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Genova, camalli contro le navi delle armi

Il boicottaggio dei camalli genovesi contro il cargo saudita Bahri Yanbu, niente carichi d’armi per lo Yemen

di Ennio Remondino/Remocontro

«C’è qualcosa di nuovo oggi nel sole, anzi, d’antico». Giovanni Pascoli rivisitato in genovese. Tutta la Compagnia unica dei camalli del porto ha dichiarato un No netto e assoluto, memoria di altre storiche battaglie democratiche contro le guerre, sull’arrivo della nave saudita Bahri Yanbu: «Non deve arrivare a Genova, non devono essere imbarcate armi».
La mobilitazione è partita mercoledì con le notizie dalla Francia, a Le Havre, dove gli scaricatori portuali francesi hanno impedito l’attracco della nave, con Macron costretto a precisare che quelle armi erano sì per l’Arabia saudita ma che non sarebbero finite in Yemen.
Balle, raccontate in francese. A Genova dovrebbero provare a raccontare ai camalli delle ‘musse’, ma loro, diffidenti e di storica esperienza e resistenza, chiedono il ‘manifesto di carico’, spiega Massimo Franchi sul manifesto giornale.

La nave saudita delle armi

Porti chiusi solo alle armi

Assemblea alla ‘sala Chiamata del porto’, altro pezzo di storia del mondo del lavoro a formalizzare l’unità fra le posizioni dei lavoratori e le ong impegnate per il disarmo e la denuncia della posizione italiana sulla guerra in Yemen. «Un’alleanza inedita per un mondo del lavoro sempre più diviso e reso egoista dalla guerra fra poveri per un salario quale che sia», osserva Franchi.
Ma prima dello Yemen fu Vetnam e molto altro. Mondo del lavoro, storia e radici. «Durante la guerra del Vietnam bloccammo l’attracco alle navi americane. E così facemmo durante la guerra del Golfo. Questi valori, questo patrimonio di sapere sono stati tramandati di padre in figlio e anche se siamo molti di meno oggi e vogliamo difendere il nostro lavoro, non lo facciamo a tutti i costi. In Yemen è catastrofe umanitaria con 60mila uccisi, 90mila bambini morti per malnutrizione, un milione di persone coinvolte dall’epidemia di colera. Abbiamo spiegato queste cose ai nostri soci e ai nostri lavoratori e sono stati tutti d’accordo sul boicottaggio».

Foto segrete dalla stiva della nave, carri armati

I Camalli, il Console e la storia

La strategia dei lavoratori portuali genovesi è semplice: «Vogliamo creare un precedente che ci permetta di evitare di ritrovarci in questa situazione: le navi con armi non devono arrivare a Genova».
«La stessa nave della stessa compagnia saudita era attraccata a ottobre scorso e ci avevano spiegato che le armi che c’erano non erano destinate alla guerra in Yemen. È chiaro che stavolta non accetteremo una cosa del genere e siamo tutti d’accordo».
«Noi ci appelliamo quindi ai trattati internazionali firmati dall’Italia sul commercio delle armi e alle parole del presidente Conte sullo Yemen. Aspettiamo la presa di posizione del sindacato internazionale Etf, ma continuiamo la nostra battaglia in modo intransigente: porti aperti alle persone, non alle guerre».

Sistemi di puntamento radar

Cargo saudita Bahri Yanbu

La nave al centro del caso a metà strada fra diplomazia e spy story. Tutto ruota attorno ai cannoni Caesar prodotti in Francia che secondo il sito francese di giornalismo investigativo Disclose, sarebbero stati venduti all’Arabia Saudita che li avrebbe impiegati nello Yemen. Nel porto spagnolo di Santander sarebbero state caricate, “armi non letali (?) destinate a una parata militare negli Emirati Arabi, e munizioni per cannoni dirette ai sauditi ma in regola con le normative internazionali”. Ci creda chi vuole.
A Genova non si esclude che possa essere completato il carico. Amnesty International: «Esiste il fondato pericolo che i porti italiani accolgano gli operatori marittimi che trasferiscono sistemi di armi e munizioni destinati a paesi in conflitto. Bombe che alimentano le guerre che a loro volta alimentano le migrazioni che, a parole, tutti vorrebbero prevenire aiutando le popolazioni ‘ a casa loro’: una vera follia».

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