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Napoli, Paolo Maddalena guiderà l’audit sul debito

Napoli, parte l’iter per la Consulta pubblica di audit sulle risorse e sul debito. Come la trappola del debito ha ingabbiato i Comuni

Napoli, audit sul debito: sarà il giurista Paolo Maddalena, già giudice costituzionale a presiedere la “Consulta pubblica di audit sulle risorse e sul debito della Città di Napoli”. E’ stato pubblicato il Decreto del sindaco Luigi de Magistris. La Consulta “ ha funzioni di studio, analisi e proposta in materia di strategie e politiche di bilancio e sull’andamento del debito pubblico locale e può esprimere valutazioni sulle proposte di delibere di competenza della Giunta Comunale e, a seguito di richiesta delle Commissioni consiliari, sulle proposte di delibere di competenza del Consiglio Comunale, aventi ad oggetto il bilancio del Comune di Napoli, gli atti di adeguamento normativo – fiscale e le azioni che incidono sul debito e sulla finanza pubblica locale del Comune di Napoli.”

“La Consulta – si legge ancora nel decreto – ha anche funzioni di studio, inchiesta e predisposizione di linee di azione relativamente alle risorse sulle quali poggiare lo sviluppo cittadino e alle strategie per impedire che il “debito ingiusto”, maturato durante i commissariamenti della Città di Napoli, produca ulteriori effetti negativi. Le riunioni della Consulta sono pubbliche ed è data la possibilità agli intervenuti di prendere la parola; la partecipazione alla Consulta è svolta a titolo gratuito e, pertanto, ai componenti non sono corrisposti emolumenti, compensi o rimborsi spese”.

Il rapporto IFEL 2018 sulla finanza comunale evidenzia chiaramente la metamorfosi intervenuta con le politiche di austerità, imposte dalla teologia della stabilità finanzairia e dalla trappola del debito. I dati 2010-2017 spiegano che il saldo netto di bilancio conseguito dai Comuni cresce di circa 8 miliardi di euro, per effetto di un aumento delle entrate (+1,3 mld), e soprattutto indicano una drastica riduzione delle spese (-6,3 mld). Crescono le entrate proprie (+34,7%) a fronte di una netta riduzione dei trasferimenti correnti dallo Stato (-36,8%); riduzione che si riscontra anche sul versante delle entrate in conto capitale (-33,6%), effetto della crisi economica, ma anche del crollo della contribuzione statale agli investimenti degli enti locali. Spese a meno 15,2%, ma con un meno 33,4% sulle spese per investimenti grazie ai vincoli finanziari posti in carico ai Comuni.

Se il mantra “il pubblico non funziona” ha qualche pezza d’appoggio nell’esperienza concreta si deve all’ossessione per la stabilità dei conti che ha spolpato i servizi e gli investimenti e «ha ingabbiato i Comuni, minandone la storica funzione pubblica e sociale – come spiega Marco Bersani dal sito di Cadtm – senza neppure conseguire la famosa stabilità, come si evince dando un occhio alla situazione dell’indebitamento, che appare veramente paradossale: da una parte, infatti, il contributo complessivo dei Comuni all’indebitamento è irrisorio, non superando l’1,7% del debito pubblico complessivo, con una netta riduzione (-19%) nel periodo considerato; dall’altra, quel debito, per quanto basso in valori assoluti, sta letteralmente strangolando, grazie ad interessi da usura, moltissimi enti locali, in particolare i più piccoli». In media, il debito pesa per il 10% sulle spese correnti comunali ma per 727 enti (10% del totale) supera il 18% sulle spese correnti.

«Risulta chiara – riprende Bersani – da questi dati la drastica espropriazione di democrazia operata in questi anni dalle politiche liberiste, che hanno trasformato i Comuni da luoghi primari della democrazia di prossimità  in terreni di penetrazione degli interessi finanziari dentro le comunità. Forse è venuto il tempo di una ribellione collettiva da parte delle comunità locali e di quelle amministrazioni (in netta diminuzione) ancora legate all’idea di Comune come garante dei diritti fondamentali ed erogatore dei servizi necessari a renderli fruibili. Forse è giunto il momento di rivendicare una finanza locale che preveda risorse adeguate e incomprimibili per la funzione sociale degli enti locali, e un finanziamento delle opere pubbliche (do you remember Cassa Depositi e Prestiti?) che preveda interessi zero, non essendo le stesse finalizzate ad alcun profitto, bensì all’interesse generale (collettivamente deciso). L’alternativa è l’attuale Far West della solitudine competitiva e del rancore sociale».

L’audit locale è lo strumento che i movimenti hanno indicato per costruire la consapevolezza sugli scopi reali della trappola del debito. Bersani, uno dei fondatori di Cadtm Italia, ha appena pubblicato “Europa alla deriva. Una via d’uscita tra establishment e sovranismi” (DeriveApprodi, 2019, 180 pagg, 13 euro), un saggio che indica le tracce di un percorso capace di riaprire l’orizzonte di una «via d’uscita»: stracciare il trattato di Maastricht e sottrarsi alla trappola del debito non per rinchiudersi nei confini nazionali, ma per costruire una nuova casa europea basata sull’uguaglianza, sul diritto al reddito per tutti, sulla riappropriazione dei beni comuni e della ricchezza sociale prodotta, sulla riconversione ecologica della produzione, sulla democrazia partecipativa.

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