.

L’indagine ha fatto luce su una serie di operazioni corruttive realizzate da imprenditori attraverso l’intermediazione di un avvocato ed un uomo d’affari, che fungono da raccordo con De Vito al fine di ottenere provvedimenti favorevoli alla realizzazione di importanti progetti immobiliari. Mentre era in corso da parte dei carabinieri una perquisizione dell’abitazione, Marcello De Vito, è stato raggiunto da un provvedimento cautelare in carcere. Mentre è ancora in corso la perquisizione in casa di Marcello De Vito, i carabinieri del Nucleo Investigativo impegnati nell’operazione «Congiunzione astrale» stanno andando in Campidoglio . Al setaccio gli uffici della presidenza dell’Assemblea Capitolina a caccia di documenti. Alle 9 e mezza anche il pm Spinelli arriva nel palazzo del Comune. Le perquisizioni stanno interessando anche uffici di Acea, l’Italpol e la Silvano Toti Holding Spa.

Chi è De Vito

Marcello De Vito è un pentastellato della prima ora. Già candidato sindaco di Roma nel 2013, quando vinse per il Pd Ignazio Marino, De Vito è da sempre considerato vicino all’ala ortodossa di M5S, quella che fa capo a Roberta Lombardi, una sorta di spina del fianco politica per la prima cittadina Raggi. A candidato sindaco nel 2013 lo incoronano le comunarie e sempre le comunarie tre anni dopo lo fanno perdere a vantaggio di Virginia Raggi. Nella tornata elettorale che lo vede alfiere dei pentastellati arriva terzo, dietro a Ignazio Marino e l’uscente Gianni Alemanno. Prende il 12% ma è già una soglia consistente che poi il Movimento a Roma consoliderà negli anni a venire eleggendo tre anni dopo la Raggi. Laureato in Giurisprudenza, 45 anni, con l’elezioni della Raggi diventa presidente dell’assemblea capitolina forte di quasi 6500 preferenze, risultando il più votato in consiglio. Vicino alla Lombardi e all’ala dura e pura del Movimento in questi anni non ha risparmiato critiche alla sindaca. Nell’inchiesta sullo stadio quello di De Vito è il secondo arresto eccellente per il Campidoglio, dopo quello dell’avvocato Luca Lanzalone già presidente di Acea e superconsulente del comune.

Nessun pentastellato grida al complotto

Prima ancora delle reazioni ufficiali, hanno preso a ribollire le chat dei consiglieri M5S di Roma dopo la notizia dell’arresto. «Sono scioccata. Aspetto di capire meglio. Nelle chat la reazione è univoca ed è di incredulità. Tutti dicono “impossibile che sia successo”», dice la consigliera Eleonora Guadagno. «Siamo annichiliti», le fa eco, interpellata in merito, la collega Teresa Zotta. Che, a chi le chiede se si riuscirà ad andare avanti, risponde: «Vediamo, questa è dura. Ci incontreremo sicuramente, non posso credere ad una cosa del genere». Anche il pentastellato Angelo Diario si dice sorpreso: «Se andremo avanti? È uno su 28. Sono più dispiaciuto a livello personale, conoscendolo mi sembra strano». Più dura l’ex collega, la dissidente Paola Grancio uscita, anzi espulsa, proprio in merito alla vicenda del nuovo stadio della Roma e ora consigliera per demA: «Ho vissuto un atteggiamento di De Vito molto ambiguo quando ero dentro al gruppo consiliare e questa notizia oggi posso dire che non mi stupisce né mi sconcerta. Io credo che chi abbia così ostinatamente difeso questo stadio anche di fronte all’evidenza a questo punto debba dimettersi. A mio avviso è un momento in cui gli amministratori dovrebbero riflettere per poter dare di nuovo dignità alla vicenda stadio. Gli interessi in gioco sono altissimi, l’urbanistica è il simbolo della speculazione a Roma. Sapevamo che dovevamo entrare nelle istituzioni per rompere questo sistema e invece sembrerebbe, parlo con tutti i condizionali del caso, che il sistema abbia fagocitato questa amministrazione». Alle 10 e 30 parlerà anche Virginia Raggi con un post su fb: «Nessuno sconto. A Roma non c’è spazio per la corruzione. Chi ha sbagliato non avrà alcuno sconto da parte di questa amministrazione. La notizia dell’arresto di Marcello De Vito è gravissima: ho piena fiducia nella magistratura e nel lavoro dei giudici. Una cosa è certa: nessuna indulgenza per chi sbaglia. Ho dichiarato guerra alla corruzione e respinto i tentativi di chi vuole fermare l’azione di pulizia che portiamo avanti. Qui non c’è spazio per ambiguità. Non c’è spazio per chi immagina di poter tornare al passato e contaminare il nostro lavoro. Avanti fino in fondo, senza se e senza ma, per la legalità».

Stupito o disincantato nessun pentastellato grida al complotto: «I fatti contestati sono gravissimi: in questo momento, ancor più di prima, è necessario ribadire la piena e totale fiducia nell’operato della magistratura e delle forze dell’ordine. Non si può rimanere in silenzio. La corruzione è un male che colpisce in qualsiasi forza politica e bisogna essere intransigenti», fa sapere Nicola Morra, presidente della commissione Antimafia e senatore M5S. Parole simili a quelle di Roberta Lombardi, oggi capogruppo in Regione Lazio. Il sottosegretario Sibilia al Viminale, probabilmente il più aggiornato di tutti sulla “congiunzione astrale” sembra indicare la linea: «un episodio tristissimo. Ma come gruppo politico dobbiamo avere una reazione immediata e dura. Questa è la differenza che ci sarà sempre tra il M5S e le altre forze politiche. Gli altri li coccolano, noi no. Il dovere di una forza politica seria come la nostra che ha realizzato l’obiettivo di aumentare le pene ai politici corrotti è non solo essere, ma anche apparire onesti. La reazione a questo episodio non può far altro che farci crescere e migliorare». Per il Pd e non solo è l’ora dei sassolini nelle scarpe. La linea è «siamo garantisti ma Raggi si dimetta». Se li caccia, i sassolini, anche l’ex cinque stelle Pizzarotti, primo sindaco grillino a Parma che pensa a dove andranno dei delusi alle europee: «per la Giunta Raggi oggi è il tempo della riflessione sul proprio futuro, perché non è da escludere un passo indietro».

Raggi e lo stadio: una giunta uguale alle altre, un’opera come le altre

«La storia dello stadio della Roma è quella di ogni grande opera: devastazione dell’ambiente, rapina delle risorse pubbliche e corruzione, commistioni inquietanti tra banche, partito del cemento e soggetti politici e sindacali concertativi. Allo stesso modo, la storia della Giunta Raggi è quella di ogni governo, locale o nazionale, ai tempi del liberismo e dell’austerità: cemento, privatizzazioni, malgoverno, tagli ai servizi e al welfare, disprezzo per i diritti dei lavoratori. Per questo Sinistra Anticapitalista non è stupita ma indignata per l’operato della Giunta nello smantellamento dei diritti sociali e nel saccheggio della città. Sono scandalose, però, le reazioni da parte di Pd e centro destra, eredi dei sindaci che hanno preceduto Raggi governando con i medesimi sistemi antipopolari e corruttivi. Dimettersi sarebbe solo un gesto di rispetto di Virginia Raggi verso una città che ci aveva creduto nella diversità morale e politica dei cinquestelle. Noi mai. Venerdì 22, alla vigilia del grande corteo contro le grandi opere e per la giustizia climatica, noi ribadiremo le ragioni di una alternativa ecosocialista in una iniziativa (appuntamento alle 18 allo SpinLab) con Daniel Tanuro, dal Belgio, Ugo Poce di Planet2084 e con Paolo Berdini, urbanista e assessore defenestrato da Raggi proprio per la sua opposizione al progetto dello Stadio».

La vicenda dello stadio a Tordivalle anche con gli ultimi tagli al progetto, per un area verde potenzialmente rinaturalizzabile come gran parte dell’ansa del Tevere, previste cubature enormi in una città che vede oltre 185mila appartamenti sfitti ed una quantità enorme di uffici vuoti, di un ulteriore grande centro commerciale che sarebbe ben il quarto in un asse di 10 chilometri. Le infrastrutture da realizzare sono esclusivamente a servizio dell’opera, visto che lì non ci abita nessuno, e i costi di manutenzione resterebbero comunque a carico del pubblico, compreso il funzionamento delle grandi idrovore che dovrebbero scongiurare il rischio di esondazione. La retorica s’inventa il “nuovo Colosseo”, vengono millantati migliaia di posti di lavoro che ovviamente evaporeranno ben presto. In realtà l’impianto sportivo in sé non interessa a nessuno, nemmeno a Pallotta, grande elettore di Trump e patron della Roma, che ha senz’altro più confidenza con Wall Street che con il pallone. L’urbanistica “contrattata” e il sistema delle “compensazioni” hanno provocato disastri clamorosi a Roma negli ultimi 25 anni e fallimenti sia di obiettivi, sia in termini di danni materiali per la finanze del Comune, persino quando le “compensazioni” avrebbero dovuto servire per realizzare impianti sportivi e verde (si pensi alla vera e propria truffa dei “Punti verdi Qualità). L’impianto sportivo non sarà dell’As Roma ma della società di Parnasi-Pallotta che l’affitterà all’As Roma. Ma perché proprio lì, in un’area poco servita, verde, ma in stato di abbandono dopo la chiusura dell’ippodromo, con evidenti problemi di viabilità, raggiungibilità e rischi di esondazione? Parnasi, indebitato fino al midollo con Unicredit, ha acquistato i terreni da una società fallita a prezzi da saldo e s’è offerto come location e “sviluppatore”. Unicredit vede in questa operazione la possibilità di rientrare dei debiti di Parnasi e tramite i suoi strettissimi rapporti con la proprietà di As Roma – di cui aveva finanziato il salvataggio – pilota e instrada la proposta a Pallotta, presidente della Roma ma soprattutto gestore negli USA di fondi di investimento e grande speculatore finanziario.

A giugno 2018 le manette ai polsi di Parnasi, titolare della società Eurnova e cinque suoi collaboratori. L’obiettivo del gruppo, scrive il Gip nell’ordinanza di custodia cautelare, era «ottenere i favori del mondo Cinque Stelle» e di altre forze politiche. Ai domiciliari anche Luca Lanzalone, presidente di Acea (51% del Comune di Roma) e consulente della Giunta Raggi per il dossier dello stadio; il vicepresidente del Consiglio regionale del Lazio, Adriano Palozzi di Forza Italia; e l’ex assessore regionale all’Urbanistica Michele Civita, del Partito democratico. Una simulazione del Politecnico di Torino dei flussi di traffico nell’area di Tor di Valle restituiscono «un quadro catastrofico con punte di oltre 8.500 veicoli orari per singola direzione sul Gra». «Poco credibile» pensare che un 50% di utenti si possa spostare con il trasporto pubblico anche se Raggi assicura che si starebbe lavorando con la Regione per ammodernare la Ferrovia Roma-Lido e la Orte-Fiumicino. Non dovrebbe spuntate un secondo ponte nell’area, quello di Traiano, che invece secondo la Regione avrebbe dovuto affiancare quello dei Congressi.

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