L’associazione dedicata al diciottenne ucciso da quattro agenti a Ferrara interrompe le attività. Intanto il gip di Roma archivia l’ennesima querela di un sindacalista di polizia
L’associazione Federico Aldrovandi si ferma, «il motivo è personale»: si legge sulla pagina Facebook dedicata al 18enne ferrarese ucciso il 25 settembre 2005, da un violentissimo “controllo di polizia” (l’agenzia, sempre delicata coi poteri, dice morto mentre la lo bloccava a terra): quattro agenti sono stati condannati con sentenza definitiva per eccesso colposo in omicidio colposo. Il 17 luglio Federico Aldovrandi avrebbe compiuto 32 anni. «Per la famiglia il dolore non permette di partecipare ai momenti di riflessione e ricordo di Federico, perciò non organizzeremo il concerto quest’anno. L’ultima collaborazione è con ‘Il solito festival’ domenica prossima: il compleanno di Aldro», scrive l’associazione, creata dagli amici del ragazzo per chiedere giustizia sulla vicenda del 18enne e sensibilizzare l’informazione sugli abusi di potere delle forze dell’ordine. «Dai primi sit-in del Comitato Verità per Aldro fino ai concerti si è fatta tanta strada. Un percorso importante per tutti e di grande conforto e calore. Grazie ora e sempre a chi ha Federico nel cuore e non dimentica cosa gli hanno fatto. Tutti voi lo avete consegnato alla storia di questo paese – scrive ancora l’associazione -, dove resterà finché non toglieremo le divise a quelli che hanno causato la morte di persone che dovevano proteggere. La memoria di Federico è ora una memoria condivisa. Chi vorrà ricordarlo, nel rispetto dei valori di cui la famiglia Aldrovandi e l’associazione si sono sempre fatti interpreti – in concerti, in curva, in dibattiti e incontri pubblici – ha sin da ora il nostro ringraziamento».
La lotta per verità e giustizia è un’impresa faticosa e drammatica dentro la quale famiglie e amici delle vittime si ritrovano catapultate, scaraventate sulla scena pubblica dall’evento più tragico della loro vita.
Intanto, il Gip di Roma ha appena archiviato la querela a Paolo Ferrero, del leader di un sindacatino di polizia, il Coisp, che si è caratterizzato in questi anni, più che per l’attenzione alle condizioni di lavoro della categoria, per le rivendicazioni dell’impunità per i colleghi violenti e per l’aggressività nei confronti delle famiglie delle vittime di abusi di polizia. Una delle sue imprese più famose è stata quella di manifestare quasi sotto le finestre dell’ufficio della mamma di Aldrovandi, a Ferrara, in solidarietà con i quattro condannati per l’omicidio.
Nel luglio del 2014, Ferrero aveva espresso in modo inequivoco la solidarietà con Patrizia Moretti, madre di Federico Aldrovandi, affermando: “esprimere la propria solidarietà significa assumersi le proprie responsabilità, per cui faccio mie le parole di Patrizia Moretti: penso anch’io che il segretario del Coisp sia uno stalker e un torturatore morale, quereli anche me”.
Maccari aveva prontamente querelato Ferrero ma il PM ha proposto nel dicembre 2015 l’archiviazione del procedimento e – a fronte dell’opposizione del Maccari – il GIP ha confermato l’archiviazione. Paolo Ferrero – ex segretario di Rifondazione Comunista e attuale vicepresidente del Partito della Sinistra Europea – nell’apprendere la notizia ha dichiarato:
«Sono molto contento per quest’atto di giustizia della magistratura in particolare per la battaglia che Patrizia Moretti e Lino Aldrovandi stanno conducendo da anni sulla vicenda dell’assassinio del loro figlio. Ieri, il 17 luglio, Federico avrebbe compiuto 32 anni, ma questo non è accaduto perché chi avrebbe dovuto difendere la legge l’ha ucciso. E’ incredibile che in Italia solo la determinazione decennale dei familiari possa portare – e solo in alcuni casi – a fare piena luce su oscuri omicidi. La ricerca della verità è fatta anche di condivisione delle battaglie dei familiari che non devono essere lasciati soli di fronte a chi opera per intimidire loro e che li sostiene. Per questo è importante l’archiviazione: perché chi pensa di utilizzare la giustizia per intimidire chi si batte per la ricerca della verità deve essere sconfessato. Colgo l’occasione per esprimere ancora una volta il pieno appoggio del Partito della Sinistra Europea e di Rifondazione Comunista a Patrizia Moretti, a Lino Aldrovandi, ai familiari delle vittime innocenti di appartenenti alle forze dell’ordine e per ribadire la richiesta che le forze dell’ordine abbiano un identificativo, al fine di impedire a chi delinque pur vestendo la divisa, di farlo impunemente».
Nel frattempo Maccari ha cambiato sigla sindacale, ora è vicepresidente di FSP (l’impunità per gli abusi è un tratto che accomuna questa con altre sigle come il Sap che tributò una standing ovation ai quattro assassini di via Ippodromo) perché, come si legge nel sito del Coisp di Venezia, ha avuto problemi contabili con la nuova segreteria nazionale del Coisp che gli avrebbe chiesto «chiarimenti in un primo momento a voce, poi scritti e infine, non avendoli ricevuti, si è vista costretta a procedere alla sospensione di tutte le cariche rivestite da Maccari in seno al Coisp».