Perché questo silenzio assordante sulla lotta di liberazione del popolo curdo e sul lunghissimo sciopero della fame di 7mila detenuti politici
di Giorgio Coluccia
Onorati compagni e onorate compagne, nell‘ambito dell‘esposizione dei miei due avvocati, invito tutte le amiche e gli amici che sono in sciopero della fame e in digiuno fino alla morte, a mettere fine alla loro azione. Posso dire con certezza che lo scopo della loro azione rivolto alla mia persona ha raggiunto il suo obiettivo. Con questo voglio esprimervi il mio amore e la mia gratitudine. Spero che anche in futuro mi accompagnerete sulla nostra strada con la necessaria intensità e la necessaria volontà. Con amore e saluti, Abdullah ÖCALAN 22 maggio 2019, carcere di Imrali
Vogliamo iniziare con la lettera di Ocalan perché lo sciopero della fame che ha coinvolto oltre 7mila prigionieri politici kurdi e alcune attivisti europei ha avuto un senso molto profondo per la lotta di liberazione kurda e ci sembra fortemente esplicativa la frase: “L’isolamento è imposto non solo ad una persona ma ad un intero popolo. E io come esponente di quel popolo, accetto di morire per questo.”, pronunciata da Leyla Guven, deputata di HDP (in turco Halkların Demokratik Partisi, in italiano Partito Democratico dei Popoli ) che unisce forze filocurde e forze di sinistra, dei movimenti e delle minoranze in Turchia, e co-presidente del DTK (Congresso della Società Democratica).
E questa volta la lotta ha dato i suoi frutti: Ocalan dopo otto anni di isolamento totale ha avuto il suo primo contatto con i suoi avvocati il 2 maggio 2019. La KCK (Unione delle Comunità del Kurdistan) fa notare che l’isolamento non è stato revocato con una vista una tantum degli avvocati e che le richieste di coloro che sono in sciopero della fame non sono state esaudite. Leyla Guven un anno fa è stata arrestata per aver richiamato alle trattative di pace, in un orizzonte rivoluzionario, opponendosi e denunciando la guerra di invasione che Erdogan ha condotto guidando l’Isis ad occupare Afrin in Rojava/Nord Siria ed ha iniziato la resistenza entrando in sciopero della fame a tempo indeterminato il 7 novembre 2018 mentre si trovava nel carcere di Amed (Diyarbakır). A lei si sono uniti migliaia di prigionieri e dozzine di attivisti e attiviste in Kurdistan, Europa e oltre. Con il movimento dello sciopero della fame è stato imposto il diritto previsto dalla legge di visite di familiari e avvocati, prosegue la dichiarazione. Possibilità di contatto a livello continuativo con avvocati e famigliari sono un diritto universale e le visite a Imrali sono state permesse dallo Stato turco solo quando migliaia di persone in sciopero della fame si trovavano già alla soglia della morte. Con lo sciopero della fame è stato messo in evidenza che l’isolamento è illegittimo e illegale.
Il 22 maggio sotto la sede della Rai, un sit-in di giovani profughi kurdi e cittadini italiani ha voluto protestare contro l’assordante silenzio della Rai e dei media italiani su ciò che sta succedendo nel Kurdistan siriano e turco, sulle sorti del leader kurdo Abdullah Ocalan e sullo sciopero della fame di oltre 7000 prigionieri politici kurdi. Al centro Ararat, a Roma, ci dice Darman, uno degli organizzatori della protesta, «il compagno Erol Aydemir, giovane rifugiato, il 23 marzo scorso, giorno del capodanno kurdo, ha iniziato lo sciopero della fame senza limite. Purtroppo i media italiani non ne parlano assolutamente e noi siamo qui di fronte alla RAI proprio per rompere questo silenzio perché così la popolazione italiana non sa niente sugli sviluppi della situazione kurda e sul trattamento riservato al nostro leader Ocalan». Si è fatto lo sciopero della fame anche in Germania: sei giovani tedeschi del Comitato di Resistenza Berlino, gruppo nato lo scorso anno durante l’invasione turca del cantone curdo-siriano di Afrin. A sostenerli una lettera di 21 artisti e accademici tedeschi diretta alla cancelliera Merkel e firmata, tra gli altri, da Esther Bejarano, musicista sopravvissuta al campo di Auschwitz. Anche a Strasburgo 14 attivisti hanno fatto lo sciopero della fame.
Anche la storica militante femminista afroamericana Angela Y. Davis si era interessata alla lotta della deputata dell’HDP Leyla Guven. Il gesto di Leyla per porre fine all’isolamento del leader del popolo curdo Abdullah Ocalan rappresenta una resistenza al capitalismo globale, lo svelamento della naturalizzazione dei suoi valori maschilisti e razzisti, il luogo della costruzione e del rafforzamento di una solidarietà femminista anticapitalista transnazionale. Parole rivoluzionarie espresse da Leila Khaled dal Fronte di Liberazione Nazionale del Popolo Palestinese. Anche il regista Ken Loach invia solidarietà e sostegno ai curdi in sciopero della fame. Darman, il giovane kurdo presente al presidio, ci dice che per quanto riguarda il Kurdistan siriano l’esercito turco sta bombardando i villagi kurdi ed ha insediato un elevato numero di soldati ad Afrin. Inoltre la Russia sta aiutando l’esercito turco insediato ad Afrin anche con bombardamenti di aerei russi su città kurde. Il governo siriano, Assad, resta in silenzio, non ha possibilità di decidere niente accetta tutto ciò che decide la Russia, non ha potere decisionale, per cui fa ciò che decidono i russi. «Per noi è molto importante la fine dell’isolamento del nostro leader Ocalan perché è fondamentale avere la possibilità di avere colloqui regolari con lui per poter procedere nella nostra lotta di giustizia e libertà».
Al presidio c’era anche Sveva della Rete Kurdistan Italia, la quale, sulla situazione nel Rojava, ci conferma quanto ci diceva Darman e aggiunge: «Le minacce di attacco della Turchia contro il Rojava sono ancora molto concrete, continua il regime di occupazione ad Afrin, dove continuano sequestri, violenze ed una politica di modifica della struttura demografica espellendo la popolazione ed insediando, per esempio, jiadisti provenienti da Guta est. Inoltre la Turchia sta costruendo un muro perché ciò che il governo turco ha in mente è una annessione di fatto del cantone di Afrin. Vi è in atto una politica di assimilazione, di “turchizzazione” forzata. Sono stati fatti anche dei bombardamenti anche verso il cantone di Sehba dove si trovano centinaia di migliaia di profughi in condizioni terribili e senza aiuti da parte delle organizzazioni internazionali, tutto a carico della amministrazione autonoma locale del cantone di Sehba e della mezzaluna rossa curda.”(Sehba: territorio, confinante a sud con Aleppo, a nord con il confine turco, a est con l’Eufrate a occidente con il catone di Afrîn. La regione è l’ultima rimasta attraverso la quale la Turchia può fornire sostegno logistico diretto ai suoi alleati jihadisti e nazionalisti.) Purtroppo sino al 22 maggio tutto ciò che succedeva in Kurdistan, nelle carceri turche, nel resto del mondo in relazione al popolo kurdo non ha interessato la Rai, i suoi giornalisti ed i suoi funzionari. Tant’è che la protesta ha indotto i dirigenti di viale Mazzini (Rai e non Finmeccanica!!!) a “concedere” un incontro tra 3 delegati dei manifestanti e la “Redazione per le relazioni internazionali” i quali sentite le rimostranze hanno detto che avrebbero riferito alle redazioni dei telegiornali. Tutto qua. Per dir la verità abbiamo ricevuto la solidarietà di alcuni impiegati i quali però non hanno potuto incidere sulle scelte della pachidermica burocrazia Rai. Infatti guardando i notiziari regionali del Lazio del 22 maggio delle 14,00, né negli altri tg della giornata, non c’è traccia di quanto accaduto ne vi è alcun riferimento alla situazione kurda, di Ocalan e degli oltre 7000 in sciopero della fame. Tutto ciò non esiste o, meglio non è importante è sicuramente più importante per le sorti dell’umanità, un servizio su uno scultore che ha fatto le mani dei grandi artisti ed i piedi (spero puliti) dei calciatori, questo nel Tg regionale del Lazio delle 14,00. Mentre nel notiziario regionale delle 19,30 si è parlato, fra l’altro, della proprietà della squadra di calcio, la Roma, del “Circo Massimo experience” ben 2 minuti «basta indossare un visore per vedere la vita di 2000 anni fa», ma di ciò che succede oggi nella vita delle donne e degli uomini kurdi non si può dire niente. Perché questo vergognoso silenzio? Perché la Rai, i suoi dirigenti, i suoi giornalisti che sono pagati con i soldi dei cittadini italiani vogliono lasciare nell’ignoranza la popolazione italiana? Un dubbio ce lo fa venire l’intervento con il megafono di Sveva che mette in evidenza come a pochi passi dalla sede della Rai vi è la sede di Finmeccanica che, guarda caso, è una dei maggiori fornitori di armi alla Turchia.
La Relazione al Parlamento, sul commercio di armi italiane, prevista dalla legge 185/90, ci dice: 10,3 mld€ di autorizzazioni e 2,7 mld€ di trasferimenti definitivi nel corso del 2017. Ai vertici della classifica dei Paesi destinatari di autorizzazioni: il Qatar, seguito da Regno Unito, Germania, Spagna, USA e Turchia. Tra gli acquirenti delle armi prodotte in Italia compare il Qatar indicato da molti paesi arabi, come paese sostenitore del terrorismo internazionale. Si notano inoltre esportazioni verso Paesi come la Turchia, dove non si può nascondere il potenziamento del regime autoritario di Erdogan e l’azione militare intrapresa in Siria contro i curdi. Proseguono poi le esportazioni di armamenti verso l’Arabia Saudita, il Kuwait, gli Emirati Arabi Uniti: tutti paesi impegnati nella sanguinosa guerra in corso in Yemen. Già il dubbio è grosso è difficile non chiedersi se i vertici “indipendenti” della Rai perseguono l’obiettivo principe dei giornalisti di informare i cittadini oppure nello scegliere le notizie da rendere pubbliche tengono conto prima di tutto di quali sono gli interessi economici dei produttori di armi italiane e quindi evitano di far conoscere le violenze perpretate dal governo turco contro il popolo kurdo ed il suo leader Ocalan. E, purtroppo, ciò non è una novità. Ocalan arrivò a Roma da Mosca il 12 novembre 1998 accompagnato da un deputato di Rifondazione Comunista, Ramon Mantovani. Il capo del partito dei lavoratori turchi si consegnò subito alla polizia italiana confidando nella concessione dell’asilo politico, ipotesi accarezzata da D’Alema e poi abbandonata dopo le minacce di boicottaggio economico verso le aziende italiane. Guarda caso tutto ciò avveniva proprio 20 anni fa. Non dimentichiamo che in questo momento non solo Ocalan ma anche nove parlamentari eletti con il Partito Democratico dei Popoli (HDP) sono in prigione, accusati genericamente di terrorismo, come avviene di routine. Migliaia di giornalisti, accademici, attivisti e dissidenti sono stati incarcerati o costretti a fuggire dal paese. Purtroppo l’assordante silenzio dei media italiani continua, a parte un paio di passaggi di pochi secondi su RaiNews24 che accennavano allo sciopero dei prigionieri kurdi, ne sono un esempio alcune notizie recenti che arrivano direttamente dal fronte siro/turco che citiamo e che sono state ignorate dalla quasi totalità dei media italiani:
19 maggio 2019 Espulsione violenta da un villaggio a Efrîn L‘esercito turco scaccia la popolazione dal villaggio di Derwîş a Efrîn. Dal villaggio di Derwîş nel distretto di Raco a Efrîn gli abitanti vengono scacciati con la violenza dall‘esercito turco. Secondo le informazioni disponibili, l‘esercito vuole costruire una base militare nel villaggio. La forza di occupazione turca dallo scorso anno sta sistematicamente scacciando curde e curdi che nonostante l‘invasione militare sono rimasti nel cantone della Siria del nord. Le case sgomberate con la forza vengono lasciate a famiglie di jihadisti provenienti da Ghouta, Hama, Latakia e Idlib.
29 maggio 2019 L’aviazione turca ha bombardato diverse zone del sud che si trovano sotto il controllo della guerriglia. Come ha fatto sapere il centro stampa delle HPG, nel bombardamento della regione di Qendîl sono cadut* tre combattenti della guerriglia. Il centro stampa delle Forze di Difesa del Popolo (Hêzên Parastina Gel, HPG) in una dichiarazione attuale comunica un chiaro aumento degli attacchi aerei sulle zone di difesa di Medya nel Kurdistan del sud. Come si afferma nella presa di posizione, da domenica scorsa un gran numero di zone della guerriglia sono state bombardate. Sarebbero colpite Metîna, Xakurke, Qendîl e la regione di Zap.
30 maggio L’esercito di occupazione turco e i suoi partner islamisti hanno incendiato altri terreni agricoli degli abitanti nel distretto di Şerawa. Gli occupanti di Efrîn fanno di tutto per rendere impossibile la sopravvivenza nella regione e nella loro città di origine. Dopo assassinii, furti e sequestri, ora è diventata una prassi corrente degli occupanti incendiare di superfici agricole della gente di Efrîn. L’agricoltura è tra le più importanti fonti di reddito degli abitanti di Efrîn. Si vuole togliere alle persone questa fonte di sostentamento con la distruzione sistematica di superfici agricole. Ieri gli occupanti nel distretto di Şerawa hanno incendiato campi nei dintorni del villaggio di Basilê. Il fuoco si è diffuso nelle zone circostanti il villaggio. Quindi ci sono stati incendi anche nei dintorni dei villaggi Bene e Aqibe.
Ancora una volta il popolo kurdo ed Ocalan si trovano ad essere un ostacolo per gli interessi economici, militari e non solo, dell’Italia per cui le loro sofferenze il loro dolore le violenze enormi che subiscono non debbono essere rese pubbliche questa non è omertà? O è omertoso solo chi tace sulle schifezze della mafia?