Scurati, stavolta, non perderà per la terza volta la finale dello Strega. A meno di sorpresissime
Altri tempi. Quando a farla da padrona in casa Bellonci, oltre all’afa romana, era l’incertezza di chi, entrato in cinquina, avrebbe patito, oltre alla calura, l’emozione di vincere lo Strega. Altri tempi. Ora che casa Bellonci è in restauro, come il premio letterario più blasonato del Belpaese, l’incertezza è un ricordo. Resta l’afa tra le colonne del tempio d’Adriano dove la cinquina dell’edizione numero 73 s’è consegnata alla storia. O meglio, alla cronaca d’un premio in riforma perenne, dopo essere rimasto intoccato per decenni, ma incapace di rivitalizzarsi. Sarà ché la letteratura ha smesso da un pezzo di fare da sponda al presente – e pure gli autori, va da sé, mica sono quelli d’una volta – e allora aivoglia a iniezioni di Gerovital nel corpaccione morto del tempo che fu. Resta il rito, oltre al mito, e di quello parliamo.
Diciamolo subito: lo Strega targato 2019 non ha cinque finalisti ma un vincitore, pressoché scontato. Agli altri il compito di fare presenza, celebrare il rito. Far numero insomma, ché il premio mica può darsi così, alla trallallero. L’ordine di scuderia sortito dalla corazzata unica dell’editoria italiana, la Mondazzoli con l’Einaudi a doppio rimorchio, è quello dato e, salvo lievi modifiche, non cambierà l’arrivo nella serata del 4 luglio al ninfeo di Villa Giulia, dove il premio è tornato di casa per la finale.
Primo Antonio Scurati col suo M, che sta per Mussolini, rinominato il figlio del secolo. Bel volumone di millanta pagine edito da Bompiani, dove nulla c’è d’inventato, a detta dell’autore, e proprio per questo bello sodo e avventuroso, persino veritiero a dispetto delle critiche mossegli sul Corrierone da Galli Della Loggia. Primo d’una trilogia che si annuncia corposa, narra le vicende del giovanil duce, con la nascita dei fasci di combattimento fino al fascismo fatto regime, dunque un’epoca lontana come le guerre puniche ma per certi versi ben presente. Se sulla copertina avesse campeggiato il mascellone volitivo del duce sarebbe stato un libro & moschetto perfetto.
Scurati, primo in cinquina con un distacco incolmabile a meno d’inattesi tracolli, il premio se lo merita tutto. Per lo sforzo narrativo e ricostruttivo, per l’abilità con cui veleggia tra gli spazi aperti del romanzo storico, nel solco della migliore tradizione italiana, e le risacche dell’angusto presente che narra con egual bravura. E, soprattutto, per lo Strega mancato d’un soffio, nell’ormai lontano 2009, scippatogli da Scarpa all’ultimo voto, e l’altra finale persa per un pugno di voti dietro a Piccolo, nel 2014, che a parziale risarcimento l’ha proposto in cinquina. Se falla il detto: non c’è due senza tre, stavolta il bottiglione lo stappa sicuro.
Staccata di molto ma non per destrezza è Benedetta Cibrario con Il rumore del mondo, altro bel romanzo storico marcato Mondadori che ha l’ardire di rimestare la storia patria e il Risorgimento dal punto di vista d’una sposa spersa nella campagna piemontese. Una storia minore e tutta al femminile, per l’autrice fiorentina ma milanese d’adozione, forte d’un registro linguistico e d’una prosa di altissimo livello, oltreché dall’essere spalleggiata dall’editore di riferimento del premio, ma debole quanto a numeri e prospettive di vittoria, a meno di sorpresissime dell’ultima ora.
Buon terzo Marco Missiroli con Fedeltà, primo dei libri Einaudi in lizza, già vincitore dello Strega giovani e dato per papabile prima della sera della fatal cinquina con una storia di pseudotradimenti. Un’ambigua liason dangereuse tra un docente e una giovane studentessa, sullo sfondo d’una scuola milanese. Le altre partecipanti, nell’ordine Claudia Durastanti con La straniera (La nave di Teseo) e Nadia Terranova con Addio fantasmi (Einaudi), raccontano due storie famigliari che potrebbero dirsi messe lì a far cinquina, se non apparisse ingeneroso.
La novità qui non è tanto nel rapporto di forze invertito tra i generi, come d’uso da un paio d’anni in qua, forse in omaggio ai tempi più che alla bravura delle candidate, ma nel fatto che per la prima volta nella storia del premio uno stesso editore partecipa con due libri diversi alla finale. Roba da far ruzzolare fuor di tomba la buonanima della Bellonci e potrebbe ascriversi al rovesciamento d’ogni etica e logica, se non fosse al passo con lo stordimento dei tempi. Scostumatezze e scontatezze a parte, chi voglia godersi dal vivo i finalisti non può mancare il tour di ospitate, da Biella a Verbania, da Parigi a Lione, finanche al Monk di Roma con l’evento Strega off, a ingresso libero e la vincitrice dell’ultimo Strega Helena Janeczek tra gli ospiti del parterre. Appuntamento il 3 luglio, alla vigilia del gran botto, in diretta su Rai 3 l’indomani.
premiostrega.it; www.monkroma.it