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«Distruggere il capitalismo prima che distrugga noi»

«Il capitalismo è all’origine dei cambiamenti climatici: bisogna distruggerlo prima che distrugga noi», dice il sociologo Jean Ziegler

L’indice del sociologo Jean Ziegler, membro del comitato consultivo del Consiglio dei diritti umani dell’ONU, contro le 500 più grandi multinazionali che l’anno scorso hanno controllato il 52.8% del reddito “terrestre”. «Hanno un potere che nessun re ha mai avuto».

«Il sistema capitalista ha effettivamente impressionanti capacità, dinamica e creatività», riconosce il professore 85enne, ex consigliere nazionale socialista (1987-1999), in un’intervista pubblicata alcuni giorni fa dal Sonntags Blick e ripresa da un sito ticinese. «Ma i grandi gruppi economici si sottraggono a ogni controllo: funzionano unicamente secondo il principio della massimizzazione dei profitti nel tempo più breve possibile, a qualunque costo umano». Secondo Ziegler per andare contro questo stato di cose non serve a nulla attaccare i governi: è necessaria una radicale critica del capitalismo, che ora a suo avviso sta arrivando.

«O distruggiamo il capitalismo o lui annienterà noi», sostiene il sociologo, che si aspetta una sollevazione popolare. «La storia insegna che le classi dominanti – oggi l’oligarchia finanziaria internazionale – non rinunciano mai volontariamente ai loro privilegi: si difendono a sangue», puntualizza. «Se guardo alla storia mi sembra impossibile che oggi succeda qualcosa di diverso».

L’ex relatore dell’ONU per il diritto all’alimentazione ammette che è molto difficile prevedere cosa subentrerà dopo la caduta del capitalismo. «Ma anche la mattina dopo la presa della Bastiglia nessuno sapeva quale nuova società sarebbe nata sulle rovine della monarchia».

All’intervistatore che gli fa presente come può essere considerato contraddittorio vivere sulle colline viticole di Ginevra e parlare della fine del capitalismo sorseggiando nel contempo del vino, Ziegler risponde che si tratta di un rimprovero senza fondamento e cita Bertolt Brecht: «Solo i rivoluzionari felici sono buoni rivoluzionari».

L’85enne ammette peraltro di vivere una vita da privilegiato, ma aggiunge di aver dovuto subire nove processi da parte di grandi banche, squali della finanza e speculatori: essendo stato condannato a versare pesanti indennità per diffamazione ora si trova alle prese con elevati debiti. Naturalmente però ne è valsa la pena, conclude.

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