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Perché la polizia è allergica al fiore del partigiano

Botte e multe a Milano e Napoli contro le “passeggiate partigiane”. Abusi di polizia in Francia e Germania e cresce la rabbia contro il divieto di manifestare

Per la prima volta dal 1945 non ci sono state manifestazioni di massa per celebrare la lotta dei partigiani. Causa di forza maggiore, certo. Ma l’insofferenza e gli abusi della polizia contro chi, in assoluta sicurezza, ha provato a portare un fiore sulle lapidi dei partigiani nel quartiere in cui vive, è la spia di una insidia che già prima della pandemia rivelava una patologia pregressa nella gestione dell’ordine pubblico. Una testimonianza spedita da Via Padova (Milano) ad Acad, l’associazione contro gli abusi in divisa, documenta l’intervento della polizia contro cittadini che portavano fiori sulle lapidi partigiane di alcuni quartieri di Milano, nell’assoluto rispetto delle norme sul lockdown. Due “passeggiate partigiane”, in particolare, sono state oggetto delle pesanti attenzioni di un numero spropositato di operatori dell’ordine pubblico. Poco prima di mezzogiorno, nei dintorni di via Padova, dai video ripresi dai balconi, si vedono immagini di agenti che bloccano i manifestanti, tra cui ragazze e anziani. Uno di questi, in sella a una bici, è stato atterrato sull’asfalto. Un altro protagonista in divisa del video spintona con violenza una donna, facendola finire a terra. E si sente un manifestante chiedere: «Stiamo andando a portare un fiore a un partigiano, ma cosa state facendo?».

In piazza a Milano sono scese le brigate volontarie per l’emergenza, più di 400 volontari e volontarie, divisi in brigate una per ogni zona della città. Da due mesi fanno la spesa e comprano i farmaci a chi non può uscire per la quarantena. «Abbiamo raccolto e distribuito gratuitamente più di 10000 sacchetti solidali di cibo e generi di prima necessità alle famiglie in difficoltà. Abbiamo movimentato più di 12 tonnellate di merce. Continueremo a farlo perché il covid può anche passare ma la crisi economica resterà».
Ieri volevano omaggiare gli uomini e le donne che hanno combattuto e perso la vita per liberarci dal fascismo. Qui il video di Milanoinmovimento sulla cronaca di una giornata particolare.

Secondo quanto riferito dalla questura, i manifestanti avrebbero prima acconsentito a farsi identificare per poi tentare di scappare. Sempre a Milano, una ventina di antifascisti sono stati fermati mentre tentavano di raggiungere piazza XXIV Maggio. Durante il percorso hanno invitato la popolazione a unirsi alla manifestazione “ordinata e distanziata”. Per loro si sono mobilitate almeno sei camionette di polizia e carabinieri. Oltre a svariate pattuglie, volanti e agenti della Digos in borghese. 

E’ dall’inizio dell’emergenza che numerosi abusi vengono denunciati perfino con articoli su giornali non certo sospettati di ostilità verso i “nostri” ragazzi. Che in ampi settori nella polizia italiana, anzi nelle polizie e nelle forze armate, la Costituzione non sia nella top ten dei libri prediletti lo sapevamo bene da prima dell’epidemia. Il virus, come si suol dire, colpisce peggio dove ci sono patologie pregresse come l’allergia alla democrazia evidente dalla semplice lettura dei comunicati di parecchi di alcuni sindacati e sindacatini di polizia. Un filo nero li lega ai colleghi della penitenziaria, molti dei quali, in questo scorcio di lockdown, sono alle prese con abusi e ritorsioni contro i detenuti – come a Opera o a S.Maria Capua Vetere – e alcuni dei loro sindacati vorrebbero cancellare la figura dei garanti dei detenuti. E una cappa di omertà istituzionale avvolge la verità sulla strage dei 13 morti in carcere avvenuta all’inizio di questa emergenza.

Anche le reti sociali napoletane nell’emergenza Covid19, contestano le sanzioni nei confronti di alcuni attivisti multati e denunciati perché considerati in strada senza giustificato motivo. «In molti quartieri della città – spiegano gli attivisti – le reti del mutualismo solidale e varie realtà sociali (reti femministe, movimenti dei disoccupati) hanno aperto una serie di striscioni per ricordare il 75esimo anniversario della Liberazione in un momento drammatico per il diritto alla salute e per la crisi sociale ed economica. Da Fuorigrotta alle Case Nuove, da Montesanto a Materdei e Scampia. Tutte queste iniziative si sono svolte in forma autoregolata, con massimo dieci-dodici persone tutte con dispositivi di protezione personale, molte meno di quelle che erano stamani fuori uno dei qualunque negozi del centro cittadino. Eppure – sostengono – c’è stata un’assurda forzatura della Questura di Napoli che sia a Fuorigrotta, sia soprattutto in piazza Municipio, ha fermato, denunciato e multato una quindicina di persone perché in strada “senza giustificato motivo”. Uno spiegamento di forze dell’ordine pazzesco e surreale – si conclude la nota – che ci racconta in modo esemplare l’uso distopico dello Stato d’Emergenza. È questo un anticipo della “fase due”? Persone multate e fermate per aver aperto in totale sicurezza degli striscioni sui diritti dei più deboli il 25 aprile?». 

 

A Torino alcuni militanti del centro sociale Gabrio hanno sfilato nelle vie deserte del quartiere San Paolo per portare dei fiori sulla lapide del partigiano Dante Di Nanni: «abbiamo deciso – hanno spiegato – di portare comunque il nostro saluto al compagno partigiano Dante di Nanni perché per noi questo giorno non è una semplice ricorrenza e lo stare insieme è importante per riconoscerci nel solco di quelle lotte».

Va senz’altro segnalato il commento dell’assessore regionale lombardo alla “sicurezza” e all’immigrazione formulato proprio mentre il centrodestra in parlamento prepara lo scudo penale per i suoi colleghi coinvolti con i manager nella strage di morti per coronavirus in Lombardia: «Ora mi auguro che gli antagonisti che sono stati fermati – ha detto il post-fascista De Corato, da sempre ossessionato dai centri sociali – non la facciano franca e vengano denunciati e multati per la violazione delle norme previste contro la diffusione del Covid-19, così come accade a chiunque non rispetti i divieti di assembramento. E che quelli che si sono opposti agli agenti, con colluttazioni, vengano arrestati per resistenza a pubblico ufficiale, come prevede l’art. 337 del codice penale». 

Polizia violentissima in Francia

Il segnale ennesimo che arriva da Napoli e da Milano, al netto della peculiarità di certa polizia italiana, va unito alla tendenza autoritaria e violenta dei governi che viene segnalata anche in Francia e in Germania.

La sera di sabato 18 aprile, la polizia francese ha ferito gravemente un residente di Villeneuve-la-Garenne aprendo la portiera di un’auto non contrassegnata mentre guidava una moto. La giornalista Taha Bouhafs, presente sul posto da sabato sera, ha raccolto le prove di una volontà di colpire da parte della polizia. Questo episodio segue molti altri casi di violenza della polizia nella regione di Seine-Saint-Denis, ma anche più ampiamente nei quartieri popolari di tutta la Francia. Il confinamento come stabilito non solo aumenta le disuguaglianze ed è particolarmente insopportabile per i più poveri, ma è accompagnato da un arsenale di misure coercitive e da una maggiore repressione.

Già il sabato sera, molti abitanti di Villeneuve-la Garenne si sono ribellati contro la polizia, e la domenica sera sono scoppiate rivolte in diversi quartieri popolari dell’Ile-de-France (Saint-Denis, Fontenay-sous-Bois, Gennevilliers…) mentre la giornalista Taha Bouhafs è stata violentemente arrestata dalla polizia. I movimenti sociali e le organizzazioni della sinistra che li sostengono chiedono la fine delle multe, il disarmo della polizia e lo scioglimento delle brigade anti-criminalité,
la fine dei controlli facciali, di sgomberi, sfratti e si reclamano mezzi di protezione per tutti.  

Cento arresti a Berlino

E anche a Berlino, il 25 aprile, oltre 100 persone sono state arrestate perché protestavano contro il lockdown imposto per contenere la diffusione del coronavirus. I manifestanti, tra i quali c’erano anche membri di AfD e di gruppi complottisti, urlavano «Voglio indietro la mia vita» e sorreggevano cartelli con su scritto «difendi i diritti costituzionali» e «la libertà non è tutto ma senza libertà tutto è nulla». Contro le restrizioni temporanee si è formato in Germania un fronte trasversale dall’estrema sinistra all’estrema destra. Le reti antagoniste si stanno organizzando per manifestare il primo maggio alla luce delle norme più soft anche per contrastare l’eventuale visibilità di gruppi nazi negli stessi giorni della festa dei lavoratori. La Corte Costituzionale ha stabilito a inizio mese che anche durante il lockdown le manifestazioni sono autorizzate a patto che i partecipanti mantengano la distanza di sicurezza. Alcuni di coloro che hanno protestato hanno cercato di farlo, sedendosi a terra e indossando le mascherine, ma altri si sono invece ammassati. Il portavoce della polizia Thilo Cablitz ha spiegato che «in base al regolamento del lockdown gli agenti sono obbligati a impedire questo tipo di assembramenti».

Il precedente: i divieti di Kossiga nel 77

Anche nel 1977 il movimento sfidò il divieto di manifestare a Roma per il 25 aprile imposto dal ministro degli interni Cossiga che, il 12 maggio ordinò la mattanza durante la quale venne uccisa dalla polizia Giorgiana Masi. I giovani si ritrovano a gruppi in diversi posti di Roma, tra cui le Fosse Ardeatine, depongono corone di fiori e si dileguano prima che arrivi l’ordine di sgombero.

Ecco la lettera da Milano:

Siamo un gruppo di antifascist* del quartiere e vorremmo spendere due parole su quanto accaduto. Mentre alcun* di noi portavano dei fiori alle lapidi dei partigiani del quartiere, rispettando le norme sanitarie (mascherine e distanza), in via Dogali, siamo stati accerchiati e caricati senza alcun motivo.
Tra di noi c’erano un padre con una bambina piccola e una persona anziana. Dopo che la Polizia ha detto che ci si poteva allontanare, siamo andati verso la lapide di Via Celentano per concludere il giro. Una volta deposti i fiori, stavamo andando via. A quel punto, siamo stati nuovamente aggrediti, ancora senza motivo, da parte delle forze dell’ordine che hanno preso uno dei nostri compagni, di cui non abbiamo ancora notizie.
Altri compagni e persone del quartiere sono accorsi a portare solidarietà. In risposta, è stata chiamata la celere. Dopo un’ora di accerchiamento e tensione, siamo riusciti ad andarcene. Situazioni simili sono accadute anche in altre zone della città.
I fatti di oggi dimostrano come qualsiasi forma di dissenso venga repressa con la scusa dell’emergenza sanitaria, persino rivendicare la lotta partigiana contro il nazifascismo. La reazione spropositata da parte delle forze dell’ordine in questo periodo è un’evidenza della loro volontà di stringere sempre più il controllo e limitare le libertà, accusando persone singole per non assumersi le loro responsabilità riguardo questo disastro sanitario.
In un momento in cui il Governo programma quando riaprire le aziende, quando rimandarci a lavorare, noi dobbiamo rivendicare la nostra libertà di autodeterminarci e di vivere le città e gli spazi, incluso il commemorare chi è mort* per questa libertà.

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