Stephen King rivela come il Coronavirus ha già cambiato uno dei suoi libri
Stephen King è dispiaciuto se, in questo tempo di pandemia e isolamento, ti senti come se fossi bloccato in un romanzo di Stephen King. Intervistato da Terry Gross per Fresh Air, una delle 900 stazioni radio aderenti a Npr, la National public radio degli Usa, lo scrittore dice di comprendere quando i fan continuano a dirgli: «Cavolo, è come se vivessimo in una storia di Stephen King” – dice – E la mia unica risposta è: “Mi dispiace”».
Una pandemia come COVID-19 era «destinata ad accadere – dice King – non c’è mai stato alcun dubbio che nella nostra società, dove il viaggio è un elemento fondamentale della vita quotidiana, prima o poi ci sarebbe stato un virus che avrebbe contaminato il pubblico in generale».
Anche se si è fatto un nome come scrittore dell’orrore, King spiega di essere molto interessato ad esplorare «l’intrusione dell’inaspettato e dello strano» nella vita della gente comune.
La sua nuova raccolta di racconti, If it Bleeds, è incentrata su Holly Gibney, un investigatore privato che sembra avere capacità soprannaturali. Il personaggio è presente in diversi altri suoi romanzi, tra cui The Outsider, che è stato adattato in una serie HBO.
«La gente può chiamarmi scrittore dell’orrore se vuole, e questo va bene, finché gli assegni non sono scoperti, mi sta bene. Ma penso di fare molto di più, e mi interessa il mistero di ciò che siamo e di ciò che siamo capaci di fare».
«Per me, un ragazzo che ora ha 70 anni, ricordo che mia madre parlava della Grande Depressione. Mi ha lasciato una cicatrice. Ha lasciato un trauma. E penso che … mia nipote – che non può vedere i suoi amici, può chiamarli con Skype solo una volta ogni tanto. È bloccata in casa… quando [sarà cresciuta e] i suoi figli diranno: “Oh mio Dio, mi annoio così tanto che non posso uscire! … [mia nipote] dirà: “Avresti dovuto essere in giro nel 2020, perché siamo rimasti bloccati in casa per mesi! Non potevamo uscire. Avevamo paura dei germi!”.
King, poi, rivela che aveva ambientato il libro su cui sta lavorando nell’anno 2020 ma poi ha dovuto rimetterci mano: «Due dei miei personaggi erano andati in crociera. … E ho pensato: “Beh, no, non credo che nessuno andrà in crociera quest’anno”. E così ho riguardato tutto e ho subito ambientato il libro nel 2019, dove le persone potevano riunirsi e stare insieme e la storia avrebbe funzionato per questo».
L’autore sospetta che quello che «molte persone stiano vivendo in questo momento è la febbre da cabina. … Non è panico. Non è il terrore che provo, che penso che la maggior parte della gente provi, è una sorta di ansia rosicchiante in cui si dice a sé stessi “non dovrei uscire”. Se esco, potrei prendere questa cosa o contagiare qualcun altro».
Infine si è soffermato sul ruolo della horror fiction in un periodo in cui il mondo è spaventoso.
«Beh, sono come i sogni, no? Sei in grado di entrare in un mondo che sai che non è reale. Ma se l’artista è bravo – il regista o il romanziere o forse anche il pittore – per un po’ di tempo, sei in grado di credere a quel mondo, perché la sua immagine e la sua rappresentazione sono così reali che puoi entrarci. Eppure c’è sempre una parte della tua mente che capisce che non è reale, che è finzione».